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Proverbi e Salute Mentale: Don Chisciotte della Mancia

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 29/10/2024 vai ai commenti

La nostra storia

L’Enciclopedia Treccani definisce il proverbio “Breve motto, di larga diffusione e antica tradizione, che esprime, in forma stringata e incisiva, un pensiero o, più spesso, una norma desunti dall’esperienza”.

Usato da sempre e in tutte le culture, esso non tramanda, però, né un sapere consolidato né tantomeno dogmatico, ma offre, a seconda delle situazioni o dei contesti storici, stimolanti chiavi di lettura di ciò che accade.

Lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616) diceva che i proverbi sono le “frasi corte disegnate dalle esperienze lunghe”, ovvero dalle esperienze dei popoli, tant’è che di modi di dire è impregnata la storia di tutte le culture, ad ogni latitudine.

La storia dei proverbi è più antica di qualsivoglia, primordiale forma di scrittura, anzi: proprio per la sua capacità di restare impresso, ora come monito, ora come insegnamento, il proverbio può considerarsi uno dei primissimi tentativi (ben riuscito, visti i risultati) di tramandare, all’interno di sistemi interpersonali e intergenerazionali, norme e regolamenti di vita; tant’è che se ne rinviene un ampio uso sia nella tradizione ebraica che in quella araba.

Tuttavia, non possono essere presi ad esempio per tramandare verità assolute, data la singolare proprietà di smentirsi l’un l’altro. Si prenda, come esempio, il detto “Chi fa da sé, fa per tre” che contrasta palesemente con quello che recita “L’unione fa la forza”, oppure i proverbi contraddittori “Chi troppo vuole nulla stringe” “Chi non risica non rosica”.

Insomma: nulla di troppo serio, ma nemmeno di troppo leggero… questo è lo spirito col quale mi accingo a proporvi questa raccolta di proverbi dialettali italiani, aventi per protagonisti i “matti”. Così come i proverbi ci raccontano le “esperienze dei popoli”, allo stesso modo vorrei raccontarvi, attraverso questa raccolta, l’esperienza dei popoli rispetto al tema della salute mentale.

Fondendo, cioè, la tradizione, l’esperienza, i luoghi comuni, i detti e i non detti, la storia, la filosofia, le leggende dipingerò un inedito quadro, neanche troppo astratto, che parli di follia.

Parlando di quadri, credo proprio che la follia la possiamo paragonare ad un quadro astratto, dove l’autore dipinge ciò che sente ed ognuno ci vede ciò che vuole.

Analizziamo, ora, un proverbio della Liguria:

“UN MATTO O NE FA RIE QUATTRO” (Un matto ne fa ridere quattro).

Di personaggi celebri, sia nella realtà che nella letteratura, che hanno fatto ridere in funzione della loro perdita di senno, ce ne sono moltissimi. Uno fra tanti, forse il più celebre, è Alonso Quijano, altrimenti conosciuto come Don Chisciotte della Mancia.

Questi è un personaggio, nato dalla penna dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616), nobiluomo morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi.

Le sue letture lo appassionano al punto da fargli confondere la realtà con la fantasia: si convince, così, di essere “chiamato” a diventare un cavaliere errante e di partire, in giro per il mondo, a raddrizzare torti e a difendere i più deboli.

Si ribattezza Don Chisciotte della Mancia e inizia a girare la Spagna, coinvolgendo nelle sue avventure un contadino, tal Sancho Panza, che gli fa da scudiero.

Per non essere da meno a tanti, blasonati cavalieri, elegge anche una contadina a dama alla quale dedicare le sue ardimentose imprese, una certa Aldonza Lorenzo, da lui ribattezza Dulcinea del Toboso. Ossessionato da deliri e allucinazioni, vivrà molte avventure, nelle quali scambierà mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, greggi di pecore con eserciti arabi e così via, scatenando l’ilarità degli involontari spettatori.

L’impotente Sancho Panza, all’interno della struttura narrativa del romanzo, rappresenta l’immancabile parte razionale che tuttavia, in alcuni frangenti, finirà per farsi coinvolgere dal padrone.

Don Chisciotte capitolerà malamente, riacquistando il senno, e il suo epitaffio, scritto da colui che lo avrà battuto nell’ultima sfida, tal Sansone Carrasco, recita:

Giace qui l’hidalgo forte, che i più forti superò,

e che pure nella morte la sua vita trionfò.

Fu del mondo, ad ogni tratto,

lo spavento e la paura;

fu per lui la gran ventura

morir savio e viver matto.

 

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Eccoli qui, in ordine di pubblicazione:

1) Maggio di matti e somari

2) Rosso maledetto

3) Quel pazzo di Ulisse

4) Le uova di Giorgio Cattaneo

5) Madri assassine

6) Fumare fa impazzire?

7) Infermieri carcerieri

8) Don Chisciotte della Mancia

9) Gli introversi, ottimi capi!

10) Zucche vuote, zucche piene