Iscriviti alla newsletter

Infermieri in carcere sotto pressione. Intervista a Scaramuccia, segretario NurSind Terni

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 08/01/2025

NurSind dal territorioUmbria

Negli ultimi giorni, la Casa Circondariale di Terni è stata teatro di episodi di violenza estremamente gravi, che hanno messo a rischio non solo la sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria, ma anche quella del personale sanitario. Le aggressioni avvenute il 1° e il 6 gennaio hanno evidenziato una situazione ormai al limite, caratterizzata da carenze strutturali, protocolli di sicurezza inadeguati e un’insufficienza cronica di personale.

Paolo Scaramuccia, Segretario Territoriale del sindacato infermieristico NurSind Terni, denuncia con forza l’inerzia delle istituzioni competenti e lancia un appello urgente per migliorare le condizioni lavorative e garantire la sicurezza degli operatori. Lo abbiamo intervistato per capire meglio la gravità della situazione e le richieste del personale sanitario.

Dott.re Scaramuccia, gli episodi di violenza recentemente verificatisi presso la Casa Circondariale di Terni stanno destando grande preoccupazione. Può raccontarci la gravità della situazione?

Certamente. La situazione è critica e non più sostenibile. Gli episodi accaduti il 1° e il 6 gennaio sono solo la punta dell’iceberg. Parliamo di un ambiente estremamente pericoloso, dove il personale sanitario e la polizia penitenziaria sono quotidianamente esposti a rischi gravissimi. Il personale sanitario, in particolare, si trova a operare in condizioni di totale insicurezza, senza protocolli adeguati e con un numero insufficiente di risorse umane per gestire l’assistenza a circa 575 detenuti.

 

Può descrivere in dettaglio cosa è accaduto il 1° gennaio?

Quel giorno un detenuto ha tentato di sfondare l’ingresso dell’infermeria con un estintore, dopo aver distrutto il vetro del box della polizia penitenziaria nella sezione G. Il personale sanitario, composto da un medico e infermieri, ha dovuto barricarsi all’interno della farmacia per proteggersi, mentre il detenuto continuava a colpire la porta. Nel frattempo, un agente di polizia, che si trovava da solo a presidiare sia la sezione che l’infermeria, è stato aggredito da due detenuti, riportando un grave taglio frontale. È stata una situazione drammatica, durata più di mezz’ora prima che arrivassero i rinforzi.

 

Quali sono le conseguenze psicologiche e organizzative per il personale sanitario dopo episodi di questo tipo?

Gli effetti sono devastanti. Il personale è sottoposto a uno stress psicofisico enorme. Il 1° gennaio, una delle infermiere ha avuto un malore a causa della tensione e ha dovuto abbandonare il turno. Gli altri operatori sono stati costretti a prolungare il servizio, aggravando ulteriormente una situazione già insostenibile. Questi episodi generano un senso di insicurezza costante, con il rischio di compromettere anche la qualità dell’assistenza fornita ai detenuti.

 

Come valuta la risposta delle autorità competenti a questi problemi?

Purtroppo, la risposta è stata finora inadeguata. Da tempo denunciamo la carenza di personale e la mancanza di protocolli di sicurezza efficaci, ma poco è stato fatto. È inaccettabile che episodi così gravi continuino a verificarsi senza interventi strutturali. La situazione attuale non è solo un rischio per il personale, ma anche per la stabilità generale della struttura.

 

Quali misure concrete proponete per migliorare la situazione?

Innanzitutto, è necessario aumentare il numero di unità infermieristiche per turno, che al momento sono solo tre per circa 575 detenuti, un numero assolutamente insufficiente. Inoltre, chiediamo protocolli di sicurezza più stringenti, la presenza costante di personale di polizia penitenziaria nelle aree sanitarie e un coordinamento più efficace tra ASL e direzione della Casa Circondariale. Queste misure sono fondamentali per garantire la sicurezza degli operatori e un’assistenza sanitaria adeguata.

 

Cosa intende fare il NurSind se non ci saranno interventi concreti?

Se le autorità competenti continueranno a ignorare la situazione, non esiteremo a dichiarare lo stato di agitazione del personale. Il nostro obiettivo è tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, e non ci fermeremo finché non verranno prese decisioni risolutive. Il tempo delle parole è finito; ora servono azioni concrete.

Vuole lanciare un messaggio alle istituzioni?

Alle istituzioni dico: non possiamo più attendere. Ogni giorno che passa senza interventi è un giorno in cui il personale rischia la vita. È vostro dovere garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose. Agite subito, prima che accada l’irreparabile.