Sanità sarda, la legge è un pasticcio: il governo la impugna
E’ del capo dell’ufficio legislativo del ministero della Salute, Andrea Giordano, la richiesta al governo di impugnare davanti alla Consulta la legge sul servizio sanitario sardo, approvata dal Consiglio regionale lo scorso 7 marzo.
Le motivazioni sono molto articolate, prendono di mira diversi articoli ed in particolare, citando il decreto legislativo 502 del 30 dicembre 1992 in materia di tutela della salute e la sentenza della Corte Costituzionale numero 189 del 2022 che stabilisce le condizioni che disciplinano l’istituto del commissariamento, ne bocciano il ricorso previsto dalla legge sarda poiché non risponde “né a un’esigenza straordinaria o a una generica comprovata e giustificata impossibilità di copertura della vacanza mediante l’ordinario procedimento, per esempio, nel caso di dimissioni dell’intera dirigenza sanitaria o del direttore generale, né, tanto meno, ad alcuna delle altre fattispecie” come in caso di “esigenze di carattere straordinario” o in ragione di “interventi di accorpamento delle aziende sanitarie” o ancora per “gravi motivi e situazioni di grave disavanzo o in caso di violazione delle leggi” e nessuna di queste fattispecie sembra essere indicata nelle ragioni addotte dalla regione per i commissariamenti.
Insomma non ci sono le condizioni necessarie per poter commissariare le 8 Asl, l’azienda ospedaliera Arnas-Brotzu, l’Areus e le due aziende ospedaliero universitarie.
Un passaggio del provvedimento fa però rabbrividire: “la prevista possibilità di una decadenza automatica dei vertici aziendali sembrerebbe configurare un’ipotesi di spoil system più volte censurato dalla Corte Costituzionale perché ritenuto in contrasto con le garanzie desumibili dal principio costituzionale di continuità dell’azione amministrativa”.
A noi il passaggio pareva chiaro e ne avevamo abbondantemente parlato ricordando che le esigenze di lavoratori, cittadini e pazienti erano altre e che il provvedimento licenziato non pareva avere alcun effetto diretto sul cambio di passo auspicato e promesso in campagna elettorale al grido di “fuori la politica dalla sanità”; una legge senza consenso criticata da tutti.
Duole inoltre constatare come il governo regionale, per realizzare questo capolavoro, abbia trascinato la Sardegna fino al quarto mese di esercizio finanziario provvisorio bloccando di fatto la spesa e subordinandola proprio all’approvazione della legge sulla “rifunzionalizzazione” (così l’hanno chiamata) del servizio sanitario. Tempo perso inutilmente insomma in un quadro di precarietà dei servizi ormai drammatico che regge per il solo sacrificio dei suoi professionisti sanitari, compresi quelli in pensione.
La presidenza ha ovviamente reagito definendo “volontariamente distorta la ratio della norma, con affermazioni che sembrano più politiche che giuridiche” accusando il ministero di aver dapprima “ribadito che il commissariamento è legittimo in quanto finalizzato alla riorganizzazione del sistema”, a seguire con un rimpallo di responsabilità su un chiarimenti che secondo Roma doveva arrivare entro una certa data che Cagliari riferisce mai indicata, mentre il Ministero già protestava “contraddicendo quanto detto nella prima” risposta secondo la regione nella quale infatti, non viene citata nessuna delle osservazioni fatte nella prima nota e, inoltre, "viene completamente ribaltata la tesi sul commissariamento”.
Insomma un balletto di accuse e contro accuse che non fanno bene alle esigenze dei sardi che dopo un anno di lavoro si aspettavano che le amministrazioni fossero messe a lavorare duro e sodo “per far funzionare quel che c’è” come aveva promesso in campagna elettorale la Presidente Todde, invece, tocca ancora aspettare facendo gli scongiuri.