OSS al posto degli Infermieri: Enrico Rossi incendia la discussione con la sua proposta-choc
di Chiara D'Angelo
Ha infiammato il dibattito la lettera a Quotidiano Sanità di Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana (Clicca), in cui, replicando a Gerardo Anastasio (Segretario ANAAO per l’Azienda-Ospedaliero Universitaria Pisana) (Clicca) in un passaggio si legge: “Almeno in parte sarà possibile sostituire il gran numero di infermieri, che potranno andare in pensione, con un certo numero di giovani Operatori Socio Sanitari preparati, pieni di voglia di fare, e non ancora colpiti da quel fenomeno serio, come il burn out, che in sanità fiacca molte energie che tanto hanno dato, e stanno dando, al Servizio Sanitario. Analogamente, dietro ai primari pensionabili ci sono medici preparati e competenti in età già avanzata ai quali è giusto dare spazio e responsabilità affinché possano dare il meglio di sé nell'ultimo periodo della loro vita lavorativa”.
Inutile spiegare il motivo della querelle che è nata da questa pubblicazione: la sostituzione, immaginata e paventata da Rossi, degli Infermieri con gli O.S.S.
Sull’argomento sono intervenuti in molti: da Marcello Bozzi di Pescara (Clicca), ai Collegi provinciali IPASVI toscani (Grosseto, Firenze, Lucca, Pisa, Pistoia, Prato e Siena) - (Clicca link 1) – (Clicca link 2) – (Clicca link 3), al NURSIND, per voce del segretario nazionale Andrea Bottega (Clicca), finanche il Prof. Cavicchi (Clicca), attraverso altrettanti articoli su Quotidiano Sanità.
L’elemento comune, ovviamente, riguarda l’assoluto rifiuto di accettare l’assimilazione che il governatore toscano cerca di far passare fra la figura professionale dell’infermiere e il profilo di una figura di supporto quale l’O.S.S.. Viene dettagliato in ogni suo aspetto il divario (formativo, professionale, di scopo, giuridico, ecc.) che esiste tra queste due componenti del sistema sanitario, ciascuna con la propria dignità ed il proprio ruolo, ma ben distinte e ciascuna che merita il rispetto delle proprie prerogative e delle proprie peculiarità.
Non è tollerabile una sommaria (se si tratta di evento casuale, ma in molti nutrono dubbi che si tratti di questo) sovrapposizione delle due figure, giustificandola semplicemente con una necessità di razionalizzazione economica, quando da molte ed autorevoli fonti veniamo informati che in Italia il rapporto infermieri/pazienti è fra i più bassi d’Europa (altro che esuberi!) e che il fattore formativo ha incidenza diretta sulla qualità del servizio erogato e sui suoi esiti; si legga a questo proposito lo studio RN4CAST pubblicato a febbraio 2014 sull’autorevole rivista The Lancet (Clicca) ed a cui l’Italia, grazie al NURSIND e all’Università di Genova, finalmente aderirà dal 2015, come presentato l’altro ieri a Genova (Clicca).
La sensazione di tutti gli intervenuti è di sbigottimento dinnanzi a questa affermazione, che sembra conclamare una vaghezza colposa della politica, in generale, sul tema. Che pare ancora più evidente quando “analogamente” (quando invece non c’è alcun analogia fra le due tesi) viene proposto un parallelo fra questa idea e dei “primari pensionabili” dietro cui “ci sono medici preparati e competenti in età già avanzata ai quali è giusto dare spazio e responsabilità affinché possano dare il meglio di sé nell'ultimo periodo della loro vita lavorativa”.
Nelle parole di Bottega (NURSIND), inoltre, anche una critica alla contrapposizione fra personale in servizio e “giovani” “preparati e motivati”: una contrapposizione che, oltre ad essere assolutamente sbagliata nei contenuti, può potenzialmente innescare e alimentare uno scontro generazionale che sicuramente non è funzionale alla razionalizzazione e all’efficientamento del sistema sanitario.
A fare da cornice alla discussione, infine, la pubblicazione dei primi risultati della Commissione Igiene e Sanità del Senato (Clicca) che per voce dei sen. D’Ambrosio Lettieri e Dirindin rimette in discussione il tema della sostenibilità, e riporta sorprendentemente e vigorosamente al centro il ruolo della politica, responsabile dell’assunzione delle decisioni su questo tema di fondamentale importanza. In sostanza, concludono i senatori dopo una serie di osservazioni circa le criticità del sistema (tra le quali spicca la scarsissima attenzione posta al personale, sacrificato dal contenimento economico e mortificato nel riconoscimento professionale), la sostenibilità è un problema più astratto che reale, non essendoci, oggi, i termini per definire il sistema sanitario “non sostenibile” e, di più, riprendendo le parole della Commissione Romanow canadese: “Non vi è alcuno standard su quanto un paese dovrebbe spendere per la salute. La scelta riflette la storia, i valori e le priorità di ciascuno. Il sistema è tanto sostenibile quanto noi vogliamo che lo sia”. Come dire: siamo noi che abbiamo il dovere e la facoltà di fissare i parametri, ma questo significa avere chiari, prima di tutto, degli obiettivi (sul livello delle prestazioni prima che sui misuratori economici).
Nella confusione generale e generata una cosa pare emergere nettamente: la politica, per prima, deve chiarirsi per bene le idee prima di impugnare l’ascia e sferrare fendenti alla cieca.