Avanti come un treno!
Con la Legge N. 23 del 17 novembre 2014, la Regione Autonoma della Sardegna ha deciso di intraprendere una profonda opera di riordino e ristrutturazione del Servizio Sanitario Regionale.
Riclassificazione degli ospedali ed organizzazione in rete; ridefinizione proporzione tra posti letto per acuti e cronicità con implementazione dei servizi territoriali; ridefinizione del numero delle asl; istituzione della azienda regionale per le emergenze urgenze; centrale unica d'acquisto.
Da qualche parte si deve pure cominciare, se è vero che il buco di bilancio generato finora si attesta intorno ai 400 milioni di Euro.
Un progetto ambizioso quindi, in una dimensione territoriale caratterizzata da una densità abitativa costituita da piccolissime comunità sparse su aree molto vaste, a fronte di due realtà urbane più ampie e popolose. In questo contesto alcuni piccoli ospedali assumono una nuova connotazione fortemente territoriale ambulatoriale; altri vengono strutturati su servizi di base plurispecialistici e solo due assurgono alla classificazione di ospedali di 2 livello onnicomprensivi.
Il tutto da realizzarsi in un arco temporale di tre anni, apparentemente adeguato salvo che per alcuni passaggi, la cui attuazione ha assunto un carattere di emergenza e la cui comprensione continua a sfuggire man mano che la scadenza prevista del 31/12/2015 si avvicina inesorabile.
E' questo il caso del passaggio "amministrativo" che nella città di Sassari, prevede che lo storico presidio ospedaliero Santissima Annunziata sia "incorporato" tout court, nell'Azienda Ospedaliera Universitaria. Si tratta di una vera e propria cessione di ramo d'azienda che prevede che lo stabile con tutto quello che contiene, passi dalla locale Asl all'Azienda Ospedaliera Universitaria così da fare assumere al neonato presidio unico a padiglioni, la classificazione di Ospedale di Secondo Livello come previsto dalla legge di riforma.
In buona sostanza stiamo parlando di reparti ospedalieri e pronto soccorso per un cambio di datore di lavoro che interessa qualcosa come 1230 dipendenti.
Una unificazione che avviene dopo 8 anni di gestione separata il cui superamento oggi come allora sta creando non poche perplessità; nella categoria dei medici certamente ma anche tra il personale del comparto. Una consistente fetta di dipendenti non aveva ancora finito di smaltire gli effetti della separazione del 2007 che oggi, insieme al personale nel frattempo assunto, si trova ad affrontare una nuova avventura carica di incognite legate soprattutto alle differenze di regolamenti vigenti nelle due aziende e in alcuni casi, presenti nell'una e assenti nell'altra. E pensiamo ai regolamenti sull'orario di servizio e la turnistica, quelli sulle progressioni economiche, sul trattamento economico del personale in alcune parti del salario accessorio o sull'inquadramento di fascia; sul debito credito orario, la formazione e tutto quanto regola la vita di un infermiere all'interno di un'azienda pubblica pregresso e carriera compresi. Pare di osservare che non esista una pregiudiziale sull'incorporazione in se, quello che non si riesce a comprendere, come dicevamo, è la fretta con cui tutto questo accade. Le Organizzazioni Sindacali hanno chiesto da molti mesi di poter strutturare un protocollo operativo di governo del passaggio. Tanto più che l'azienda universitaria ha una grossa sofferenza legata alla certificazione dei bilanci e quindi dei fondi contrattuali, la cui approvazione continua ad essere rimandata. Argomento infatti irrisolto e per il quale le Organizzazioni Sindacali non hanno ancora sciolto lo stato di agitazione seguito alla grande manifestazione rivendicativa del 24 settembre scorso (Leggi l'articolo) cui è comunque seguita una fase di confronto tuttora in corso.
I commissari straordinari delle due aziende hanno ricevuto l'incarico di occuparsi di questa riunificazione e stanno andando avanti spediti per la loro strada senza aver accolto una delle richieste più sentite che era stata loro posta: ossia lo svolgimento di una mobilità interna all'azienda sanitaria locale e quindi tra le due aziende sanitaria e ospedaliero universitaria, prima dello scorporo del presidio di Sassari dalla Asl, così da consentire una mobilitazione tra i servizi ospedalieri e territoriali e gli altri presidi territoriali non interessati all'operazione. Il personale dell'ospedale di Sassari cambia infatti datore di lavoro così che ogni possibilità di carriera sarà legata solo ed esclusivamente ai servizi ospedalieri del neonato presidio; non ci sarà più possibilità di passare al 118, o uscire da questo che diverrà azienda a se stante e ai servizi territoriali che rimarranno in capo alla asl se non in una fase successiva legata a concorsi e a mobilità interaziendale quindi.
