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Lavorare è terapeutico? Ecco come

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 05/08/2024 vai ai commenti

AttualitàStudi e analisi

La maggior parte degli esseri umani, soprattutto nel mondo industrializzato, associa il termine “terapeutico” alla farmacologia“Pigliate ‘na pastiglia”, cantava ironicamente Renato Carosone (1920-2001) più di mezzo secolo fa, scanzonata presa in giro verso chi attribuiva (e attribuisce) al farmaco un grande potere taumaturgico.

Eppure sappiamo tutti che esistono validissimi luoghiatteggiamentimanovresituazioniatmosfererimedi che possono essere tanto terapeutici quanto molte medicine.

In questa serie di articoli è mia intenzione esplorare alcune dimensioni curative per le quali non è necessaria la prescrizione di un medico.

Eccovi i titoli degli articoli che compongono il pacchetto:

Continuiamo questo nostro viaggio nelle varie dimensioni terapeutiche con il lavoro.

Innanzitutto va precisato che l’essere umano, con il lavoro, partecipa allo sviluppo economico, sociale e culturale dell’umanità e dà prova dei propri talenti.

Nella nostra Costituzione, fin dai primissimi articoli contenuti nei “Principi fondamentali” si legge che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (Articolo 1) e che “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (Articolo 4).

Il lavoro è fattore primario dell’attività economica e chiave di tutta la questione sociale e non deve essere inteso soltanto per le sue ricadute oggettive e materiali, bensì per la sua dimensione soggettiva, in quanto attività che permette l’espressione della persona e costituisce quindi elemento essenziale dell’identità personale e sociale della donna e dell’uomo.

Per contro, se il ruolo sociale e identitario dell’individuo viene posto in una condizione di precarietà (e la mancanza o la perdita di un lavoro rappresentano sicuramente un fattore di rischio) può essere messa seriamente a rischio la sua salute psicofisica.

Quindi la risposta alla domanda se il lavoro possa rivestire un ruolo terapeutico, per l’individuo, la risposta è senz’altro sì.

Il lavoro è importante perché non è solo un mezzo indispensabile per rafforzare il senso individuale di utilità e appartenenza, ma anche per fornire risorse finanziarie.

Papa Francesco quasi quotidianamente sottolinea che nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita; che il lavoro è qualcosa di più che guadagnarsi il pane. Il lavoro dà la dignità e che non si dica “chi non lavora non mangia”, ma “chi non lavora ha perso la dignità!”. Chi lavora è degno; ha una dignità speciale; una dignità di persona: l’uomo e la donna che lavorano sono degni e il lavoro appare, non come effetto di un calcolo economico utilitaristico riguardante l’impiego ottimale del tempo a disposizione (che è l’approccio, ad esempio, della teoria economica neoclassica), ma come espressione della creatività e della realizzazione della persona, permettendone l’integrale sviluppo. Per questo, il lavoro non è un dono concesso a pochi raccomandati ma è un diritto per tutti!

Poi va detto che, in quanto creature sociali, abbiamo bisogno di lavorare anche per interagire con gli altri; perché si cresca e si progredisca e che gli altri crescano e progrediscano con noi.

Il drammatico periodo trascorso con le restrizioni da Covid-19 ci ha permesso di comprendere quanto lo stare insieme agli altri sia un aspetto fondamentale della nostra vita.

Tuttavia esistono lavori umilianti, degradanti, avvilenti oppure situazioni, in contesti sostanzialmente gradevoli, che spingono alcuni lavoratori verso la demotivazione e il burn-out.

Osserviamo che c’è chi va al lavoro fischiettando e chi ci va sbuffando, ecco: su questi aspetti l’intera comunità, politica, sociale, sindacale deve sicuramente impegnarsi. Il lavoro deve rappresentare, per ogni individuo, un momento positivo, utile a sé stessi e alla comunità e ogni elemento che concorre a demolire tale significato deve essere assolutamente rimosso. Anche i numerosi infortuni sul lavoro sono spesso figli di queste “distrazioni” da parte della politica, del mondo imprenditoriale, delle organizzazioni sindacali.