Una festa per morire: è cosi' che Betsy Davis ha deciso di salutare i suoi amici e la vita per sempre
Ha guardato il suo ultimo tramonto e quattro ore più tardi è morta
Una mattina come le altre apri la posta elettronica e ne trovi una della tua vecchia amica Betsy. Betsy, pensi, “non la sento da un po' che piacere, ho pensato a lei proprio ieri, volevo chiamarla ma poi tutti quei problemi al lavoro, e il piccolo che si è sentito male, sempre il solito corri corri....ma Betsy, no lei non può più correre invece”.
“Siete invitati a una festa, che durerà due giorni. Non ci sono regole. Indossate ciò che volete, dite ciò che pensate, cantate, ballate, pregate, ma non piangete davanti a me. Ok, una regola c’è”.
Nessuno avrebbe mai immaginato che la festa cui era stato avrebbe avuto il suo culmine nel suicidio assistito della propria amica, perfettamente programmato, la sera del secondo giorno. Suicidio pianificato e messo in atto nel fine settimana del 23-24 Luglio, grazie ad una legge appena approvata in California che ha consentito a Betsy Davis, malata terminale di SLA di scegliere di morire ed abbandonare le sofferenze cui la malattia aveva costretto il suo corpo.
Una mente libera cui le sbarre della prigione del suo corpo malato non hanno potuto comunque impedire di trovare l'ultima delle vie di fuga possibile. Abbandonare il corpo, abbandonare la vita rivendicando il diritto alla libertà che nulla, nemmeno una malattia, può impedire di essere perseguito.
Betsy è stata costretta dalla sua malattia ad atroci sofferenze, fisiche e mentali, finché in piena coscienza, perfettamente consapevole e serena, ha pensato di fare quello che nessuno avrebbe mai pensato di fare: organizzare una festa. Perché lei ha inteso il momento come tale, come un'occasione per stare tutti insieme ancora una volta, a mangiare qualcosa di gustoso, chiacchierando e sorseggiando un coctail, guardando un film ed ascoltando della buona musica, regalando loro un dipinto frutto delle sua grande passione artistica. I suoi amici si sono trovati in una situazione surreale, del tutto fuori dal comune ma hanno rispettato le volontà della loro amica e così hanno raccolto l'invito, hanno festeggiato, hanno riso e scherzato unendosi a lei come forse non lo erano mai stati prima.
Betsy si è concessa il più bel regalo che ognuno potrebbe desiderare. Una fine lieta e gioiosa, circondata dall'affetto di tutti, dall'amore e dalla consapevolezza che la morte non è altro che una parte della vita e che come tale, va vissuta appieno fino all'ultimo istante. Esattamente come ha deciso di fare lei.
Questa storia deve farci riflettere e deve farci pensare quale grande responsabilità abbiamo noi infermieri nei confronti delle persone che assistiamo. Questa storia ci colpisce perché se è vero che la morte arriva ogni giorno nei nostri reparti portandosi via persone e storie, è comunque vero che la stessa è gestita quasi sempre come un fatto tecnico, qualcosa che accade e per la quale bisogna effettuare “delle manovre” esattamente come per posizionare un catetere.
E allora dovremmo provare a comportarci come questi amici che hanno compreso e partecipato ad un rito come quelli che fanno gli atleti che decidono di porre fine alla propria carriera quando sono ancora sulla cresta dell'onda; ritirarsi, morire perché non c'è più niente da vincere, perché si è già vinto tutto..
Prepararsi alla morte, preparare la morte, partecipare ad essa come all'ultima festa, conservando il sapore del buon cibo, la luminosità di un sorriso, la musica di una parola. Dobbiamo ancora imparare molto come esseri umani e su questo tema, nel mondo occidentale, siamo ancora molto indietro, schiacciati da tradizioni anacronistiche e da una cultura che ha fatto del sopravvivere un credo ma che ha del tutto oscurato la bellezza del vivere.
Come infermieri, dobbiamo liberarci da ogni pregiudizio e ricondurre alla piena laicità il nostro agire; abbiamo infatti la maturità e il potenziale per saper essere quegli amici che ogni Betsy al mondo vorrebbe avere.
Fonte: Leggi l'articolo dell'Huffington Post
Andrea Tirotto