La fretta appunto, una fretta che si ha l'impressione non stia portando buoni consigli e le ragioni della quale non si conoscono se non quelle ovvie di un passaggio che la norma pretende compiuto alla data del 31/12/2015 ma che sappiamo bene, potrebbe essere derogato se solo lo si volesse.
Il sospetto è che questa operazione serva a mettere la parola fine alle presunte irregolarità ed alla cospicuità delle risorse finanziarie universitarie; materia per cui alcune sigle sembrano essere determinate a fare chiarezza per il bene dell'utenza, dei lavoratori e delle pubbliche finanze. Non si spiegherebbe perché ad un mese dalla scadenza, tutto il processo continui ad essere avvolto da una nuvola di dubbi che le rassicurazioni dell'assessore regionale non riescono a diradare.
Ed al governo regionale, guidato ed ispirato dall'analisi spietata di tutti i dati e gli indicatori che hanno fotografato una spesa per la sanità sproporzionata rispetto ai risultati attesi, ci sarebbe da chiedere come sia possibile che a Sassari ci si affretti a compiere una operazione come quella descritta che rispetto a quanto indicato nella legge di stabilità del 2016, sembrerebbe andare in una direzione completamente opposta.
Si legge infatti nel testo pur provvisorio della legge, precisamente all'articolo 43: al fine di perseguire una più efficace e sinergica integrazione tra le attività di prevenzione, cura e riabilitazione e le attività di didattica e ricerca, nonché allo scopo di conseguire risparmi di spesa (...) la collaborazione tra Servizio Sanitario Nazionale e Università può realizzarsi anche mediante la costituzione di aziende sanitarie uniche, risultanti dall'incorporazione delle aziende ospedaliero-universitarie nelle aziende sanitarie locali (...). Esattamente il contrario di quanto sta avvenendo in Sardegna, come se il governo centrale e quello regionale, pur espressione del medesimo partito, non comunichino tra loro nella conferma della tradizione che vuole la mano destra all'oscuro di quanto compie la sinistra.
Che in Sardegna si sia a conoscenza di cose oscure al governo? Che in Sardegna si sappia già della cancellazione dal testo definitivo dell'articolo 43 citato? Possibile che quel "può", sia preso alla lettera dal governo regionale così da permettergli di ignorare un indirizzo nazionale?
A tutto deve poi aggiungersi la partita della riduzione del numero delle asl regionali il cui assetto sta diventando ormai terreno di esercizio per le idee più disparate, non avendo ancora nessuno a disposizione il disegno regionale, legato alla ridefinizione degli enti locali successivo all'abolizione di tutte le province e chissà quale altro scontato gioco di equilibri di palazzo.
Nel frattempo, nell'ospedale sassarese continua a vedersi aggravare l'ormai cronico problema della proliferazione delle barelle nei corridoi, come noto a tutti gli infermieri che li hanno in carico e come riportato dall'ennesimo articolo apparso sul quotidiano locale (Leggi l'articolo). Problema dei ricoveri in barella che pare essere ormai una costante con la quale si deve convivere e per il quale non c'è la fretta di agire come per l'incorporazione, a meno che non sia questa la ricetta necessaria, considerato che dal primo gennaio 2016, il pronto soccorso potrà ricoverare in ognuno dei posti letto disponibili anche nella cliniche universitarie riservati oggi all'elezione.
L'umore generale è che questo processo non sia stato preparato con la dovuta opera di progettazione e soprattutto condivisione. Serpeggia l'idea che per il personale infermieristico le cose continueranno ad essere come sono sempre state ma che anzi, le possibilità di carriera potranno essere fortemente ridotte, la dove per carriera si intende il passaggio in un verso e nell'altro, tra i reparti ospedalieri e tra questi e i servizi territoriali e d'emergenza compresi.
Un treno in piena corsa, bello da vedere ma poggiato su un binario ottocentesco che certe velocità non può sopportarle. Speriamo che non deragli.