Iscriviti alla newsletter

Permessi 104: licenziamento legittimo per assistenza ridotta al minimo

Giuseppe Provinzanodi
Giuseppe Provinzano
Pubblicato il: 11/03/2025

Leggi e sentenze

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha respinto il ricorso di un lavoratore licenziato per giusta causa da una Azienda a seguito dell’abuso dei permessi previsti dall’articolo 33, comma 3, della Legge n. 104 del 1992, che garantisce ai dipendenti il diritto a permessi retribuiti per l’assistenza di familiari disabili. La sentenza conferma la decisione della Corte d’Appello di Catania, che aveva ritenuto legittimo il licenziamento intimato nel 2016.

I fatti del caso

Il lavoratore, impiegato presso una Azienda, aveva usufruito dei permessi ex Legge 104 per assistere la zia, gravemente disabile e non autosufficiente. Tuttavia, l’azienda aveva contestato che il dipendente avesse utilizzato tali permessi per dedicarsi ad attività estranee all’assistenza, come gite in barca a vela, impiegando solo circa mezz’ora al giorno per l’effettiva cura della parente. La Corte d’Appello di Catania aveva ritenuto provato l’abuso dei permessi, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa.

Il ricorso alla Cassazione

Il lavoratore aveva presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse violato i principi di diritto relativi all’abuso dei permessi ex Legge 104. In particolare, il ricorrente aveva contestato che non fosse necessario un perfetto allineamento tra l’orario dei permessi e quello dedicato all’assistenza, richiamando un orientamento giurisprudenziale più flessibile. Inoltre, aveva denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero l’orario di inizio del lavoro (alle 5 del mattino), che giustificava la necessità di riposo dopo l’assistenza notturna.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito che i permessi ex Legge 104 sono riconosciuti al lavoratore esclusivamente per l’assistenza del familiare disabile e non possono essere utilizzati per attività estranee a tale scopo. La Cassazione ha sottolineato che, pur non essendo necessaria una perfetta coincidenza tra l’orario dei permessi e quello dedicato all’assistenza, è essenziale che l’assenza dal lavoro sia funzionale alla cura del disabile. Nel caso specifico, il lavoratore aveva dedicato solo mezz’ora al giorno all’assistenza della zia, impiegando il resto del tempo in attività personali, come le uscite in barca, che non avevano alcun collegamento con le esigenze di cura.

La proporzionalità del licenziamento

La Cassazione ha inoltre respinto l’argomento del lavoratore secondo cui il licenziamento sarebbe stato sproporzionato rispetto alla gravità della condotta. I giudici hanno ricordato che la valutazione della gravità della condotta e della proporzionalità della sanzione spetta al giudice di merito, il quale, nel caso di specie, aveva correttamente considerato l’abuso dei permessi come un comportamento gravemente inadempiente, giustificando il licenziamento per giusta causa.

Le spese di lite

Infine, la Corte ha confermato la condanna del lavoratore al pagamento delle spese di lite, applicando il principio della soccombenza. Le spese sono state liquidate in 200 euro per esborsi e 4.500 euro per compensi professionali, oltre il 15% per spese generali e accessorie.

Conclusioni

La sentenza della Cassazione ribadisce l’importanza di un utilizzo corretto dei permessi ex Legge 104, che devono essere esercitati esclusivamente per l’assistenza del familiare disabile. L’abuso di tali permessi, come nel caso di specie, può legittimare il licenziamento per giusta causa, anche in assenza di una perfetta coincidenza temporale tra l’orario dei permessi e quello dedicato all’assistenza. La decisione conferma l’orientamento giurisprudenziale che punta a garantire un equilibrio tra i diritti dei lavoratori e gli interessi dei datori di lavoro, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede.

Fonte: Corte_di_Cassazione,_sezione_lavoro,_ordinanza_n_5_250309_215607ok