Infermiere in smart working: io sul divano, il robot in corsia
L’infermieristica e la carenza di personale potrebbero diventare presto un vecchio quanto fastidioso ricordo.
Ci avevo già provato nel 2004 quando avevo fondato la ClonIp. Ah che orgoglio quegli anni; dopo gli studi sulla clonazione della pecora Dolly, pace all’anima sua, col mio staff di pochi ricercatori, fummo in grado di replicare l’esperimento clonando l’infermiere perfetto.
Ricordo ancora le parole commosse con cui annunciavo l’evento su InfermieristicaMente commentando la foto a corredo dove compariva una squadra di infermieri tutti identici:
“la foto inviata consiste in un posato relativo alla realtà infermieristica del 2005 nel quale sono ritratti l’infermiere perfetto e un gruppo di colleghi tra i milioni di cloni creati. Tutto questo è stato possibile grazie ai risultati sulla clonazione della pecora Dolly, precorritrice di tutti gli esperimenti di clonazione degli infermieri. Solo nel 2003 la sanitàera la voce più pesante del deficit statale e i sindacati esultavano per aumenti salariali di qualche centesimo di euro. Oggi gli infermieri sono Clonati, Sterilizzati e Modificati Geneticamente, programmati per obbedire ciecamente agli unici infermieri di cui non è stata necessaria la clonazione: quelli in possesso dell’AFD.
La sanità oggi non è più un costo passivo; l’infermiere non è più una spina nel fianco per i direttori generali; finalmente i sindacati possono liberamente lottare per i diritti degli amministrativi; il problema della garanzia dell’assistenza non esiste più, così come quello delle ferie, dei permessi e dell’ECM, assicurata da iniezioni di cellule staminali periodiche.
I pazienti ci ringraziano, i medici esultano, l’euro vale 8 milioni delle vecchie lire, il ponte sullo stretto è una realtà, la Rai ha rimesso in onda Luttazzi, Guzzanti, Santoro e Biagi, Bush è in una casa di cura e Berlusconi si è candidato come presidente del consiglio dello stato Vaticano. Il sacrificio dell’infermiere ha fatto dell’Italia un nuovo stato”.
Le cose purtroppo non andarono bene e, dopo l’apparente successo iniziale, gli ordini crollarono, i cloni diventavano rotoballe sui piazzali insieme alla monnezza della Campania; qualcuno li incendiò dando il via alla stagione di Gomorra e alla terra dei fuochi.
Pareva un paradiso e invece chi si ribella? Le coordinatrici di reparto. Non sopportavano più l’accondiscendenza dei cloni, il loro numero infinito, l’impossibilità di negare ferie, Natale, richiamare dal riposo o penalizzare la produttività con un bel giudizio inventato.
Oggi la situazione è tornata identica ma io ho la testa dura e annuncio un nuovo progetto.
Tutto parte dalla notizia della nuova versione del robot chirurgo Da Vinci 5, capace di replicare la sensibilità tattile umana. Il sistema è arrivato all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, dove è stato usato con successo grazie a visione tridimensionale potenziata, precisione maggiore e chirurgia dolce, riducendo danni, complicanze, perdite di sangue e tempi di degenza.
Come non proporne allora una versione modificata per consentire all’infermiere di lavorare da casa?
Mi vedo già sul divano con la copertina della salute, manovrando il robot con un visore di realtà aumentata, mentre incannulo una vena, posiziono un catetere, prendo in giro la caposala, preparo il caffè, mi lamento dei pazienti in corridoio, sgrido la collega per la tazzina sporca e constato che non ha più nemmeno la forza di mandare a cagare un robot.
Sono sicuro che sarà un successo questa volta. Non resta che scegliere il nome: assistente infermiere è inflazionato. Mi piace RobinInf, anche se temo richiami Robin Hood e l’idea di rubare ai ricchi per dare ai poveri. Sia mai che il robot pensi che in corsia i ricchi siano gli infermieri.
Andrea Tirotto
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