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Proverbi e Salute Mentale: le uova di Giorgio Cattaneo

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 06/08/2024 vai ai commenti

La nostra storia

L’Enciclopedia Treccani definisce il proverbio “Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza”.

Usato da sempre e in tutte le culture, esso non tramanda, però, né un sapere consolidato né tantomeno dogmatico, ma offre, a seconda delle situazioni o dei contesti storici, stimolanti chiavi di lettura di ciò che accade.

Lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616) diceva che i proverbi sono le “frasi corte disegnate dalle esperienze lunghe”, ovvero dalle esperienze dei popoli, tant’è che di modi di dire è impregnata la storia di tutte le culture, ad ogni latitudine.

La storia dei proverbi è più antica di qualsivoglia, primordiale forma di scrittura, anzi: proprio per la sua capacità di restare impresso, ora come monito, ora come insegnamento, il proverbio può considerarsi uno dei primissimi tentativi (ben riuscito, visti i risultati) di tramandare, all’interno di sistemi interpersonali e intergenerazionali, norme e regolamenti di vita; tant’è che se ne rinviene un ampio uso sia nella tradizione ebraica che in quella araba.

Tuttavia, non possono essere presi ad esempio per tramandare verità assolute, data la singolare proprietà di smentirsi l’un l’altro. Si prenda, come esempio, il detto “Chi fa da sé, fa per tre” che contrasta palesemente con quello che recita “L’unione fa la forza”, oppure i proverbi contraddittori “Chi troppo vuole nulla stringe” e “Chi non risica non rosica”.

Insomma: nulla di troppo serio, ma nemmeno di troppo leggero… questo è lo spirito col quale mi accingo a proporvi questa raccolta di proverbi dialettali italiani, aventi per protagonisti i “matti”. Così come i proverbi ci raccontano le “esperienze dei popoli”, allo stesso modo vorrei raccontarvi, attraverso questa raccolta, l’esperienza dei popoli rispetto al tema della salute mentale.

Fondendo, cioè, la tradizione, l’esperienza, i luoghi comuni, i detti e i non detti, la storia, la filosofia, le leggende dipingerò un inedito quadro, neanche troppo astratto, che parli di follia.

Parlando di quadri, credo proprio che la follia la possiamo paragonare ad un quadro astratto, dove l’autore dipinge ciò che sente ed ognuno ci vede ciò che vuole.

Analizziamo, ora, un proverbio della Campania:

T’E PIGLIATO ’E CCIENT’OVE (Hai preso/bevuto le cento uova).

Detto popolare che sta a significare “Sei diventato pazzo”. Tale modo di dire ha origine nel Seicento, al tempo di un notissimo medico dell’Ospedale degli Incurabili (nosocomio partenopeo, sorto nel Cinquecento e specializzato nella cura delle malattie mentali), ovvero Giorgio Cattaneo.

Dal nome di battesimo di questi, deriva anche il termine “mastuggiorgio”, che ancora oggi viene usato come appellativo per gli infermieri dell’area della Salute Mentale. Questo medico propose nuovi metodi di cura, razionali ed economici, alternativi ai più costosi a base di salassi, purghe, decotti e altri più specifici.

Essi consistevano in cure per i “troppo agitati” e cure per i “troppo tranquilli”.

Ai primi faceva girare una ruota, fino a sfiancarli, al fine di attingere acqua da un pozzo (all’epoca ancora ce n’erano, nei cortili degli ospedali).

Ai secondi veniva somministrata una cura “ricostituente”, basata sull’assunzione di cento uova che aveva il filantropico scopo di restituire energia ai pazienti infiacchiti dalla malattia.

Ai più furiosi veniva riservata la cura tradizionale, ovvero la frusta (detta “cignone”), allo scopo di spegnere energicamente l’eccesso di vitalità.

 

Volete leggere gli altri articoli sui proverbi in Salute Mentale?

Eccoli qui, in ordine di pubblicazione:

1) Maggio di matti e somari

2) Rosso maledetto

3) Quel pazzo di Ulisse

4) Le uova di Giorgio Cattaneo