Stretta ECM: chi non raggiunge il 70 per cento rischia polizze costose o nulle dal 2026
Un medico riceve un questionario sulle proprie pendenze ECM. Poche ore dopo arriva la comunicazione che la sua polizza professionale è stata disdetta e che, per continuare a essere coperto, dovrà accettare un nuovo contratto più caro e con paletti più rigidi. Non è un caso isolato. È il segnale di una tendenza che sta investendo molti professionisti sanitari mentre il triennio formativo 2023-2025 si avvicina alla chiusura.
Al centro c’è il passaggio – decisivo – che scatterà dal 1 gennaio 2026: l’efficacia delle polizze sarà valida solo se il sanitario avrà assolto almeno il 70 percento del proprio obbligo formativo ECM. È una regola che cambia gli equilibri del settore e che, secondo Attilio Steffano, amministratore delegato di Assimedici, spinge già oggi le compagnie a muoversi in anticipo. Steffano ha illustrato lo scenario in una intervista rilasciata a Quotidiano Sanità.
Un sistema che si stringe: cosa dice la normativa
Il quadro regolatorio nasce dal decreto 232 del 2023, che completa l’attuazione della Legge Gelli e fissa i requisiti minimi delle polizze per strutture e professionisti. Nel decreto viene richiamato il vincolo introdotto dal Dl 152 del 2021, secondo cui l’assicurazione non opera se il professionista non ha raggiunto almeno il 70 percento dei crediti dell’ultimo triennio utile.
È un passaggio che finora molti hanno sottovalutato, ma che oggi sta diventando un fattore di rischio concreto.
Compagnie più rigide e poco inclini a restare nel settore
Secondo Steffano, una parte consistente del mondo assicurativo intende ridurre la propria esposizione sulla responsabilità sanitaria. L’Ania, ricorda, ha sempre espresso contrarietà a un obbligo assicurativo che considera troppo oneroso per le imprese. Il risultato è che, potendo disdettare i contratti alla scadenza, molte compagnie stanno scegliendo di farlo, proponendo in alternativa polizze più costose e meno favorevoli.
Gli aumenti possono essere drastici. “Da un premio di poche centinaia di euro si può arrivare a cifre triplicate o quadruplicate”, sintetizza l’AD nell’intervista. E insieme al prezzo si moltiplicano le clausole restrittive, tra cui la richiesta di certificare la propria posizione ECM.
C’è anche chi propone garanzie aggiuntive, a pagamento, per tamponare l’eventuale mancanza di crediti. Steffano le definisce scorrette sul piano logico. Non possono rimuovere l’effetto della norma ed espongono il professionista a un costo inutile. L’unica vera tutela è essere in regola.
ECM come parametro di affidabilità professionale
Nel dialogo con Quotidiano Sanità, il manager di Assimedici mette in guardia anche su un altro aspetto: l’assenza di formazione ECM non incide solo sull’assicurazione. Può pesare su progressioni di carriera, concorsi, valutazioni interne e perfino sulla qualificazione della colpa in caso di contenzioso. In altre parole, non è più un adempimento secondario, ma un indicatore che può avere effetti su più fronti.
Che cosa resta da fare ai professionisti
Per chiudere il triennio c’è tempo fino al 31 dicembre 2025. Dal 2026 al 2028 sarà possibile recuperare la formazione pregressa, ma ai fini assicurativi conta solo il triennio che sta per chiudersi. E la Commissione nazionale ECM ha già richiamato gli Ordini a vigilare sugli inadempienti.
Il messaggio che arriva dall’intervista è netto: con la piena attuazione della Legge Gelli il sistema assicurativo si farà più selettivo. Chi non è in regola con l’ECM rischia non solo una polizza meno favorevole, ma una reale esposizione professionale. La strada, per i sanitari, è una sola: mettere a posto i crediti in tempo e non arrivare al 2026 con un debito formativo che può costare caro.
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