La sanità sarda: un nuraghe di plastilina. Senza personale sanitario crolla tutto
Simbolo della Sardegna, i nuraghe sono una delle più stupefacenti costruzioni realizzate a partire dal secondo millennio a.c.. Hanno resistito a tutto tranne che all’inesorabile scorrere del tempo e sono arrivati fino a noi in qualche caso quasi intatti. Quasi, perché molti sono crollati dalla parte più alta, quella esposta a tutte le variabili del tempo e della storia. Ma le basi, quelle no, sono rimaste solide, sempre; le migliaia di nuraghi sparsi per la Sardegna, anche i più degradati, raccontano di una maestosità poggiata su basi solide di pietre inamovibili.
E se avete ora chiaro cosa intenda per “solido”, non vi stupirete se mi permetterò di associare la solidità del nuraghe a quella del diritto alla salute sancito dalla costituzione ed erogato attraverso il servizio sanitario regionale.
Come ogni pietra del nuraghe rappresenta un tassello fondamentale perché si possa completare il primo livello e passare a quello superiore, anche il servizio sanitario deve potersi fondare su tasselli di base solidi perché la sua evoluzione verso la specializzazione e la complessità non crolli, come le magnifiche terrazze dei nuraghi esposte alle intemperie i cui resti restituiscono solo rappresentazioni grafiche.
Il servizio sanitario regionale non sembra però poggiare su tasselli con queste caratteristiche di solidità. Perché mentre quelli dei nuraghi sono inamovibili, quelli alla base del ssr sembra possano essere di volta in volta scalfiti, indeboliti, addirittura eliminati e con la pretesa che l’opera resti in piedi e regga comunque.
Una presunzione che si basa sul fatto che mentre le componenti di base del nuraghe hanno la plasticità della pietra, gli elementi di base del ssr sono rappresentati dal personale che possiede certamente una propria plasticità, più idonea però ad adattarsi alle nuove situazioni senza crollare come sarebbe invece per il nuraghe.
E allora o si capisce che la sanità deve poggiare su solidi tasselli inamovibili quali sono le dotazioni organiche e strumentali oppure il sistema non regge e crolla, trasformando un diritto costituzionale solido nel gioco della torre di mattoncini di legno, dove perde il primo che la fa crollare togliendo un mattoncino per volta senza toccare quelli dell’ultimo livello.
Il ssr si è così trasformato negli anni da nuraghe solido a torre di mattoncini del gioco. Permettendomi presuntuosamente di riassumere nella mancata programmazione e nel malaffare, le intemperie cui è stato esposto dalla sua nascita, è certo che i suoi gestori hanno via via eroso la solidità dei suoi fondamentali fino a mettere in dubbio la reale necessità di alcuni.
E’ così che quello che alcuni chiamano adesso “pericolo di crollo” a me sembra già abbondantemente un fatto avvenuto e se ancora in tanti non se ne rendono conto, è solo per le proprietà plastiche della componente umana che lo compone che da tassello garantito è stato costretto a trasformarsi in puntello precario, tra aggressioni e violazioni di sicurezza e istituti contrattuali financo retributivi.
La rassegna stampa sarda delle ultime settimane conferma il crollo ormai avvenuto: reparti al collasso, prestazioni sospese, terapie chemioterapiche impossibili, tumori al seno intrattabili. Tanto più nella stagione in cui i visitatori della Sardegna fanno schizzare alle stelle le richieste di assistenza delle strutture che già non riescono a soddisfare quelle dei residenti.
Tutto sembrerebbe essere legato alla carenza di personale e tutte le cronache riportano questo come il dato più inquietante, soprattutto per quanto concerne la carenza di medici, accertata in qualche caso ma smentita dai dati ufficiali Ocse che vedono piuttosto la Sardegna prossima ad arrivare alla spaventosa cifra di 5900 infermieri in meno entro la fine dell’anno.
I fondamentali si diceva anche nei diritti dei lavoratori che devono necessariamente godere di quelli contrattuali inalienabili che ne dispongono i giusti riposi, le giuste ferie e la dovuta retribuzione.
Diventa paradossale allora che per garantire questi diritti sia necessario chiudere reparti così che un semplice intervento di sostituzione della peg di una paziente intrasportabile, sia eseguita per carità e spirito di servizio da un chirurgo laziale in vacanza in moto, colpito dalla lettera di protesta dei familiari.
Carenze che stanno mettendo a rischio i servizi come ad esempio l’ostetricia dell’ospedale di Sassari che già in grave sofferenza e a fronte della chiusura della casa di cura convenzionata policlinico Sassarese, si è trovata a gestire un volume di attività praticamente triplicato nel giro di pochi mesi.
Ma quello che più spaventa è che il nuovo assessorato alla sanità non sembra avere nessun piano pronto per porre rimedio a questa frana continua che di giorno in giorno travolge il servizio. Solo il plurimilionario servizio di elisoccorso ed eliambulanza sembra godere di attenzioni e ci mancherebbe pure che non funzionasse con quello che costa (costi tra l’altro riducibili di un terzo già da domani come ho ampiamente dimostrato nelle mie conferenze sul tema), salvo poi verificare che l’80% dei soccorsi è effettuato da personale volontario e da qualche automedica noleggiata tra quelle dismesse da altre regioni.
Nessuno ha ancora prospettato il riordino della rete ospedaliera, il potenziamento dei servizi territoriali, l’assunzione del personale necessario a garantire i livelli essenziali di assistenza, soluzione tra le più potenti attuabili.
Per ora si sono solo tolti mattoncini fondamentali e sembra che nessuno sia in grado di assumersi responsabilità adesso necessarie, come quella di chiudere ed accorpare servizi e reparti se non si vuole assumere e ridistribuire il personale necessario. Perché parliamoci chiaro, se non ci sono gli elementi fondamentali per garantire i servizi, non si può pensare che questi siano aperti e svolgano il loro compito in sicurezza. L'incidente è dietro l’angolo e sono ancora le lettere e le cronache a raccontarlo quotidianamente. A me sembra curioso che in questa situazione ci siano assessori capaci di spendere milioni di euro in promozione turistica su quotidiani che non legge più nessuno per di più dal mese di luglio e non si abbia il coraggio di prendere decisioni coraggiose sull’assunzione del personale necessario a impedire che gli ultimi pezzi del servizio sanitario franino rovinosamente.
Il vecchio manager Moirano si è vantato di aver pareggiato i conti: il totale però non fa zero e tutti possono rendersene conto entrando in qualsiasi struttura. Al nuovo si darà l’incarico di tornare indietro a quattro asl. Nulla sarà però risolto se non si tornerà alla solidità dei tasselli di base come la storia dei nuraghe insegna.
Andrea Tirotto
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