Influenza 2025, due settimane al picco: cosa sapere sulla variante K
di
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 18/12/2025
La stagione influenzale entra nella fase più delicata. Secondo gli esperti, il picco dell’influenza 2025 è ormai vicino e potrebbe arrivare tra la fine dell’anno e i primi giorni del 2026, dunque tra circa due settimane. Un periodo critico che coincide con le festività natalizie, quando viaggi, riunioni familiari e contatti ravvicinati favoriscono la diffusione dei virus.
I numeri confermano una crescita rapida. In Italia, nei primi sette giorni di dicembre, sono state 695 mila le persone costrette a letto da infezioni respiratorie acute, circa 100 mila in più rispetto alla settimana precedente. Dall’inizio della sorveglianza stagionale, i casi complessivi hanno già raggiunto quota quattro milioni, secondo i dati del sistema RespiVirNet dell’Istituto Superiore di Sanità.
Un andamento che riflette quanto sta accadendo anche a livello internazionale. “Quest’anno avremo una stagione influenzale significativa e temiamo che sarà più grave del solito”, avverte Richard Martinello, specialista in malattie infettive e direttore sanitario di Yale Medicine. Alla base della preoccupazione c’è una variante del virus che ha accumulato mutazioni genetiche, rendendolo più contagioso e meno riconoscibile dal sistema immunitario.
La variante K sotto osservazione
Il ceppo che desta maggiore attenzione è la cosiddetta variante K dell’influenza A/H3N2. Non si tratta di un virus completamente nuovo, ma di una mutazione di un tipo già noto, che negli ultimi anni aveva circolato poco. Proprio questa scarsa circolazione recente potrebbe spiegare l’elevata suscettibilità di una parte della popolazione, in particolare dei bambini.
In Italia al momento è dominante il tipo A/H3N2, responsabile di circa metà dei contagi. La variante K, emersa nei mesi scorsi nell’emisfero Sud, ha già dimostrato la sua capacità di allungare la stagione influenzale: in Paesi come Australia e Nuova Zelanda i contagi sono rimasti elevati per almeno un mese in più del normale. I ricercatori avvertono che, data la rapida diffusione globale, il ceppo K è destinato a espandersi anche nell’emisfero Nord, aumentando la pressione sui sistemi sanitari.
Sul punto, però, gli esperti invitano a evitare allarmismi. “Non è un nuovo virus e non significa che sia più aggressivo o con sintomi diversi”, chiarisce Gianni Rezza, professore di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Tuttavia, il cambio del virus dominante potrebbe influenzare l’andamento della stagione, perché una larga parte della popolazione è oggi più suscettibile all’infezione.
I dati italiani: bambini e alcune regioni più colpite
Entrando nel dettaglio, nella settimana tra l’1 e il 7 dicembre l’incidenza delle infezioni respiratorie acute è stata di 12,4 casi ogni 1.000 abitanti. La fascia più colpita resta quella dei bambini sotto i 4 anni, con un’incidenza tripla rispetto alla media nazionale. Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Sardegna sono le regioni con il maggior numero di infezioni.
“Si registra un aumento sostenuto dei casi, ma in linea con quanto atteso per questo periodo dell’anno”, ha spiegato Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss. Quanto al picco, “non è possibile prevedere con esattezza quando si raggiungerà, ma nelle prossime settimane l’incidenza resterà probabilmente alta”.
Vaccino non perfetto, ma decisivo
Un ulteriore elemento di complessità riguarda il vaccino antinfluenzale. I ceppi inclusi sono stati definiti mesi fa e non sono perfettamente allineati alla variante K. Questo significa che l’efficacia potrebbe essere ridotta, ma gli esperti ribadiscono che vaccinarsi resta fondamentale.
“Anche un vaccino meno efficace riduce la gravità della malattia e il rischio di ricovero”, sottolinea Martinello. I dati dell’emisfero Sud indicano che le persone vaccinate hanno avuto quasi il 50% in meno di ospedalizzazioni. Inoltre, il vaccino protegge anche dall’influenza B, meno mutevole e spesso attiva nella seconda parte della stagione.
In Italia, come ricordano le autorità sanitarie, “si è ancora in zona Cesarini”. “La vaccinazione è una misura chiave, perché il virus circolerà ancora per diverse settimane”, ribadisce Palamara, insieme a igiene delle mani, rispetto dell’etichetta respiratoria ed evitare luoghi chiusi e affollati in presenza di sintomi.
Prevenzione e responsabilità
Rimanere a casa quando compaiono sintomi respiratori, anche lievi, è una misura cruciale. “Durante il picco influenzale oltre il 50% delle persone con raffreddore o mal di gola ha in realtà l’influenza”, ricorda Martinello. Le mutazioni in circolazione, fortunatamente, non sembrano ridurre l’efficacia dei farmaci antivirali, che funzionano meglio se assunti entro le prime 24-48 ore.
Il messaggio finale degli esperti è chiaro. Proteggersi significa tutelare se stessi, ma anche le persone più fragili: anziani, bambini piccoli, donne in gravidanza e immunocompromessi. “Vaccinarsi è un atto di responsabilità”, conclude l’infettivologo Marcus Pereira. “Lo si fa per sé, ma anche per chi ci sta vicino”.