Castrazione chimica cos’è e perché è inutile utilizzarla con gli stupratori
La città di Palermo è stata scossa da un brutale episodio di violenza sessuale che ha visto coinvolta una giovane diciannovenne e sette ragazzi. L'orribile accadimento ha generato indignazione e rinnovato il dibattito sulla punizione per i colpevoli di reati sessuali.
Dopo l'incidente, una voce all'interno del Governo ha sollevato l'ipotesi della "castrazione chimica" come possibile misura punitiva. Questa controversa proposta trova fondamento in un disegno di legge presentato dalla Lega, partito di maggioranza, che mira a introdurre la possibilità di somministrare trattamenti farmacologici ai responsabili di stupro, previa decisione del giudice.
Secondo quanto previsto dal disegno di legge, l'applicazione della castrazione chimica sarebbe una scelta lasciata alla discrezione del giudice in base alla gravità del caso. Tuttavia, la proposta prevede anche una disposizione più severa: in caso di recidiva o di violenza sessuale su minori, il trattamento farmacologico verrebbe imposto automaticamente.
Ma cos’è la castrazione chimica?
La castrazione chimica è una forma di inibizione dell'attività delle gonadi, ottenuta tramite farmaci anti-androgeni.
Nata come trattamento di tumori ormono-dipendenti (es: cancro alla prostata), la castrazione chimica è oggi nota ai più soprattutto perché, in diversi Paesi del Mondo (non l'Italia), trova impiego come forma di pena per i reati a sfondo sessuale.
Attualmente, i farmaci maggiormente impiegati per ottenere la castrazione chimica sono: gli anti-gonadotropinici, gli anti-androgeni non-steroidei e gli agonisti dell'ormone di rilascio delle gonadotropine.
L'obiettivo di questa terapia è quello di abbassare i livelli del testosterone a valori prossimi allo zero inibendo la sua produzione da parte di alcune cellule presenti nei testicoli. Questo ormone costituisce infatti una sorta di "benzina" che alimenta il tumore della prostata. Pertanto, riducendone la quantità si cerca di evitare che possa favorire la crescita della neoplasia. E lo fa bloccando i i recettori periferici per questo ormone ed inibendo a livello cerebrale la produzione di tutte quelle sostanze che segnalano ai testicoli la necessità di secernere testosterone.
Abbassare il livello di testosterone comporta una riduzione dei caratteri sessuali secondari con conseguente aumento di peso e di adipe nell'area dei fianchi, ingrossamento del tessuto mammario, lieve ipotrofia muscolare, piccole modifiche della voce ed abbassamento della libido, che come spiega Sisto Perdonà, direttore del dipartimento di Urologia dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli a Repubblica - non è dose-dipendente, cioè una maggiore quantità di questo ormone non implica un desiderio sessuale tale da portare l'individuo a compiere atti di violenza sessuale.
Perché è inutile la castrazione chimica
Il professore Sisto Perdonà evidenzia che: "Questi farmaci servono a curare, non per azioni coercitive o punitive o altro. Non agiscono sui comportamenti e sui caratteri relazionali di persone che hanno un livello etico e morale basso, scadente o addirittura deviato. Prendendo in considerazione i casi di cronaca, se le persone coinvolte avessero attuato la terapia di castrazione farmacologica, sicuramente avrebbero avuto una minor libido e una maggior difficoltà a violentare per mancanza di erezione, però il sadismo e l'atto di aggressione in sé probabilmente sarebbero stati conservati. Disturbi comportamentali, psichiatrici o di natura psicologica non possono essere corretti con questa terapia e tantomeno possono essere inibiti i comportamenti violenti. È importante non dimenticare che, al di là dell'atto in sé, ciò che viene compiuto da questi individui rimanere pur sempre un atto di violenza, che si estremizza poi addirittura con l'aggravante dell'aspetto sessuale, carnale. È qualcosa che va al di là del solo testosterone e del forte desiderio sessuale".