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Gaza: 94 per cento degli ospedali distrutti, oltre 1.400 operatori sanitari uccisi

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 28/08/2025

AttualitàCronache sanitarie

 

Mentre il mondo guarda, la sanità di Gaza muore. E con essa, chi la teneva in vita.

Striscia di Gaza, agosto 2025. A quasi due anni dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas, Gaza è oggi una terra devastata, fisicamente e umanamente. Le bombe hanno sbriciolato le città. L’assedio ha sigillato ogni via di fuga e di soccorso. Le persone stanno morendo non solo per le esplosioni, ma anche per fame, malattie e mancanza di cure. A pagare il prezzo più alto, oltre ai civili, sono proprio loro: i professionisti sanitari. Gli infermieri, i medici, i soccorritori. Uccisi mentre curavano. Massacrati dentro ambulanze, cliniche, ospedali.

Una popolazione intrappolata: bombardamenti, carestia e collasso sanitario

Dall’ottobre 2023, quando Hamas ha lanciato un attacco contro Israele e Tel Aviv ha risposto con una campagna militare su larga scala, la popolazione di Gaza è rimasta intrappolata in una crisi umanitaria senza precedenti. Secondo dati ONU e Croce Rossa:

  • Oltre 38.000 civili palestinesi sono stati uccisi, in gran parte donne e bambini.

  • Più di 1,7 milioni di persone sono sfollate, spesso più volte, senza un posto sicuro.

  • Il 100% della popolazione vive in insicurezza alimentare acuta.

  • Oltre 10.000 bambini sono morti per malnutrizione, disidratazione o per mancanza di accesso alle cure di base.

Le infrastrutture civili — acquedotti, panifici, centrali elettriche — sono state colpite e in gran parte distrutte. L’accesso agli aiuti è limitato da continui blocchi e bombardamenti. Si muore anche di dissenteria, di ferite mai medicate, di infezioni banali che non trovano più antibiotici.

Il sistema sanitario: bombardato, isolato, annientato

Il quadro sanitario è drammatico. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 94% degli ospedali è oggi fuori servizio. Su 35 strutture, solo una manciata riesce a operare, e solo parzialmente. Le cause sono note:

  • Bombardamenti diretti su ospedali, ambulanze e centri di primo soccorso.

  • Assedi prolungati che impediscono l’accesso a carburante, acqua e medicinali.

  • Evacuazioni forzate di pazienti e staff sotto la minaccia delle armi.

Tra gli ospedali colpiti ci sono strutture chiave come Al-Shifa, ormai in rovina; Kamal Adwan, evacuato più volte e teatro di stragi tra medici e pazienti; Nasser Hospital, ridotto a scheletro dopo settimane di attacchi e isolamento.

Oltre 1.400 sanitari uccisi: un’intera generazione cancellata

Il bilancio tra gli operatori sanitari è pesante. Le fonti, comprese WHO e The Lancet, convergono su un numero: oltre 1.400 sanitari uccisi, tra medici, infermieri, paramedici e volontari.

Molti sono morti sul campo, durante soccorsi o turni infiniti in strutture colpite. Altri sono stati arrestati o feriti durante i raid. Ambulanze colpite da droni, ospedali distrutti con pazienti e staff ancora dentro, infermieri e medici costretti a operare senza anestesia, al buio, con bisturi sterilizzati con acqua sporca.

Non c’è sanità senza sicurezza: l’appello della comunità infermieristica

In questo scenario, il personale sanitario non è solo vittima: è anche l’ultimo argine alla disumanizzazione. Le immagini e le testimonianze che filtrano raccontano di infermieri che restano al loro posto, anche senza garanzie, anche senza strumenti, anche senza riposo.

L’OMS, la Croce Rossa e decine di ONG internazionali hanno lanciato appelli ripetuti: proteggere il personale sanitario, garantire corridoi umanitari, fermare gli attacchi contro strutture mediche.

 

La guerra a Gaza è un fallimento globale, umanitario e sanitario. La distruzione sistematica degli ospedali e l’uccisione del personale sanitario non sono solo danni collaterali. Sono violazioni del diritto internazionale umanitario. Sono un attacco diretto al principio di cura, al cuore della professione infermieristica.

È necessario continuare a denunciare, raccontare, documentare. Per rispetto verso chi è morto. Per proteggere chi ancora resiste. Perché nessun infermiere, nessun medico, nessun paziente dovrebbe morire dentro un ospedale.

 

ph credit: Medici senza frontiere