Sanità tra invecchiamento e innovazione: il futuro passa dagli infermieri. Il contributo di NurSind
In un’Italia che invecchia e in un sistema sanitario che fatica a tenere il passo, è la professione infermieristica a trovarsi al centro della tempesta perfetta. Un recente studio dell’INAPP – Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche – curato da Luisa D’Agostino e Alessia Romito, con il contributo fondamentale del sindacato delle professioni infermieristiche NurSind, fotografa la realtà e le sfide che attendono il comparto.
Un sistema in bilico: personale carente, età avanzata, pochi investimenti
I dati parlano chiaro. Oltre il 47% degli infermieri ha più di 50 anni, l’8% ha superato i 60. Entro il 2027, circa il 7% del personale infermieristico andrà in pensione. Ma a fronte di questa emorragia annunciata, il ricambio è lento e insufficiente. Gli assunti nel 2021 sono stati 20.682, contro quasi 18.000 cessazioni. In alcune regioni si lavora con un rapporto infermieri/pazienti tra i più bassi d’Europa.
Eppure, mentre aumentano le richieste di cura e la popolazione invecchia, si continua a operare con organici sotto stress e strutture non sempre adeguate. La pandemia da Covid-19 ha solo accelerato un processo già in crisi: carichi di lavoro eccessivi, burnout diffuso, difficoltà nella conciliazione vita-lavoro, in particolare per le infermiere, che rappresentano oltre il 77% del personale del comparto.
Infermieri e tecnologia: tra entusiasmo e ostacoli
Lo studio affronta anche il nodo dell’innovazione digitale. Telemedicina, intelligenza artificiale, fascicolo sanitario elettronico: strumenti con potenzialità enormi, ma che oggi faticano a radicarsi nei reparti. Il problema? Formazione inadeguata, mancanza di infrastrutture e resistenze culturali, spesso legate all’età avanzata del personale.
NurSind, tra i partner attivi dell’indagine, ha sottolineato l’importanza di una transizione digitale che sia inclusiva, partecipata e non imposta dall’alto. Gli infermieri chiedono formazione continua, supporto pratico, strumenti che migliorino la qualità del lavoro e non la complichino. Il sindacato ha anche rimarcato la necessità di riconoscere le competenze digitali come parte integrante del ruolo infermieristico, non un’appendice facoltativa.
Donne e professione: il peso del genere
Il report dedica un’intera sezione alla questione di genere. La sanità è femmina, ma non sempre equa. Le donne sono la maggioranza tra gli infermieri, ma le loro carriere si arrestano prima. Solo il 26% guida un Ordine professionale, il 51% ricopre ruoli accademici, il 59% è in posizioni dirigenziali. Il part-time è spesso una scelta obbligata per conciliare figli, anziani da accudire, turni impossibili.
Lo stress lavoro-correlato colpisce più le donne che gli uomini. La pandemia ha esasperato questo divario: tra le infermiere, il rischio burnout è esploso, alimentato da carenze organizzative, carichi di cura doppi e stipendi non all’altezza del sacrificio.
Il messaggio di fondo: senza infermieri non c’è transizione
Dalla ricerca emerge un dato che dovrebbe diventare priorità politica: senza una valorizzazione concreta della professione infermieristica, la transizione demografica e digitale del sistema sanitario italiano rischia di fallire. Le tecnologie da sole non bastano. Servono persone competenti, motivate, tutelate. E questo significa investire in formazione, condizioni di lavoro dignitose, stipendi adeguati, e soprattutto in riconoscimento professionale.
NurSind lo dice da anni: gli infermieri non sono manodopera silenziosa, ma professionisti essenziali. Lo studio dell’INAPP lo conferma con evidenza scientifica. Ora tocca alla politica ascoltare.