OSS e Intelligenza Artificiale: il futuro della cura tra algoritmo ed empatia
Nel cuore dell’assistenza sanitaria quotidiana, l’Operatore Socio-Sanitario (OSS) si ritrova oggi ad affrontare una sfida cruciale: integrare le nuove tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale (IA) senza perdere il nucleo umano della propria missione. A sottolinearlo è l’analisi approfondita della professionista Maria Rita D’Oppido, che coniuga esperienza sul campo e lettura critica della letteratura scientifica per ridefinire il ruolo dell’OSS nell’era digitale.
Un cambiamento di paradigma
La digitalizzazione del sistema sanitario è in atto da tempo, ma la recente accelerazione – spinta anche dall’emergenza pandemica – ha reso evidente la necessità di figure professionali in grado di coniugare competenze tecnologiche e sensibilità relazionale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la “cura centrata sulla persona” resta un pilastro imprescindibile: empatia, ascolto attivo e continuità relazionale non possono essere sostituiti da macchine o software.
La Legge 3/2018 in Italia ha recepito questa visione, ampliando il profilo professionale degli OSS e sottolineando l’importanza della formazione continua, anche in ambito digitale.
Il limite dell’algoritmo
L’intelligenza artificiale può certamente migliorare l’efficienza: sistemi predittivi, analisi automatizzata dei dati clinici, monitoraggio remoto dei pazienti e teleassistenza rappresentano strumenti validi per alleggerire il carico operativo degli operatori. Ma nessun algoritmo, per quanto sofisticato, è oggi in grado di leggere un’espressione silenziosa, cogliere un tremolio nella voce o rispondere con umanità a una richiesta implicita.
Lo sottolinea la stessa D’Oppido attraverso un racconto personale: il contatto con la nonna malata è stato il momento rivelatore di quanto una carezza o uno sguardo possano agire da “terapia emotiva”. È questa dimensione, profondamente umana, che rischia di essere marginalizzata se la digitalizzazione non viene accompagnata da una riflessione etica e professionale.
Efficienza sì, ma non a scapito della relazione
Numerosi studi (Smith & Patel, 2021; Jones & Patel, 2020) mostrano che la tecnologia può – se usata con intelligenza – liberare tempo da attività ripetitive e burocratiche, restituendolo alla relazione con il paziente. Ma perché questo accada è necessaria una trasformazione culturale: la tecnologia deve essere un supporto, non una sostituzione. Serve formazione, serve tempo per l’adattamento, serve una governance sanitaria che valorizzi il lavoro umano.
Nel contesto italiano, dove l’OSS spesso rappresenta il primo contatto tra utente e sistema, specie nelle RSA e nell’assistenza domiciliare, il rischio di una deumanizzazione del lavoro di cura è tutt’altro che astratto.
Raccomandazioni per un futuro integrato
Per affrontare con lucidità questa transizione, D’Oppido propone tre linee guida:
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Formare gli OSS non solo sul piano tecnico, ma anche nella gestione etica della tecnologia;
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Investire nella ricerca su come IA ed empatia possano coesistere in modo produttivo;
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Mantenere la centralità della persona come criterio guida in ogni innovazione.
La rivoluzione digitale in sanità è inevitabile e in parte già in atto. Ma se l’intelligenza artificiale potrà mai sostituire il lavoro tecnico, non potrà mai sostituire l’umanità. E l’umanità resta, oggi più che mai, la parte insostituibile del lavoro dell’Operatore Socio-Sanitario.