27 gennaio: il Giorno della Memoria, ricordando una Grande Donna Infermiera
a cura di Chiara D'Angelo
AVREI POTUTO FARE DI PIU'. Questo ripeteva sempre Irena Sendler (1910-2008), la donna polacca che salvò da morte certa 2.500 bambini ebrei, evitando loro di finire nei campi di concentramento nazisti.
Il 12 maggio 2017 saranno 9 anni che Irena ha lasciato questa terra, ma pochi sanno della sua esistenza e del suo sacrificio.
Quando aveva 32 anni era infermiera e assistente sociale e su indicazione della resistenza polacca convinse i nazisti (che temevano l’insorgere di un’epidemia di tifo nel ghetto di Varsavia e la possibile contaminazione del resto della città), a darle il lasciapassare per entrare e uscire dal ghetto ebraico. Durante le sue missioni (al braccio portava una stella di David come tutti gli ebrei) si faceva chiamare Jolanta e quello fu il nome con cui la conobbero 2.500 bambini: tanti riuscì a portare fuori dal ghetto per metterli al sicuro dopo aver convinto i genitori ad affidarglieli. Il suo lavoro di salvatrice lo iniziò ufficialmente come infermiera, nascondendo i piccoli in un’ambulanza dentro i sacchi per cadaveri, ma anche all’interno delle bare. Successivamente, spacciandosi per tecnico delle condutture idrauliche e fognarie, Irena caricava i piccoli in un furgone, nei sacchi di juta; ma portò via anche neonati nascondendoli in una cassa di attrezzi. Per evitare che durante i controlli le SS sentissero il pianto dei più piccoli, aveva addestrato il suo cane ad abbaiare furiosamente in presenza dei soldati. Una volta in salvo, la resistenza dotava i bambini di falsi documenti e li affidava a famiglie cristiane di campagna, nei conventi delle Piccole Ancelle di Turkowice e di Crotomow o in alcune canoniche. Il progetto era, a occupazione ultimata, ridare l’identità originaria a quei bambini e per questo la donna nascose dentro vasetti di marmellata tutti i loro nomi con le identità false e un codice per risalire a quelle vere. I vasetti li seppelliva sotto un albero di mele del giardino del suo vicino che abitava di fronte ad una caserma tedesca: il posto più sicuro per nascondere un segreto è sempre il più prossimo a chi non deve scoprirlo.
Chi salva una sola vita, salva l’umanità intera
Quando a guerra finita (e fino al 2008, anno della sua dipartita) Irena raccontava la sua impresa, si commuoveva ricordando che i genitori di quei bambini le chiedevano se i loro figli si sarebbero salvati: lei rispondeva che poteva garantire solo che se fossero rimasti sarebbero morti. E con questo comunicava involontariamente a quelle persone il loro terribile destino.
"Nei miei sogni – diceva – sento ancora le urla dei bambini al momento di lasciare i genitori. Fortunatamente nessuno rifiutò di dare ospitalità a quelle creature disperate e destinate a diventare orfane".
Dopo un anno di questa attività, la Gestapo ne fu informata. Così il 20 ottobre 1943 Irena venne arrestata e torturata: le spezzarono i piedi e le gambe lasciandola paralizzata a vita. Ma lei non fece i nomi di nessuno. La condannarono a morte e i partigiani dello Zegota riuscirono a corrompere un agente della Gestapo facendola fuggire prima dell’esecuzione. I nazisti continuarono a cercarla, ma invano.
Dopo la guerra la giovane donna disseppellì i vasetti di marmellata che contenevano la vita di tanti bambini e iniziò a ridargliela. Per la maggioranza, purtroppo, i parenti non esistevano più: portati via dal fumo dei forni crematori, uccisi da pallottole, bastoni, fame, malattie o come cavie umane.
Nel 1965 lo Stato di Israele ha piantato un albero con il suo nome nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme e a Irena Sendler è stato riconosciuto il titolo di Giusto tra le Nazioni. Questo titolo, assegnato, ad oggi, a 24.811 non ebrei (563 gli italiani) che durante la Shoa hanno salvato ebrei innocenti, vale molto più del premio Nobel per la pace che Irena Sendler non ricevette mai.
Al Nobel per la pace la propose nel 2007 il governo di Polonia con l’appoggio di quello di Israele, ma le fu poi preferito l’ex presidente americano Al Gore, perché, si sa, la politica vale più di una vita umana, anzi di 2.500 vite umane: e poco conta se le tre religioni monoteiste (cattolica, ebraica, musulmana) condividono tutte e tre quel bellissimo detto, il cui concetto è: Chi salva una sola vita, salva l’umanità intera.
(di Roberto Brumat)
Per ricordare il coraggio del BENE!