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Proverbi e Salute Mentale: maggio di matti e somari

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 19/07/2024 vai ai commenti

La nostra storia

L’Enciclopedia Treccani definisce il proverbio “Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza”.

Usato da sempre e in tutte le culture, esso non tramanda, però, né un sapere consolidato né tantomeno dogmatico, ma offre, a seconda delle situazioni o dei contesti storici, stimolanti chiavi di lettura di ciò che accade.

Lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616) diceva che i proverbi sono le “frasi corte disegnate dalle esperienze lunghe”, ovvero dalle esperienze dei popoli, tant’è che di modi di dire è impregnata la storia di tutte le culture, ad ogni latitudine.

La storia dei proverbi è più antica di qualsivoglia, primordiale forma di scrittura, anzi: proprio per la sua capacità di restare impresso, ora come monito, ora come insegnamento, il proverbio può considerarsi uno dei primissimi tentativi (ben riuscito, visti i risultati) di tramandare, all’interno di sistemi interpersonali e intergenerazionali, norme e regolamenti di vita; tant’è che se ne rinviene un ampio uso sia nella tradizione ebraica che in quella araba.

Tuttavia, non possono essere presi ad esempio per tramandare verità assolute, data la singolare proprietà di smentirsi l’un l’altro. Si prenda, come esempio, il detto “Chi fa da sé, fa per tre” che contrasta palesemente con quello che recita “L’unione fa la forza”, oppure i proverbi contraddittori “Chi troppo vuole nulla stringe” e “Chi non risica non rosica”.

Insomma: nulla di troppo serio, ma nemmeno di troppo leggero… questo è lo spirito col quale mi accingo a proporvi questa raccolta di proverbi dialettali italiani, aventi per protagonisti i “matti”. Così come i proverbi ci raccontano le “esperienze dei popoli”, allo stesso modo vorrei raccontarvi, attraverso questa raccolta, l’esperienza dei popoli rispetto al tema della salute mentale.

Fondendo, cioè, la tradizione, l’esperienza, i luoghi comuni, i detti e i non detti, la storia, la filosofia, le leggende dipingerò un inedito quadro, neanche troppo astratto, che parli di follia.

Parlando di quadri, credo proprio che la follia la possiamo paragonare ad un quadro astratto, dove l’autore dipinge ciò che sente ed ognuno ci vede ciò che vuole.

Cominciamo con un proverbio dell’Emilia Romagna:

“MAZ, MES DI MËT E DI SUMËR” (Maggio, mese di matti e di somari).

In maggio in Romagna, fin da tempi assai remoti, si credeva che gli asini andassero in amore e che il mese fosse infausto per i matrimoni.

Infatti non se ne celebravano sia per paura che uno dei due coniugi impazzisse e sia perché, come dice il Bagli (1859-1897) “un’ s’ cunsòma e lét” (non si consuma il letto) in quanto uno dei due sposi era destinato a morire anzitempo.

Anche il tagliarsi i capelli in maggio, secondo una diffusa superstizione, avrebbe portato alla pazzia.

In maggio si allungano le giornate tanto che una volta, oltre al “mese dei matti”, era chiamato anche il mese dal “collo lungo”.

C’è anche una Madonna dei “matti” ad essere venerata a maggio, mese mariano.

Accade a Nepi, in provincia di Viterbo. La seconda domenica di maggio si celebra, nella Chiesa di San Giovanni Decollato, la festa della Madonna di Costantinopoli, venerata però dalla gente come la “Madonna dei matti”.

Dipinta su tela agli inizi del Seicento, raffigura l’apparizione della Vergine e del Bambino a due monaci in fuga da Costantinopoli, appena conquistata dai turchi.

La tavola che i due religiosi portano sulle spalle rappresenta il “mezzo” con il quale decisero di scappare da Costantinopoli assediata dai musulmani. Da qui la tradizione fa discendere l’appellativo della Madonna “dei matti”, perché la gente sulla riva che vide i due frati scappare via mare a cavallo di un pezzo di legno pensò non a ragioni di fede ma che fossero matti.

Altri attribuiscono l’appellativo ai festeggiamenti con processioni in maschera e feste folcloristiche, altri ancora ritengono che sia la patrona delle persone con malattie mentali.