Ricoveri in barella: malasanità legalizzata
da ASSOCIAZIONE INFERMIERI LEGALI E FORENSI
Siamo nel 2015, ma le cronache ancora abbondano di casi di ricoveri, o peggio decessi, in barelle. Parcheggiate tra un letto e l'altro o più spesso direttamente nel corridoio.
Una situazione insostenibile, con picchi che al sud rappresentano ormai una vera emergenza, e che ormai non riguardano più soltanto i Pronto Soccorso ma dilagano anche nelle unità di degenza.
Ma in questo marasma, cosa rischia l'infermiere, può e come difendersi?
Dal punto di vista giuridico le maggiori problematiche legate al ricovero in barella sono:
- il rispetto della normativa sulla privacy, assente in corridoio;
- il rispetto della normativa sulla sicurezza, in quanto la barella non può essere considerato un idoneo appoggio per le manovre assistenziali anche elementari;
- il rispetto degli standard minimi di dotazione dell'unità di ricovero, campanello, luce, presa di corrente;
- il rispetto della normativa sulle dotazioni di personale, legge Donat-Cattin;
- il rispetto della normativa antincendio, basata sulle dotazioni standard di unità di ricovero.
Altre norme, giuridiche o si semplice educazione sanitaria, sono legate alla aumentata possibilità di propagarsi di infezioni, alle modificazioni dei parametri ambientali, alla possibilità di errore terapeutico, ecc. ecc.
La responsabilità dell'accettazione del ricovero è del Medico di Guardia che materialmente firma l'ingresso in unità operativa, ma la responsabilità della sicurezza degli utenti è dell'infermiere in turno.
La questione è complessa ed articolata, comprendente sia la sfera etico-deontologica che quella giuridica.
Cominciamo col richiamare alcuni punti del Codice Deontologico dell'Infermiere.
Articolo 3
La responsabilità dell'infermiere consiste nell’assistere, nel curare e nel prendersi cura dellapersona nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo.
Articolo 6
L'infermiere riconosce la salute come bene fondamentale della persona e interesse della collettività e si impegna a tutelarla con attività di prevenzione, cura, riabilitazione e palliazione.
Articolo 8
L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo. Qualora vi fosse e persistesse una richiesta di attività in contrasto con i principi etici della professione e con i propri valori, si avvale della clausola di coscienza, facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito.
Articolo 9
L’infermiere, nell'agire professionale, si impegna ad operare con prudenza al fine di non nuocere.
Articolo 10
L'infermiere contribuisce a rendere eque le scelte allocative, anche attraverso l'uso ottimale delle risorse disponibili.
Articolo 17
L’infermiere, nell'agire professionale è libero da condizionamenti derivanti da pressioni o interessi di assistiti, familiari,altri operatori, imprese, associazioni, organismi.
Articolo 26
L'infermiere assicura e tutela la riservatezza nel trattamento dei dati relativi all’assistito. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati, si limita a ciò che è attinente all’assistenza.
Articolo 29
L'infermiere concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell'assistito e dei familiari e lo sviluppo della cultura dell’imparare dall’errore. Partecipa alle iniziative per la gestione del rischio clinico.
Articolo 33
L'infermiere che rilevi maltrattamenti o privazioni a carico dell’assistito mette in opera tutti i mezzi per proteggerlo, segnalando le circostanze, ove necessario, all'autorità competente.
Articolo 47
L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la valorizzazione del ruolo professionale.
Articolo 48
L'infermiere, ai diversi livelli di responsabilità, di fronte a carenze o disservizi provvede a darne comunicazione ai responsabili professionali della struttura in cui opera o a cui afferisce il proprio assistito.
Articolo 49
L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale.
Deontologicamente occorre, quindi, vedere se i criteri sono quelli dell' "eccezionalità" oppure no.
Dal punto di vista giuridico, come già asserito, la responsabilità di eventuali cadute è dell'infermiere, ed è certamente una aggravante del reato se la caduta è avvenuta da un mezzo inadeguato e non ritenuto, sempre dalla legge, idoneo a lunghi periodi di degenza.
Ma l'infermiere, le cui possibilità decisionali sono nettamente sottostimate, può e come difendersi?
Come Cassazione insegna, sentenza n. 16260 del 6 marzo 2013, laddove il soggetto portatore di responsabilità non abbia la facoltà o possibilità di intervenire direttamente per la risoluzione del problema, ha l'obbligo di darne comunicazione ai superiori o direttamente all'azienda, pena la piena colpevolezza anche per eventi verso i quali non ha responsabilità diretta.
Al di là dei criteri di eccezionalità, sempre molto difficili da definire, e considerando l'argomento sia dal punto di vista giuridico che deontologico, possiamo concludere che:
l'infermiere deve denunciare al responsabile medico ed alla direzione sanitaria, per iscritto, che si sta lavorando in condizioni critiche e/o con carichi di lavoro non compatibili con i principi ed i criteri della sicurezza e che tale modalità è perpetrata nel tempo.
Solo una denuncia scritta e protocollata che esponga la propria opposizione ad una consuetudine pericolosa e sbagliata pone il personale infermieristico al riparo da eventuali conseguenza giuridiche.