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Dopo la tuta Covid l'elmetto? infermieri in trincea. La sanità di Berlino si prepara alla guerra

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 09/09/2025

AttualitàCronache sanitariePunto di Vista

 

Berlino si prepara alla guerra: fino a 100 soldati feriti al giorno per ospedale. La capitale tedesca verso un ruolo chiave nella strategia Nato

Dopo Parigi, anche Berlino entra in modalità emergenza. Il Senato della capitale tedesca ha varato un piano senza precedenti che prevede la possibilità per ogni ospedale di accogliere fino a 100 militari feriti al giorno. Un documento che non lascia spazio a fraintendimenti: la Germania si sta preparando a gestire uno scenario bellico su suolo europeo.

Il “Piano quadro per la difesa civile degli ospedali”, presentato ufficialmente nei giorni scorsi, non è un’esercitazione teorica. È un progetto operativo che prevede l’adattamento degli ospedali civili alla logica militare: posti letto dedicati, corsie di emergenza prioritarie, formazione specifica del personale sanitario per trattare ferite da guerra, amputazioni e traumi da esplosione.

Alla guida del progetto c’è Ina Czyborra, senatrice alla Salute, che ha illustrato come l’iniziativa sia frutto di una collaborazione diretta con la Bundeswehr, l’esercito tedesco. Ma è il contesto internazionale a fare da cornice a questa scelta: l’Alleanza Atlantica ha bisogno di snodi strategici per sostenere il fronte orientale, e Berlino potrebbe diventare un hub logistico e sanitario Nato, pronto a smistare feriti, materiali e mezzi verso e dal confine russo.

Ospedali in assetto da conflitto

Il piano tedesco guarda oltre la semplice accoglienza dei feriti. Il documento ufficiale contempla situazioni limite: bombardamenti, crolli di edifici, combattimenti urbani e persino l’evacuazione dell’intera capitale. Il punto centrale è garantire la continuità operativa delle strutture sanitarie, anche in caso di attacco diretto.

Si prevede la costruzione di una rete interconnessa tra ospedali, in grado di ridistribuire i pazienti e coordinare gli interventi in tempo reale. Un’architettura d’emergenza che coinvolge trasporti, telecomunicazioni, magazzini farmaceutici, scorte di sangue, ossigeno, dispositivi medici. In sostanza, un’infrastruttura parallela che dovrà funzionare anche quando quella ordinaria sarà fuori uso.

Dopo la tuta anti-Covid, l’elmetto?

La domanda sorge spontanea: che ruolo avrà il personale sanitario in questo nuovo scenario? Dopo la pandemia, che ha trasformato medici e infermieri in trincea con tute protettive e turni massacranti, ora si prefigura un'altra emergenza: la guerra. Cambiano le cause, non la pressione sul sistema. Dalla mascherina all’elmetto? Dalla terapia intensiva ai traumi da granata?

L’immagine dell’infermiere con l’elmetto non è più una provocazione, ma una prospettiva concreta. E nel frattempo, si tace su un punto fondamentale: chi formerà questo personale? E con quali risorse? Le stesse che oggi mancano già per garantire i turni regolari nei reparti?

L’Italia assente. Il silenzio che fa rumore

In tutto questo, l’Italia tace. Nessun piano, nessun documento pubblico, nessun dibattito aperto. Eppure, l’Italia è parte integrante della Nato, ha ospedali in difficoltà cronica, un personale sanitario stremato, e un posizionamento geopolitico tutt’altro che secondario.

Durante il Covid, la macchina sanitaria italiana ha retto con eroismo, ma a prezzo altissimo: strutture sature, operatori al limite, territori lasciati soli. Ora, davanti a uno scenario potenzialmente ancora più traumatico, nessun piano di contingenza è stato reso noto. Mentre Berlino ipotizza evacuazioni e Parigi attiva ospedali temporanei, a Roma si fa finta che il problema non esista?

Da capitale europea a base strategica

Con il varo di questo piano, Berlino smette di essere solo una capitale amministrativa e torna ad assumere una centralità militare. La città si trasforma in centro nevralgico dell’infrastruttura sanitaria di guerra europea, con il compito di reggere l’urto di una crisi militare prolungata. Dietro ogni letto predisposto, ogni scorta calcolata, ogni corsia di emergenza riprogettata, c’è un’ipotesi chiara: che la guerra possa toccare direttamente il cuore dell’Europa.

Il documento tedesco non parla solo di numeri e protocolli: è una dichiarazione politica. Berlino si prepara, e lo fa pubblicamente. L’Italia no. E se il passato recente ci ha insegnato qualcosa, è che le emergenze non aspettano i tempi della politica.