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Licenziato l'oss che indossa monili in presenza di pazienti fragili

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 26/06/2024 vai ai commenti

La SentenzaLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

La Corte d'appello di Roma ha confermato la legittimità del licenziamento per giustificato motivo s nei confronti di un oss, dipendente di una Casa di Cura  La decisione della Corte, che ha accolto il reclamo principale della struttura sanitaria e respinto quello incidentale del lavoratore, ribalta la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il licenziamento come ritorsivo.

Il licenziamento dell’oss, avvenuto il 16 luglio 2018, è stato motivato da ripetute violazioni delle norme interne della Casa di Cura. Il lavoratore aveva ignorato le disposizioni che vietano al personale a diretto contatto con i pazienti di indossare gioielli e accessori che potrebbero essere veicoli di contagio per pazienti fragili e immunodeficienti. Questi comportamenti sono stati considerati atti di insubordinazione e gravi negligenze potenzialmente dannose per la salute dei pazienti e l'immagine della struttura sanitaria.

Esclusa la Natura Discriminatoria e Ritorsiva

La Corte ha escluso che il licenziamento avesse carattere discriminatorio o ritorsivo. Sebbene il lavoratore avesse sostenuto che il provvedimento fosse legato alla sua attività sindacale interna, la Corte ha stabilito che i comportamenti contestati erano sufficienti a giustificare il licenziamento, rendendo irrilevante l'eventuale intento ritorsivo.

Il Ricorso in Cassazione

L’oss ha presentato ricorso in Cassazione, argomentando la violazione di diversi articoli di legge e lamentando l'esclusione di elementi probatori che avrebbero dimostrato la natura discriminatoria del licenziamento. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato, confermando la legittimità del licenziamento. La Cassazione ha ribadito i principi in materia di onere probatorio nel diritto antidiscriminatorio. Secondo l'art. 40 del d.lgs. 198/2006, non vi è un'inversione dell'onere probatorio, ma un'attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del lavoratore, che deve fornire al giudice elementi di fatto idonei a fondare una presunzione di discriminazione.

Il ricorrente ha inoltre sostenuto che il licenziamento fosse ritorsivo, ma la Cassazione ha ribadito che la nullità di un licenziamento ritorsivo richiede la prova che l'intento di vendetta sia stata l'unica ragione determinante per il licenziamento. In questo caso, la Corte d'appello aveva correttamente rilevato la presenza di giustificati motivi di licenziamento basati su reiterate infrazioni disciplinari.

La Cassazione respinge ricorso e condanna il lavoratore al pagamento delle spese legali, ribadendo che il giudizio di merito della Corte d'appello era congruamente argomentato e giuridicamente corretto. Questa sentenza conferma l'importanza del rispetto delle normative interne delle strutture sanitarie e rafforza il principio che il licenziamento disciplinare deve essere basato su motivi concreti e non su intenti discriminatori o ritorsivi.