Covid-19. Quarantena di 7 giorni? Uno studio spiega perché è possibile
“Chi fa uno starnuto infetta molte più persone intorno a lui rispetto a chi respira col naso aperto e non ha nemmeno il raffreddore, ed ecco perché io premo da un paio di giorni sul ruolo della quarantena. Oggi si mettono in quarantena i contatti stretti di un positivo e una quarantena dura 14 giorni. C'è questo dialogo sulla possibilità di ridurla perché qualche lavoro scientifico, devo dire molto pochi, dice che forse serve di meno. Il forse a mio avviso non è sufficiente: servono dei lavori scientifici che ci dicano se possiamo ridurla. Io penso però che un buon compromesso possa essere 7 giorni" di quarantena, "l'ultimo giorno si fa il tampone e poi sei libero. Oppure 5 giorni, ma io andrei più verso i 7", è quanto dichiarato da Pierpaolo Sileri, vice Ministro alla Sanità, intervenuto a Radio Cusano Campus, per dibattere su un tema caldo di questi giorni: la durata della quarantena per i contatti dei positivi al Covid-19, ridotta a 7 giorni in Paesi come la Francia.
Da un recente studio, pubblicato su The Lancet: Individual quarantine versus active monitoring of contacts for the mitigation of COVID-19: a modelling study, emerge come il tempo medio dell’insorgenza dell’infezione da coronavirus rispetto ai sintomi, vari da uno a cinque giorni, giustificando così la riduzione del numero dei giorni della quarantena.
La pandemia da Covid-19 si presenta come un difficile compromesso in termini di equità, economia, salute pubblica e libertà civili. La quarantena, strategia fondamentale nel controllo di malattie infettive emergenti come il coronavirus, ha un impatto economico e sociale significativo, ed è per questo che sono da ricercare le evidenze scientifiche sull’attuazione di misure di mitigazione più ampie.
Sul The Lancet Infectoius diseases, Corey M Peak et al. intervengono al fine di provare scientificamente quale sia il giusto compromesso tra interesse collettivo e libertà individuale; se optare per una quarantena in isolamento e per quanti giorni o se preferire il monitoraggio attivo.
La quarantena incide maggiormente sulla libertà civili ma è meno rischiosa dal punto di vista della salute pubblica; consapevoli di questo dilemma Peak et al. hanno condotto una ricerca sulla diffusione precoce delle infezioni da sindrome respiratoria acuta da coronavirus, per stabilire quale sia la soluzione migliore tra quarantena e monitoraggio attivo, in modo da bilanciare interessi di salute pubblica e libertà personale.
Gli autori giungono alla conclusione che non vi sia differenza sull’efficacia delle due strategie, e che entrambe sono utili a contenere l’epidemia ma che allo stesso modo potrebbero non essere efficaci nel contenimento.
Ma la scoperta interessante della ricerca riguarda i tempi medi di insorgenza dell’infezione, ad un giorno dai sintomi per l’intervallo breve ed a 5 giorni dai sintomi per l’intervallo lungo, dimostrando che l’isolamento del 75% dei contatti dei positivi per un intervallo che va dai 4 agli 8 giorni, contiene l’epidemia nell’84% delle volte, a conferma quindi dell’efficacia di una quarantena ridotta nel numero dei giorni.