Iscriviti alla newsletter

Nella giornata della Memoria, infermieri partigiani: Sante e Carlo Simionato (seconda parte)

(continua dalla prima parte - per leggerla, CLICCA QUI)

 

Nonostante le sue convinzioni, fu costretto ad iscriversi al fascio, nel 1932, altrimenti avrebbe perso il lavoro. E il lavoro lo mantenne: lavorò a Villa Turina-Amione fino alla fine della guerra.

Negli anni Trenta il capo infermiere della clinica era un tal Bozzola, che a San Maurizio Canavese era un vero despota, oltre che essere il capo dei Giovani Fascisti. Costringeva chiunque lavorasse con lui ad iscriversi al partito, altrimenti sarebbero stati dolori.

Il Bozzola era a conoscenza anche delle idee politiche di Sante, ma non poteva arrecargli più di tanto danno, sia perché questi era un bravo infermiere, sia perché era stimato e protetto dal prof. Angela.

Una volta, racconta Sante, il Bozzola gli requisì il 70% del grano che aveva raccolto (era, per Sante, un secondo lavoro che gli serviva per sfamare la famiglia) con la scusa che era dovuto allo Stato.

Quando arrivo il 25 luglio 1943, con la caduta del fascismo, Sante lo prese e gliele suonò di santa ragione!

Ma la tregua durò solo un paio di mesi e Mussolini, con l’aiuto di Hitler, costituì la Repubblica Sociale Italiana (anche nota come Repubblica di Salò) e tornò al potere in gran parte del centro-nord Italia.

Sante fu costretto a nascondersi ma, dopo qualche mese, fece ritorno al suo lavoro da infermiere.

Accadde che, all’inizio del ’44, a San Maurizio Canavese, i partigiani uccisero Rina Dossi (segretario del fascio del paese) e ferirono un funzionario del partito, un certo “Marmorin”, con un colpo di fucile che gli trapassò la bocca.

Sante fu addirittura coinvolto nel suo soccorso e nella successiva medicazione che fece insieme ad un certo dottor Brun.

Fatto sta che, per rappresaglia, i fascisti presero quattro persone, tra cui Sante, e li condussero in Municipio, con l’intenzione di fucilarli dopo un processo sommario. Il pretesto per la fucilazione fu, per Sante, il pestaggio che questi operò ai danni del suo vecchio capo infermiere, il Bozzola.

I quattro vennero condotti davanti all’edificio del Comune e schierati per la fucilazione; solo un miracoloso intervento di un facoltoso ex paziente di Villa Turina, un certo Conte di Robilant, salvò Sante dalla fucilazione che, invece, non risparmiò gli altri tre.

Ma a Sante non convenne continuare a restare a San Maurizio e, insieme alla famiglia, si rifugiò nel suo paese di origine, in Veneto, fino alla fine della guerra.

Tornò poi a San Maurizio Canavese ma non gli fu più possibile rientrare a Villa Turina e quindi si arrangiò con qualche lavoretto qua e là. Finché, ancora grazie all’interessamento del prof. Angela, riprese il suo lavoro da infermiere, stavolta all’Ospedale “Le Molinette” di Torino.

Questa, in buona sostanza, è la storia di Sante (e di Carlo, di cui si sa poco) che, insieme al prof. Angela, diedero rifugio e salvezza a numerosi ebrei facendoli passare per pazienti della clinica.

 

Le altre storie:
Sulle tracce degli infermieri che hanno lasciato il segno: i partigiani

Infermieri partigiani: Teresa Roncarolo detta "Gina"

Nella giornata della Memoria, infermieri partigiani: Sante e Carlo Simionato (prima parte)

Nella giornata della Memoria, infermieri partigiani: Sante e Carlo Simionato (seconda parte)

Infermieri partigiani: Maria Peron (prima parte)

Infermieri partigiani: Maria Peron (seconda parte)

Infermieri partigiani: Chiara Arduino

- Infermieri partigiani: Teodora (Dora) Focaroli

- Infermiere partigiane: Gemma Missaglia