StatLock e la rivoluzione silenziosa nella prevenzione delle infezioni da catetere in T. Intensiva
In un ambiente come la Terapia Intensiva, dove ogni dettaglio può fare la differenza tra una complicazione e un recupero senza intoppi, un semplice dispositivo potrebbe cambiare le regole del gioco. Parliamo di StatLock, un sistema di fissaggio sutureless (senza suture) per cateteri venosi centrali (CVC), al centro di uno studio condotto dal Dott. Ferroni Francesco, infermiere specializzato in Anestesia e Rianimazione presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria delle Marche di Ancona.
Lo studio, intitolato “Importanza dell’utilizzo del Sutureless Device (StatLock) per il fissaggio di CVC a breve termine in Terapia Intensiva: applicazione infermieristica nella prevenzione delle infezioni”, mette in evidenza quanto un dispositivo apparentemente semplice possa incidere in modo significativo sulla sicurezza dei pazienti e sulla qualità delle cure.
Un rischio concreto: le infezioni correlate ai CVC
I CVC a breve termine sono strumenti fondamentali per il trattamento di pazienti critici: permettono la somministrazione di farmaci, nutrizione parenterale e il monitoraggio emodinamico. Ma proprio perché così invasivi, rappresentano anche una delle principali fonti di complicanze infettive, in particolare le temute CLABSI (Central Line-Associated Bloodstream Infections).
Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), queste infezioni rappresentano una priorità assistenziale assoluta. Ed è qui che il dispositivo StatLock si inserisce come soluzione promettente.
La svolta sutureless: più sicurezza, meno infezioni
Il punto centrale dello studio del Dott. Ferroni è la comparazione tra i metodi tradizionali di fissaggio (suture) e il dispositivo sutureless StatLock. A differenza delle suture, StatLock elimina i punti di ingresso per i microrganismi, riduce il trauma cutaneo e le ferite da ago per il personale sanitario. Il risultato? Meno complicanze locali, minore rischio di dislocazione del catetere e una riduzione potenziale delle infezioni.
Le evidenze scientifiche riportate nello studio sono chiare:
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Le linee guida internazionali raccomandano l’uso di dispositivi sutureless.
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Una meta-analisi del 2024 (Xu et al., Int J Nurs Stud) conferma che questi dispositivi migliorano la stabilità del catetere e riducono le complicanze locali.
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Una meta-analisi specifica su StatLock (Luo et al., 2017) evidenzia una significativa riduzione della dislocazione dei cateteri e dei traumi cutanei rispetto alle suture tradizionali.
Il ruolo cruciale dell’infermiere
Lo studio non si limita a un’analisi tecnica del dispositivo, ma approfondisce anche il ruolo dell’infermierenell'applicazione, nella sorveglianza e nella manutenzione del CVC. La corretta gestione infermieristica, infatti, è considerata determinante per ottenere i benefici promessi da StatLock.
Tra le buone pratiche raccomandate:
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Preparazione della cute con clorexidina alcolica.
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Posizionamento preciso e chiusura sicura del dispositivo.
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Sorveglianza quotidiana del sito di inserzione, con particolare attenzione a segni di infezione o instabilità.
Il dispositivo è anche perfettamente integrabile nei bundle assistenziali per la prevenzione delle CLABSI, promossi dalle principali linee guida internazionali.
Formazione e protocollo: la chiave del successo
Ferroni sottolinea inoltre che la formazione continua del personale infermieristico e l'adozione di protocolli di sorveglianza sistematica sono elementi imprescindibili. StatLock, da solo, non è una bacchetta magica. Ma inserito in un sistema di prevenzione ben strutturato, può fare la differenza.
Lo StatLock, nella sua apparente semplicità, si sta dimostrando uno strumento prezioso nella lotta contro le infezioni nosocomiali. L’approccio infermieristico, centrato sulla precisione e sulla prevenzione, è il vero motore di questo cambiamento.
Come scrive il Dott. Ferroni, l’utilizzo del dispositivo non è solo una scelta tecnica, ma una strategia assistenziale che riflette una cultura della sicurezza del paziente e della qualità delle cure. Una cultura che, in Terapia Intensiva, può salvare vite.