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Costretti ad attività improprie. Infermieri scelgono straordinario per recupero proprie competenze

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 02/05/2022 vai ai commenti

NursingProfessione e lavoroStudi e analisi

Almeno un terzo del tempo lavorativo degli infermieri è dedicato ad attività ‘non infermieristiche’. Ma cosa facciamo per evitarle. Uno studio ne descrive le strategie messe in atto, poche e con scarsa efficacia.

 

Gli infermieri svolgono quotidianamente tutta una serie di attività che non sono comprese nel loro campo professionale. Il dibattito su tali attività dura ormai da 50 anni, e date le differenze nella pratica infermieristica tra i Paesi, ad oggi non si è arrivati ad una definizione universalmente condivisa delle attività ‘non infermieristiche’.
Pur nell’ambito di un consenso provvisorio, sono considerate ‘non infermieristiche’ quelle attività che dovrebbero essere svolte da altri operatori poiché non prevedono l’uso di conoscenze e competenze infermieristiche (Velickovic et al., 2014) come ad esempio il ritiro dei vassoi del pranzo, la pulizia degli ambienti o le attività di segreteria (Bruyneel et al., 2013; Kudo et al., 2012; Cornell et al., 2010; Kearney et al., 2016). Alcuni autori (Desjardins et al., 2008; Hendrich et al., 2008) hanno incluso tra le attività ‘non infermieristiche’ anche rispondere al telefono.
Le attività ‘non infermieristiche’ sono state attribuite a diverse cause quali la riduzione del personale ausiliario e la modificazione nello staff mix.

Svolgere attività infermieristiche, ha un doppio risvolto negativo, da una parte toglie tempo all’assistenza infermieristica diretta al paziente e dall’altra aumenta l’insoddisfazione degli infermieri che hanno la percezione di ‘sprecare il proprio tempo’ ed incrementa il rischio di burnout e di conflitti all’interno del team.


Uno studio dell’Opi di Belluno ha descritto le strategie messe in atto dagli infermieri per evitare e/o contenere le attività non infermieristiche.

 

A 1331 infermieri è stato somministrato il questionario elaborato nella fase qualitativa del progetto APRI: in particolare, veniva richiesto agli infermieri se avevano attivato strategie per evitare e/o contenere le attività ‘non infermieristiche’, quali strategie avevano attivato e con quale efficacia percepita.

Hanno risposto 743 infermieri (55.8%), che hanno dichiarato di svolgere quotidianamente attività ‘non infermieristiche’ (693, 94.5%) a cui dedicano mediamente un terzo del proprio turno di lavoro (in media 32.6%, IC 95% 31.4-33.7%). Per evitare/contenere tali attività, gli infermieri hanno riferito di aver rivisto in gruppo l’organizzazione del lavoro (445; 60.7%), svolto ore straordinarie (438; 59.7%); discusso in gruppo possibili soluzioni (437; 59.6%), rifiutato di svolgere (435; 59.3%) o documentato lo svolgimento di attività ‘non infermieristiche’ (424; 57.8%). L’efficacia percepita di tali strategie è tuttavia modesta (da 1.68 a 2.21 in media su una scala Likert da 1 – per nulla – a 4 – molto -).

Valutando l’efficacia, quella percepita come più congrua è stata svolgere le ore straordinarie: gli infermieri dunque scelgono di completare le proprie attività al di fuori del loro orario di lavoro per contenere gli esiti negativi della mancata assistenza sui pazienti, attivando una strategia ‘palliativa’ di fronteggiamento del problema. Diversamente, discutere le soluzioni o rivedere in gruppo i processi di lavoro, sono state percepite come meno efficaci.

Probabilmente gli infermieri ritengono che qualsiasi strategia dovrebbe coinvolgere anche altri professionisti (medici, altri professionisti sanitari) per riorganizzare le modalità operative e i ruoli agiti. Non sempre inoltre, le figure professionali (soprattutto operatori di supporto e amministrativi) che dovrebbero svolgere alcune attività, sono presenti nel contesto lavorativo, rendendo così difficile trovare soluzioni o pensare ad una possibile riorganizzazione.

Anche la strategia “rifiutarsi di svolgere le attività inappropriate” è stata riferita come poco efficace: gli infermieri si percepiscono garanti dei pazienti e sono consapevoli che la mancata erogazione di alcune attività – anche non infermieristiche – potrebbe avere ricadute negative sulla qualità delle cure (Grosso et al., 2018b). Infine, la strategia percepita come meno efficace in assoluto è stata “documentare le attività ‘non infermieristiche’ svolte”, probabilmente a causa della sensazione che ciò rimanga ‘solo sulla carta’.

 

fonte:

STRATEGIE PER PREVENIRE LE ATTIVITÀ ‘NON INFERMIERISTICHE’: RISULTATI DI UNO STUDIO DESCRITTIVO

Rivista L'Infermiere N° 1 - 2019

Silvia Grosso (1), Saverio Tonet (2), Ines Bernard (3), Denis De Marchi (4), Laura Dorigo (5), Gianluca Funes (6), Paolo Gandin (7), Massimo Lussu (8), Nicolas Oppio (9), Stefania Tissot (10), Luigi Pais dei Mori (11), Alvisa Palese (12)