Ferie pagate davvero: la Cassazione obbliga le aziende a riconoscere indennità e compensi accessori
11/09/2025
Importante sentenza della Corte di Cassazione rafforza il principio europeo: la retribuzione durante le ferie deve essere “reale” e non penalizzante. Sconfitta l’azienda che aveva escluso indennità e compensi accessori.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da una azienda, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce, che aveva già riconosciuto ai dipendenti il diritto all’inclusione, nella retribuzione delle ferie, di diverse indennità previste dalla contrattazione collettiva.
Il principio: le ferie devono essere “pagate come il lavoro”
La Cassazione ha ritenuto “manifestamente infondati” i motivi del ricorso dell’azienda, ribadendo l’orientamento consolidato a livello europeo e nazionale: la retribuzione durante il periodo di ferie annuali deve essere equivalente alla normale retribuzione percepita durante il lavoro.
In caso contrario, si violerebbe l’articolo 7 della Direttiva 2003/88/CE, che garantisce al lavoratore un riposo effettivo e non disincentivato da penalizzazioni economiche. Non solo: la Corte sottolinea che qualunque elemento retributivo connesso alla funzione svolta dal lavoratore e alle sue mansioni deve essere incluso nelle ferie retribuite.
L’azienda ricorre, ma la Cassazione chiude la partita
Il datore di lavoro ha tentato la via del ricorso in Cassazione con quattro motivi, contestando tra l’altro:
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la non spettanza delle indennità in questione per le ferie superiori alle 4 settimane minime previste dalla Direttiva UE;
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presunti errori nella valutazione delle giornate di ferie “arretrate” fruite dai dipendenti;
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una presunta errata quantificazione delle differenze retributive;
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l’inclusione nella retribuzione ferie di indennità ritenute “non fisse”.
Ma la Suprema Corte ha ritenuto infondati tutti i motivi, ribadendo che la giurisprudenza di legittimità è ormai solida su questo punto, come dimostrano numerose sentenze precedenti (Cass. 11758, 11760, 13321 del 2024 e altre del 2025).
In particolare, la Corte ha richiamato le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE, che dal 2006 (caso Robinson-Steele) in avanti hanno ribadito che le ferie annuali retribuite devono corrispondere a una retribuzione normale e comparabile a quella lavorativa, e non inferiore.
La Cassazione: il diritto al riposo va protetto, non scoraggiato
L’azienda, nel suo ricorso, aveva persino chiesto una quantificazione “disincentivante” del diritto, per scoraggiare presunte strumentalizzazioni. Ma i giudici sono stati netti: ogni misura che abbia come effetto quello di disincentivare la fruizione delle ferie è incompatibile con il diritto europeo. Il riposo annuale è una misura di salute e sicurezza, e non può diventare un lusso da pagare.
Un precedente rilevante anche per il comparto sanitario
Questa sentenza è destinata ad avere ricadute importanti anche per il mondo sanitario e sociosanitario, dove l’uso di indennità accessorie è diffuso, in particolare tra infermieri e operatori in mobilità. Il principio è chiaro: se un compenso è legato stabilmente all’attività lavorativa, va incluso nella retribuzione delle ferie.
Un messaggio netto anche per le aziende pubbliche e private che ancora oggi calcolano le ferie in modo parziale, escludendo voci contrattuali fondamentali. La legge, la giurisprudenza e l’Europa dicono altro.