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Giovani donne e smartphone: l’ansia sociale corre sul filo del like

Giuseppe Provinzanodi
Giuseppe Provinzano
Pubblicato il: 09/04/2025

Studi e analisi

Lo smartphone è ormai un’estensione del corpo, soprattutto per i giovani. Ma a quale prezzo? Una nuova ricerca presentata al Congresso della European Psychiatric Association (EPA) 2025 svela che le giovani donne pagano il conto più salato, con livelli di ansia sociale e paura del giudizio online significativamente più alti rispetto agli uomini.

Lo studio, condotto su 400 giovani adulti tra i 20 e i 30 anni, non si limita a fotografare un’abitudine, ma scava nel legame tra dipendenza digitale, benessere mentale e differenze di genere. E i risultati sono chiari: se l’uso compulsivo del telefono è un problema trasversale, le conseguenze psicologiche non colpiscono tutti allo stesso modo.

Il peso del giudizio (e dello schermo)

Mentre scorrono storie, post e messaggi, le giovani donne accumulano qualcosa in più di like: una crescente ansia. «Il genere gioca un ruolo cruciale», spiega Csibi Sándor, psichiatra rumeno a capo della ricerca. «Le donne non solo passano più tempo attaccate allo smartphone, ma vivono con maggiore angoscia la paura di essere criticate online».

I numeri parlano da soli:

  • Tempo di utilizzo: significativamente più alto tra le donne.

  • Paura del giudizio: il 73% delle intervistate ammette di temere commenti negativi, contro il 40% degli uomini.

  • Difficoltà emotive: chi abusa dello smartphone fatica a riconoscere e gestire le emozioni, un circolo vizioso che alimenta l’isolamento.

Non è solo questione di tempo, ma di come lo vivono

«Il problema non è quanti minuti passi sullo smartphone, ma cosa provi quando lo fai», chiarisce Neha Pirwani, coautrice dello studio. «Le donne interiorizzano di più le dinamiche sociali online: un like mancato diventa un fallimento, un commento ambiguo una condanna».

E la Generazione Z, nativa digitale, è la prima a fare i conti con questo cortocircuito emotivo. «Quasi il 100% dei giovani under 25 ha uno smartphone», ricorda Geert Dom, presidente dell’EPA. «E ormai sappiamo che l’abuso di social media è legato all’aumento di autolesionismo, ansia e depressione».

C’è una via d’uscita?

Gli esperti concordano: servono strategie mirate. «Non demonizziamo la tecnologia, ma educhiamo a un uso consapevole», suggerisce Pirwani. Alcune proposte:

  • Scuole: introdurre corsi su gestione delle emozioni digitali.

  • App: sviluppare funzioni che misurino il benessere, non solo il tempo di utilizzo.

  • Famiglie: dialoghi aperti, senza allarmismi ma senza sottovalutare i segnali.

La domanda che resta aperta è culturale: perché le donne soffrono di più questa pressione? «Servono più studi», ammette Sándor, «ma è chiaro che social network e stereotipi di genere creano una tempesta perfetta».

Intanto, il Congresso EPA lancia un monito: non basta disintossicarsi per una settimana. Serve ripensare il rapporto con la tecnologia, prima che un like (mancato) decida dell’umore di una giornata.