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Dovrà risarcire la casa di riposo, l’infermiera che non avrebbe somministrato la terapia ai degenti

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 25/09/2023

AttualitàCronache sanitarie

Il verdetto è stato pronunciato il 20 settembre a Venezia nel caso dell'ex infermiera Elena Viola, accusata di non aver somministrato i farmaci agli anziani ospiti della casa di riposo "Residenza la Salute" di Fiesso d'Artico. I

l giudice monocratico Francesca Zancan ha condannato Viola, 33 anni, a una pena di un anno e nove mesi, con la sospensione condizionale della pena, e ha stabilito un risarcimento di 10mila euro da versare alla casa di riposo, che si era costituita parte civile con l'avvocato Matteo Garbisi. Il pubblico ministero, Christian Del Turco, aveva inizialmente richiesto una condanna più severa di tre anni e mezzo, senza attenuanti generiche, ma queste sono state riconosciute dal giudice.

La difesa di Viola, rappresentata dall'avvocato Stefano Morrone, ha annunciato l'intenzione di appellarsi una volta ricevute le motivazioni della sentenza.

Durante il processo, Viola ha costantemente sostenuto la sua innocenza, negando di aver trascurato la somministrazione dei farmaci. Ha invece raccontato delle difficoltà legate a ritmi di lavoro estenuanti, con 60 pazienti da assistere per turno e una media di 13 terapie da somministrare. Ha inoltre sottolineato la confusione riguardo alla gestione delle schede terapia.

L'accusa e la parte civile, d'altro canto, hanno presentato una versione completamente diversa dei fatti, sostenendo che Viola sarebbe stata la più veloce a completare il suo giro proprio perché non somministrava i farmaci, nonostante le firme sulle schede terapia attestassero il contrario.

Gli eventi contestati a Viola risalgono all'estate del 2019, quando i suoi colleghi si sono insospettiti dei ritmi di lavoro particolarmente rapidi. La direzione della casa di riposo aveva quindi deciso di monitorarla e aveva scoperto che durante il suo turno il dispositivo di numerazione delle erogazioni rimaneva fermo in alcuni casi. Ciò aveva portato alla denuncia nei confronti della donna.

Le indagini, condotte dal sostituto procuratore Del Turco, avevano escluso che il comportamento di Viola avesse messo in pericolo gli ospiti, poiché i farmaci sottodosati erano principalmente broncodilatatori, il cui effetto poteva essere in qualche modo recuperato grazie alla successiva somministrazione. Pertanto, l'accusa è stata limitata al falso in atto pubblico, relativo alla compilazione delle schede terapia, con le firme di Viola che attestavano somministrazioni mai avvenute.

Il dibattimento è stato descritto come molto combattuto, con l'accusa e la parte civile che si sono basate sulle testimonianze degli altri infermieri e sui dati raccolti dagli erogatori. Dall'altra parte, la difesa ha sollevato dubbi sull'autenticità delle firme e ha evidenziato la confusione causata dai carichi di lavoro.

L'avvocato Garbisi, rappresentante della "Residenza la Salute," si è detto soddisfatto della sentenza e ha affermato che la denuncia e la costituzione come parte civile erano necessarie per una struttura accreditata che rispetta tutti i requisiti di legge, inclusi quelli relativi al numero di operatori.

Per Elena Viola, che non lavora più come infermiera, parla l'avvocato Morrone, il quale ha dichiarato: "Ha cambiato completamente settore, ma non vuole questa macchia. Convinti della sua innocenza, faremo ricorso." La vicenda dovrebbe quindi continuare ad essere oggetto di dibattito in Appello.

 da il Gazzettino