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Legge 180, bene comune

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 18/10/2024 vai ai commenti

AttualitàParlamento

Lo scorso 27 giugno è stata lanciata la campagna #180benecomune, che intende rilanciare il diritto alla salute, richiamando i contenuti della Legge 180, in un momento in cui i servizi territoriali sono in difficoltà e la politica sembra andare in una direzione diversa rispetto a quella tracciata dalle norme del 1978.

Lo scopo della campagna #180benecomune, promossa dal Forum salute mentale – associazione che riunisce operatori, familiari, persone con esperienza di disturbi psichiatrici e cittadini interessati – è quello di rimettere in moto un impegno iniziato negli anni ’70 e in realtà mai interrotto in un momento in cui le conquiste fatte, anche in termini di diritti civili e costituzionali, sono pericolosamente messe in discussione mentre si assiste a un grave arretramento nel campo della sanità pubblica e della salute mentale in particolare.

La campagna consiste nel coinvolgimento del maggior numero di realtà possibili, individui, collettivi, associazioni di tutti i tipi che vogliono attivarsi attorno al concetto di “bene comune, creando delle iniziative che portino a dialogare più persone possibile, diffondendo l’idea che la salute e la sanità sono di tutti, indipendentemente da qualsiasi pensiero politico.

La campagna propone un decalogo decalogo che si riferisce ai contenuti della Legge 180, contenente i concetti importanti come “Bene comune”, “Resistenza”, “Cura”.

 

Il decalogo

 

1. bene comune

Sono comuni tutti quei beni che contribuiscono a realizzare il benessere individuale e collettivo, passando anche per l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. La 180, con i suoi principi che mettono al centro l’individuo e la sua dignità, riconoscendo diritto di cittadinanza, vi rientra a pieno titolo.

 

2. i disegni di legge

Due disegni di legge come un manifesto ispirano questa campagna: 17 articoli che non modificano in alcun modo la legge 180 ma contribuiscono a indicare possibilità concrete per nuove politiche, nuove organizzazioni dei servizi e a rendere godibili i diritti affermati.

 

3. la cura

Le persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale e i loro familiari pretendono la cura e finalmente la certezza di riprendersi la vita. Le conoscenze e le pratiche nate con la restituzione dei diritti hanno reso concrete queste possibilità. 

“Che la parola guarigione esiste vorremmo non ci fossero più dubbi”.

4. le parole

Le parole che sono nate dalle pratiche quotidiane di attraversamento delle istituzioni totali sono oggi quanto mai necessarie per riconoscere le pratiche totalizzanti e la negazione della presenza preziosa dell’altro: la vicinanza, l’ascolto, la singolarità, la storia, i bisogni.

                   

5. la resistenza

Il patrimonio di esperienze individuali e collettive, di pratiche e di politiche, deve costituire un argine di contenimento allo svuotamento delle politiche di welfare, all’abbandono dei più fragili, al ricorso a nuove istituzionalizzazioni e discriminazioni. Per promuovere interventi sulle diseguaglianze, sulla povertà educativa, sull’emarginazione.

 

6. le risorse

Il patrimonio di esperienze, di conoscenze e di buone pratiche va preservato e trasmesso alle nuove generazioni. La dimensione etica, la risorsa più importante, va ulteriormente sviluppata. Le cure, oltre ai trattamenti farmacologici e psicologici necessari, devono essere orientate all’abolizione della contenzione, della reclusione, al rispetto dei diritti. La cura, la presa in carico, deve affrontare nella banale quotidianità le condizioni di svantaggio sociale che incidono pesantemente sullo stato di salute e di benessere, sostenere le famiglie, accrescere il capitale individuale e creare un capitale sociale.

 

7. l’altro

Non possiamo perdere il senso del cambiamento. E’ accaduto qualcosa di profondo e impensabile. E’ cambiato radicalmente il nostro modo di vedere e incontrare l’altro, la nostra capacità di essere con l’altro. La chiusura di ospedali psichiatrici civili e giudiziari e la creazione di un sistema di salute mentale di comunità è il risultato della partecipazione, di un grande movimento collettivo che ha attraversato il nostro Paese.

 

8. l’inclusione

La chiusura dei manicomi e la restituzione dei diritti di cittadinanza ha contaminato e attraversato tutte le aree confinanti: l’inclusione scolastica, l’abbandono degli ospedali psichiatrici giudiziari, dei brefotrofi, degli istituti, attenzione nuova e diversa alle forme di reclusione delle persone che invecchiano, modalità impensate di affrontare la disabilità.

Centottanta: nuove culture, diritti costituzionali, centralità della persona.

 

9. gli operatori

Gli operatori della salute mentale, e non solo, hanno scoperto la possibilità del rapporto con l’altro. Nel fuoco dei cambiamenti sono diventati soggetti così come le persone che cominciavano ad incontrare come cittadini liberi all’interno del contratto sociale. Molti hanno sentito di appartenere al profondo processo di cambiamento che li vedeva protagonisti. La sordità del mondo accademico ha ostacolato i processi di crescita degli operatori. La formazione non ha saputo tener conto della dimensione storica che cominciava timidamente ad attraversare il campo, della singolare e unica presenza dell’altro. Non ha saputo insegnare a rapportarsi criticamente con la diagnosi.

 

10. la rete

Forse la rete, pensare in rete, riconoscersi gli uni con gli altri, è il bene prezioso che abbiamo sperimentato con la 180. Lo sviluppo dell’extra clinico ha costruito immagini differenti e sempre nuove possibilità di cura e di inclusione. Cooperative sociali, percorsi di formazione, associazioni sportive e culturali, non potevano che nascere dalle crepe che si producevano nelle mura impenetrabili dei saperi psichiatrici messe ora alla prova da soggetti, cittadini, persone, non più malati di mente, che, come un fiume in piena, rivendicano visibilità, ascolto e la loro più certa presenza nel contratto sociale.

 

Prossimamente potrete seguire sui nostri social tutte le interviste realizzate durante il lancio della campagna presso la Fattoria di Vigheffio, in provincia di Parma, un luogo storico di inclusione sociale e lavorativa.