Triture farmaci, aprire capsule, quando la manipolazione diventa un pericolo
I geriatri italiani lanciano un allarme sulla manipolazione dei farmaci per somministrazione orale che non può essere sottovalutato:
per gli anziani nelle RSA, 1 pillola su 3 tritata o spezzata, ma il 13% è un errore.
Lo studio "Prescription Day LTCFs 2024", primo su larga scala in Italia, rivela pratiche rischiose nella somministrazione di farmaci orali nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Condotto dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) con ANASTE Humanitas su 3.400 anziani in 82 strutture di 12 regioni, i risultati sono pubblicati su Aging Clinical and Experimental Research.
Nonostante lo studio si sia sviluppato nelle RSA dove il fenomeno della manipolazione assume dimensioni notevoli, i risultati e le raccomandazioni che ne derivano trovano piena applicazione anche nei setting assistenziali ospedalieri dove questi pazienti possono venire ricoverati e dove comunque è frequente il ricorso alla manipolazione in molteplici circostanze.
Numeri allarmanti sulla polifarmacia
Questi dati confermano trend europei (SHELTER: 50% polifarmaci), ma persistono dopo anni di linee guida sulla “deprescrizione”. “Nelle Rsa ogni anziano assume in media circa 8 farmaci al giorno, che espongono il 42% degli assistiti ad almeno un’interazione pericolosa, con casi che arrivano fino a 7 interferenze contemporanee” e la manipolazione ne aumenta il rischio – dichiarano Dario Leosco, presidente SIGG e ordinario di Geriatria all’Università Federico II di Napoli, e Andrea Ungar, ordinario di Geriatria all’Università di Firenze.
Manipolazioni inappropriate dei farmaci
Partendo dal fatto che quasi la metà degli anziani interessati dallo studi ha demenza o disfagia(il 15,5%) e l'1,1% è portatore di PEG, accade che “in molte RSA, la manipolazione dei farmaci è considerata una soluzione rapida per i pazienti con difficoltà di deglutizione, ma quando queste operazioni vengono effettuate senza criteri appropriati, possono compromettere l’efficacia terapeutica e persino aumentare la tossicità dei medicinali” dichiara Alba Malara, presidente della Fondazione ANASTE Humanitas.
I dati dello studio riportano come 1 compressa su 3 (33%) viene tritata o spezzata e che 1 su 4 (25%) capsule aperte.
Nel 13% dei casi, si tratta di errori che alterano biodisponibilità, efficacia e sicurezza del farmaco come per quelli a rilascio controllato o gastroresistenti.
Si tratta di manipolazioni comuni per tutti quei pazienti affetti da disfagia o demenza appunto,per i quali l’assunzione di compresse o pillole può risultare difficoltosa se non impossibile in caso di peg o sondino nasogastrico o per mancanza di collaborazione; sofisticazioni che avvengonosenza protocolli, basandosi su abitudini empiriche.
Implicazioni per infermieri e OSS
Infermiere e operatori socio-sanitari gestiscono quotidianamente queste somministrazioni esponendosi ad errori e rischi che comprendono:
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ridotta efficacia terapeutici;
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effetti collaterali gravi (es. sovradosaggio);
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rischio tossicità e allergia per l’operatore.
Vi è poi la questione aperta del ricorso alla somministrazione occulta in cibi/bevande per mancanza di compliance da parte del paziente, che risulta una pratica eticamente controversa oltre che potenzialmente pericolosa che necessita certamente di chiarimenti ed indicazioni precise.
“Sbriciolare, dividere o aprire una pillola può comportare il rischio di perdere parte del principio attivo e, di conseguenza, della dose terapeutica e dell’efficacia. Non devono mai essere aperte le capsule gastroresistenti perché alterarle comporta la rimozione del rivestimento, progettato per mantenere il farmaco intatto, finché non passa attraverso lo stomaco e raggiunge l’intestino, con potenziali effetti lesivi tossici oltre che diminuzione dei benefici. Anche pillole a rilascio lento o controllato non devono essere spezzate né frantumante, perché formulate in modo da mantenere un livello costante di principio attivo per 8, 12, o 24 ore e influenzare la velocità di assorbimento del farmaco può comportare effetti tossici”, evidenzia ancora Alba Malara.
Conclusioni e azioni pratiche
Lo studio ha evidenziato la necessità urgente ed improcrastinabile di protocolli standardizzati col ricorso ad una formazione specifica e alla redazione di linee guida su manipolazioni sicure ottimizzando terapie e riducendo rischi per anziani vulnerabili. Al fine di migliorare la qualità dell’assistenza, i dati suggeriscono la necessità di:
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dottare strumenti di deprescrizione per i più fragili;
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monitorare aderenza senza forzature;
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ricorrere ad équipe multidisciplinari certamente formate da geriatri, infermieri, farmacisti.
Tra i risultati più rilevanti spicca infatti il ruolo del geriatra la cui presenza può portare ad una riduzione del 24-37% delle interazioni farmacologiche, determinando l'importanza della sua competenza per valutazioni cliniche e terapie personalizzate.
Gli infermieri possono e devono vigilare sulle precrizioni perchè il medico prescrittore sia informato della incompatibilità della forma farmaceutica scelta con il soggetto che deve assumere la terapia e qualora non vi siano altrenative alla manipolazione, coinvolgere il medico nell'assunzione della responsabilità che ne consegue.
Andrea Tirotto
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