Medici contro infermieri. Dalla corsia ai tribunali, storia di un rapporto conflittuale
Il primo vero e proprio terreno di scontro tra infermieri e medici nasce con il comma 566 della Legge di Stabilità del 2015, dove Governo e Regioni, decidono di dare forza di legge all’obiettivo di ridefinire le competenze delle professioni sanitarie.
Ma cosa prevedeva il comma 566?
Nel testo si legge: Ferme restando le competenze dei laureati in medicina e chirurgia in materia di atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, con accordo tra Governo e regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, professionali e sindacali dei profili sanitari interessati, sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Per mesi è imperversata la polemica sul tanto discusso comma, ritenuto ambiguo, che troppo si prestasse ad interpretazioni pericolose, fino al suo definitivo fallimento.
I rapporti tra medici ed infermieri non sono stati mai idilliaci, né in corsia, dove una buona parte della classe medica, sia della vecchia che della nuova guardia, fatica a riconoscere il ruolo dell’infermiere, rilegandolo al vecchio ruolo “ausiliario”, né sul piano politico, dove le ostilità cominciate 25 anni fa, hanno portato all’intervento della magistratura, sia amministrativa, civile che penale.
Da una parte ci sono gli infermieri, che alla luce del percorso di studi e delle responsabilità conseguenti, pretendono di uscire da un ruolo ausiliario abbondantemente superato grazie al DM 739/1994 ed alla legge 42/1999, dall’altra i medici che sentono minato il loro campo d’azione ed erose le loro competenze.
Numerosi sono stati i contrasti finiti nelle aule di tribunale, dal see and treat al 118 bolognese fino alle recenti UDI, reparti ospedalieri a conduzione infermieristica.
Il 118 e la radiazione di Venturi
Partiamo dalla vicenda più eclatante in tema di ostilità medici- infermieri: il 118 bolognese , che ha avuto come conseguenza la radiazione di un medico, poi reintegrato.
Con la Delibera 582/2016 la Regione Emilia Romagna interviene sulla questione dei protocolli infermieristici nel 118.
La delibera denominata “Principi e criteri in ordine alla predisposizione di linee guida regionali per l’armonizzazione dei protocolli avanzati di impiego di personale infermieristico adottati ai sensi del art.10 D.P.R. 27 MARZO 1992 per lo svolgimento del servizio di emergenza sanitaria territoriale 118”, definisce gli indirizzi generali ai quali le linee guida dovranno ispirarsi. Tra questi, la necessaria coerenza con le migliori pratiche nazionali e internazionali, con un impegno forte sul versante della formazione del personale medico e infermieristico.
La delibera predisponeva che gli infermieri emiliano-romagnoli, in base a degli algoritmi, potessero:
- sottoporre il paziente ad Ecg in presenza di dolore toracico
- ottenere referti Ecg a distanza dal medico (con problemi sui criteri per definire "diretta" la constatazione del problema di salute)
- somministrare precocemente farmaci salva-vita in caso di sindromi coronariche acute (o da abuso di oppiacei, o di ipoglicemia grave)
- effettuare manovre salva-vita anche su pazienti in arresto cardiaco
- somministrare antidolorifici a pazienti con dolore severo, misurato tramite scale "analogico-visuali".
La delibera, voluta da Sergio Venturi, medico ed assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia Romagna, diventa ben presto terreno di scontro. L’Ordine dei Medici di Bologna, dichiara guerra alla delibera ed a chi l’ha avallata, agendo disciplinarmente contro i medici che hanno sottoscritto i protocolli, vengono quindi sospesi 9 medici fino alla radiazione di Venturi, in quanto medico che aveva adottato direttive ritenute lesive del decoro della professione medica.
Nel caso di specie, comunque, la Regione Emilia-Romagna ha ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni e la Consulta ha ritenuto che l’Ordine dei medici, nel sanzionare il medico/assessore, di fatto ha sindacato le scelte politico amministrative della Giunta in materia di organizzazione dei servizi sanitari, su cui non ha alcuna competenza: così facendo, l’Ordine ha invaso la competenza assegnata alla Regione dagli articoli 117, terzo comma, e 118 della Costituzione, in materia di organizzazione sanitaria e la sanzione a carico dell’Assessore Venturi è stata dichiarata illegittima (sentenza della Corte costituzionale n. 259 del 6 dicembre 2019).
UDI- unità di degenza infermieristiche
Recentemente il Consiglio di Stato si è pronunciato, in merito alle UDI, data una vertenza nata in Umbria nel 2016. Una azienda sanitaria aveva istituito le UDI – unità di degenza infermieristiche – strumento organizzatorio dotato di 12 posti letto per la gestione dei pazienti in fase post-acuta, generalmente provenienti da unità operative a carattere internistico e con predefinito il piano terapeutico, necessitanti di assistenza infermieristica prima del ritorno al proprio domicilio. Sulla questione è stato espresso dal Consiglio di Stato il seguente principio: “È incontestabile, infatti, che al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso propriamente assistenziale”.
Archiviate le UDI, adesso è in Lombardia che si apre un altro terreno di scontro. L’ 8 giugno dello scorso anno l’annuncio della vicepresidente della Regione Lombardia e Assessore al Welfare Letizia Moratti sull’avvio della sperimentazione in alcune ASST lombarde che vede infermieri impiegati anche in tema di cure primarie, offrendo supporto e supplenza per affrontare la carenza di medici di medicina generale. E prontamente, due giorni dopo, è arrivata la dichiarazione del Presidente della FNOMCEO secondo il quale “è inconcepibile che si tenti di mettere in contrapposizione due professioni con competenze diverse e sinergiche, che devono collaborare, non essere l’una l’alternativa dell’altra”.
Medici contro CCNL Comparto sanità 209/21
Ultimo sgambetto dei medici, risale a giugno dello scorso anno, quando decidono di entrare a gamba tesa nel Contratto Collettivo Nazionale Comparto sanità 2019-21. Secondo i sindacati dei medici, infatti, il CCNL in questione, introdurrebbe nuove tipologie di incarichi di funzione organizzativa e professionale che comportano per il personale del ruolo sanitario anche l’assunzione di specifiche responsabilità nella gestione dei processi clinico-assistenziali e diagnostici. Una previsione che instaurerebbe dunque, per via pattizia, competenze professionali che la legge riserva alla categoria medica e non attribuisce ai profili sanitari. Inoltre, l’eccessiva genericità e ambiguità del testo potrebbe alimenterebbe un conflitto di competenze e di ruoli tra diverse categorie di personale, con possibili ricadute in termini di responsabilità professionale e quindi di contenziosi. Naturalmente, il contratto è stato firmato, ed il ricorso dei medici è finito nel dimenticatoio.
Siamo sicuri che i terreni di scontro saranno ancora numerosi, con la recente introduzione dei PS infermieristici per i codici minori, se ne sta preparando un altro.
La verità è che lottiamo tra categorie, per la supremazia di una sull’altra, sbagliando bersaglio. Il nemico vero da combattere è il SSN per come è diventato, iniquo e che di proposito legifera in maniera ambigua, lasciando il tutto all’interpretazione. Perdiamo così di vista il vero obiettivo, quello di risanare e riformare un sistema sanitario che non dà risposte, né sul piano organizzativo né su quello retributivo.
da: IL nuovo CCNL sanità, commento alla nuova disciplina per il personale del comparto- Strefano Simonetti- Maggioli Editore