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Le vostre tesi: La corretta gestione degli accessi vascolari del paziente sottoposto a emodialisi

Isabella La Pumadi
Isabella La Puma
Pubblicato il: 26/06/2023

Studenti infermieri

Infermieristicamente aiuta gli studenti con le loro tesi. Pubblichiamo e divulghiamo i vostri questionari in modo da farvi avere più risposte possibili, quindi più dati da utilizzare!

Oggi divulghiamo il questionario del laureando Giulio Scipioni, studente del terzo anno di infermieristica dell’Università degli studi di Firenze (Pistoia).

Lo scopo della sua ricerca è quello di valutare le conoscenze sulla corretta gestione degli accessi vascolari (Fistola Artero-Venosa e Catetere venoso centrale permanente) del paziente sottoposto a terapia di sostituzione renale (emodialisi).

La malattia renale cronica descrive la progressiva perdita della funzionalità renale. È definita, indipendentemente dalla sua causa, dalla presenza, per più di tre mesi, di marker di danno renale o da una diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) stimata al di sotto di 60ml/min/1,73m2.

Dall’invenzione del processo di dialisi nel 1924 da parte del tedesco Georg Haas, la questione dell’accesso vascolare è diventata la problematica principale dei nefrologi. Per purificare una massa di sangue in un tempo ragionevole, la puntura delle vene e delle arterie periferiche, con i loro piccoli calibri e flussi, non era sufficiente.

I pazienti, i nefrologi e i chirurghi degli accessi vascolari si trovano spesso di fronte a delle disfunzioni. La conoscenza dei principi, delle disposizioni esistenti e delle possibili evoluzioni degli accessi vascolari nonché una formazione tecnica dedicata sono importanti garanzie di successo. In termini strategici, deve essere realizzata una valutazione clinica completa, che consideri le complicanze eventuali e le possibilità di applicazione, prima di proporre al paziente le scelte fattibili nel suo caso. Dopo questa valutazione, la fistola arterovenosa (FAV) nativa più distale possibile rimane l’accesso vascolare di prima scelta. Le altre possibilità devono essere studiate cercando di risparmiare il massimo capitale venoso, di valutare e limitare i rischi di ischemia e di prevenire i rischi di stenosi, trombosi e infezione legati alle protesi e ai cateteri a lungo termine.

Oggi in Italia sono circa 44.000 le persone sottoposte al trattamento renale sostitutivi (dati ANED). La confezione e il mantenimento della funzionalità dell’accesso vascolare costituisce la causa più frequente di ricovero per il paziente emodializzato. Le linee guida internazionali promuovono fortemente l’utilizzo della FAV (fistola aterovenosa) con vasi nativi rispetto all’accesso protesico e limitano fortemente l’utilizzo dei CVC, con migliori risultati in termini di costi, di pervietà dell’accesso vascolare e di qualità della vita del paziente.

La gestione delle FAV e degli Accessi Protesici o la gestione dei CVC per emodialisi, permanenti o provvisori, è dunque di fondamentale importanza. Pungere correttamente una FAV e conoscere le possibili complicanze come la trombosi, l’aneurisma, la stenosi, l’ematoma o l’infezione puo’ garantire l’utilizzo di questo accesso per il più lungo tempo possibile, evitando ospedalizzazioni per revisioni o per il reperimento di un nuovo accesso. Così come la corretta gestione dei CVC da dialisi, che ormai sono considerati l’estrema ratio in assenza di accessi alternativi, dunque per alcuni pazienti con un patrimonio venoso non adatto ad accogliere una FAV, l’unica speranza per continuare la dialisi. Nel caso dei CVC la complicanza più comune è l’infezione e infezioni ricorrenti possono portare a difficili situazioni di antibiotico-resistenza.

Il questionario di Giulio è rivolto a medici e infermieri che lavorano nei reparti di nefrologia e dialisi e potete trovarlo qui e sui nostri social.