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12 Maggio, Giornata dell'Infermiere: Riflessioni oltre la ricorrenza

Emilio Benincasadi
Emilio Benincasa
Pubblicato il: 15/05/2021 vai ai commenti

Punto di Vista

 

Dopo la Giornata dell'Infermiere del 12 maggio, credo sia necessaria una riflessione che vada oltre la ricorrenza, i grandi temi e le belle parole. Una riflessione che superi un déjà vu, che ogni anno come le mode passeggere, dopo le celebrazioni, rischia di lasciare intatte le frustrazioni e i bisogni di un'intera categoria.

 

Come accade spesso, il rischio reale è che ancora una volta la celebrazione fine a se stessa, rischia di disinnescare, di non portare alla giusta attenzione la condizione di una categoria che dopo la dolorosa vicenda pandemica è visibilmente nel pieno di una dolorosa sofferenza.

 

Quest'anno, avrebbe dovuto rappresentare l'occasione per gli infermieri e le Istituzioni di aprire un dialogo e una riflessione matura, una ragionata e netta presa di posizione sulla reale condizione della professione. Avrebbe dovuto essere un percorso di rischiaramento di ampie zone d'ombra di una professione che invece ancora permangono nel buio.

 

Quest'anno, non c'era bisogno di manifesti e slogan. Credo bastasse una foto senza parole. Ad esempio, bastava il volto già noto di una collega provata dallo sforzo profuso. Un volto nel quale, ogni livido costringesse le Istituzioni che la rappresentano a rielaborare il presente della professione, prima di intraprendere voli pindarici verso un futuro non ancora immaginabile.

 

Un volto che si lasciasse interrogare e nel contempo interrogasse l'intera comunità infermieristica. Un' unico volto, che come una sorta di moderna "Monna Lisa" leonardesca condensasse in sè la "memoria condivisa" di una intera professione. Un volto, come marchio a fuoco sulla carne viva della professione.

 

Il tempo più straziante è quello che trascorre tra l’evento e il suo epilogo, che mai come in questo tempo hanno visto gli infermieri subire l'approssimazione e i ritardi nel vedersi protetti, continuando a vivere il peso di un’infinita umiliazione. Schiacciati dal persistere di una condizione schiavile che sporadicamente viene alla ribalta, e solo quando accade davvero qualcosa di eclatante per poi subito tornare all’invisibilità e all’oblio.

 

Per questo, è proprio ora che serviva una svolta critica nei nostri modi di pensare e anche di celebrare. Gli infermieri sono tornati al punto di partenza, ma in condizioni peggiori, puntualmante demansionati, dimenticati, aggrediti e non ascoltati.

 

Quello che manca, sono gesti concreti e significativi per un pieno riconoscimento e delle risorse da stanziare. E' singolare vedere che, mentre FNOPI delinea il futuro dell'infermiere di prossimità, il Governo dei "migliori", taglia 3mld di euro dei 4 previsti per la medicina Territoriale a favore della Telemedicina.

 

Quello che latita, è una spinta propulsiva e un impegno concreto sulla congruità delle dotazioni organiche che ancora risultano essere oltremodo insufficienti. Ancora oggi, gli infermieri per vedere riconosciuto quanto previsto dalle leggi e dai contratti, spesso sono costretti a ricorrere nei Tribunali.

 

Dopo questa ricorrenza, ancora una volta, la professione rimane con la testa in un presente liquido e con entrambi i piedi conficcati nelle paludi del passato. Una professione che si racconta districandosi nelle complessità tematiche e di metodo. Una narrazione, quella della professione, che diventa sempre meno intelligibile rellentata da bias cognitivi e ingessature culturali che ancora la appesantiscono.

 

Insomma, si è concluso un'altro Grand Tour degli slogan e delle frasi fatte. Un grande ed enorme generale sbadiglio tra automatismi,ripetizioni che ingarbugliano il filo, ma soprattutto il sonnolento scivolare come da rollio di nave, verso una distopica visione della professione in una profonda e marcata solitudine Istituzionale. Prima di inventarci altri spazi, abbiamo bisogno e il dovere di riconquistare pienamente quelli che ci sono e conosciamo già.