Iscriviti alla newsletter

NurSind. 30 mila euro di risarcimento ad ogni infermiere costretto a fare l’Oss

 

“Un altro tassello che si aggiunge alla dura battaglia sindacale per la conquista dei diritti negati agli infermieri” così Salvatore Vaccaro, vice segretario nazionale NurSind definisce “una vittoria storica dal punto di vista del risarcimento del danno con quantificazioni che vanno ben oltre il 30.000 euro a dipendente per diversi dipendenti che da moltissimi anni vengono demansionati e sfruttati”

La sentenza, che vede soccombere in questo caso l’azienda Cannizzaro di Catania, “rappresenta una sonora sberla contro la filosofia demansionante delle aziende che da anni sfruttano gli infermieri non assumendo OSS o assumendoli in misura insufficiente.” Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania dott.ssa Laura Renda, dopo l’udienza del 27/04/2021 (R.G 3190/2020) ha emesso la sentenza di risarcimento danni per demansionamento, conseguente alla mancata assegnazione esclusiva allo svolgimento di mansioni corrispondenti al profilo, in favore degli Infermieri iscritti al NurSind  e difesi dall’Avv. Domenico De Angelis, che hanno fatto e depositato ricorso contro l’AO Cannizzaro.

 

Il fatto

Il reparto di Neurologia dell’AO Cannizzaro è composto da 20 p.l. e in aggiunta 1 p.l. di Stroke. La Dotazione Organica è composta da 7 Infermieri turnisti nelle 24 ore. Presso il reparto non sono state mai presenti unità di Operatore Socio Sanitario (OSS), solo dal mese di aprile 2019 è stato assegnato un OSS che presta la propria attività nel turno antimeridiano o in quello pomeridiano, mai nel turno notturno; Per l’igiene ambientale, il riordino delle stanze di degenza e trasporto di materiale biologico, nel turno antimeridiano e pomeridiano sono presenti altre figure ausiliarie, provenienti da ditte esterne di cui l’azienda si avvale.

 

L’assenza di figure di supporto (OSS), ha determinato una situazione per cui gli infermieri hanno dovuto svolgere sempre in maniera marginale ed affrettata le mansioni proprie della qualifica professionale, ma in maniera prevalente hanno dovuto svolgere attività di assistenza diretta dei pazienti in sostanza disimpegnando mansioni igienico-domestiche-alberghiere, quali: igiene personale, questa, anche conseguente all’espletamento dei bisogni fisiologici; imboccare i pazienti non autosufficienti; sanificazione dei carrelli della terapia farmacologica; effettuazione del c.d. “giro letti” che comprende la fase di controllo tissutale; rispondere ai campanelli; rispondere al telefono; rispondere al citofono, ecc      

Per quanto sopra, gli infermieri ricorrenti procedevano a diffidare l’azienda, chiedendo la cessazione del suddetto stato di cose e il risarcimento dei danni subiti.

 

La sentenza   

Nell'impianto della sentenza il giudice ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale: l’infermiere che venga adibito prevalentemente allo svolgimento di mansioni che non rientrano nel proprio inquadramento professionale, ma che si ritrovi per lunghi periodi a svolgere compiti propri del personale inferiore con altro inquadramento, con evidente nocumento alla propria immagine professionale, ha diritto ad essere risarcito.

 

Nel merito dei fatti in esame il Giudice:

  • Ha rilevato che, si è determinato uno stato di permanente demansionamento degli infermieri con evidente e sostanziale scollamento tra l’inquadramento degli stessi e le effettive mansioni da loro svolte, e in conseguente danno costituito dall’impoverimento delle capacità professionali. Dunque da una parte una palese violazione dell'art. 2103 c.c., e dall’altra un danno di immagine in ragione dello svolgimento promiscuo di mansioni inferiori, che ha determinato disagio nei ricorrenti, che hanno svolto le mansioni inferiori al fine di garantire la continuità assistenziale.
  • Ha ribadito la sostanziale differenza tra le mansioni appartenenti alla categoria dell’infermiere e quelle appartenenti al personale di supporto, OSS, per le quali non esiste alcuna affinità o similarità, essendo le prime di carattere scientifico, le seconde di carattere puramente manuale.
  • Ha rigettato la tesi difensiva dell’Azienda, secondo la quale che tali mansioni competono agli infermieri in quanto afferenti al processo di “nursing” inteso come qualsiasi attività conducente al comfort e ai bisogni di base del paziente in un contesto peculiare della Neurologia rappresentato come “cluster” ad elevata specialità.
  • Ha accolto la tesi difensiva del NurSind, che ha dimostrato senza essere contestata che fino ad aprile 2019 nel reparto di Neurologia, tutte le mansioni parasanitarie erano demandate e svolta in ogni aspetto dagli infermieri. Dunque l’impiego sistematico del dipendente in compiti afferenti ad una qualifica contrattuale inferiore -rileva il Giudice- in un contesto di “cluster” a media intensità come quello in essere integra il demansionamento, da ciò ne deriva la fondatezza del ricorso,

 

Il risarcimento del danno

Nel caso di specie, il Giudice accertato l’avvenuto demansionamento, ha disposto in favore degli infermieri ricorrenti il risarcimento del danno non patrimoniale da parte dell’AO Cannizzaro, nella misura del 10% del trattamento retributivo per ogni mensilità fino ad aprile 2019 e successivamente a tale periodo, del 5% sempre relativo alla retribuzione mensile, con potere retroattivo decennale. Inoltre l’azienda è tenuta a pagare le spese processuali.

 

Una sentenza, che ristabilisce sui binari della legittimità il netto scollamento esistente circa i ruoli e le competenze affidate agli infermieri, che la Direzione del reparto di Neurologia del Cannizzaro ha inteso mantenere per anni.

 

“È una vittoria veramente importante per la tutela della professione infermieristica, molto e troppo spesso svilita, dalle condotte delle aziende sanitarie che distolgono gli infermieri dall’esercizio della loro professione intellettuale, per adibirli a mansioni ausiliarie e di supporto.”  così l'avvocato De Angelis sulla sentenza contro il cannizzaro di Catania. “Per finire - continua De Angelis - voglio fare un plauso al dottor Salvo Vaccaro, segretario territoriale, nonché vice segretario nazionale del nursind, che ha dato il proprio contributo tecnico e scientifico all’inquadramento della problematica, in quel determinato contesto.”

 

Ancora una volta, è la via giudiziaria, quella che si è costretti a perseguire per avere riconosciuto il diritto a svolgere la propria attività in aderenza al proprio profilo di inquadramento.

 

Quanto disposto dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Catania, rappresenta un ulteriore elemento di giustizia nei confronti di una pratica ormai abusata e consolidata, che mortifica le competenze acquisite da infermieri professionisti della sanità.