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Cassazione: nessun Demansionamento per l’infermiera che svolge mansioni da Oss, se non prevalenti

 

L'infermiera non ha diritto al risarcimento: le mansioni svolte, pur appartenenti a categorie inferiori, non erano prevalenti né avulse dal suo ruolo professionale.

ROMA – La Corte di Cassazione chiude il caso di un’infermiera professionale che chiedeva il risarcimento per essere stata, a suo dire, demansionata per oltre vent’anni. Il verdetto? Nessun demansionamento, nessuna differenza retributiva da riconoscere.

La vicenda parte nel 1990, anno in cui la dipendente è stata impiegata in compiti tipici degli operatori tecnici dell’assistenza (Ota) e socio-sanitari (Oss), come l’igiene dei pazienti, il cambio dei pannoloni, il rifacimento dei letti, l’assistenza ai pasti e il trasporto nei reparti. Mansioni confermate da testimoni, ma ritenute non prevalenti rispetto a quelle proprie del profilo infermieristico.

La Corte d’Appello – in contrasto con il primo grado – aveva già escluso che si trattasse di un demansionamento. E ora la Cassazione conferma: la ricorrente ha sì svolto attività da Oss, ma senza che queste abbiano rappresentato la parte principale del suo lavoro. In mancanza di prevalenza, non c’è dequalificazione, e quindi niente risarcimento.

«Non si è trattato della sottrazione di mansioni qualificanti, ma di un’integrazione funzionale, attinente comunque alla sfera assistenziale», si legge nella sentenza.

La Suprema Corte sottolinea che la professionista ha continuato a esercitare le funzioni tipiche della sua qualifica, e che le attività da Oss erano complementari, non sostitutive. Bocciata anche l’argomentazione sulla violazione del codice deontologico: la Cassazione non è competente su questo piano.

Infermieri e Oss: confini che si sfumano?

La sentenza accende nuovamente i riflettori su un tema caldo nella sanità italiana: i confini spesso sfumati tra le professioni sanitarie, dove le esigenze organizzative spingono a una sovrapposizione di ruoli, talvolta senza un chiaro riconoscimento contrattuale.

Nel merito, la Cassazione ha ribadito un principio già espresso in altre pronunce: perché vi sia demansionamento serve una chiara e documentata sottrazione delle mansioni qualificanti, sostituite in modo prevalente da compiti inferiori. L’eccezione non fa la regola.

Conclusione: svolgere compiti "inferiori" non basta a far scattare il diritto al risarcimento. Serve dimostrare che quei compiti abbiano occupato stabilmente e in via principale il tempo e la professionalità dell’infermiere. In mancanza di questa prova, prevale il principio di complementarità. E il ricorso cade.

 

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