Parlare male del collega è mobbing, a risarcire il danno il datore di lavoro
Deridere il collega e rivolgergli accuse infondate è mobbing, ed il datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno.
A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n.27913 del 4 dicembre 2020, che ha condannato una SRL a risarcire il danno al dipendente che era stato vessato dai colleghi di lavoro. Il ristoro del danno è stato contabilizzato in 6 mila euro per un’inabilità temporanea di 90 giorni.
Le motivazioni della Cassazione
Secondo i giudici in questo caso vi è la responsabilità datoriale per la mancata adozione delle misure idonee a tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore, nonostante queste non siano ancora riconducibili all'art. 2087 c.c., costituente norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente considerate e valutate dal legislatore al momento della sua formulazione e che impone all'imprenditore l'obbligo di adottare, nell'esercizio dell'impresa, tutte le misure che, avuto anche riguardo alla particolarità del lavoro in concreto svolto dai dipendenti, siano necessarie a tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori.
Inoltre la Cassazione pone l’accento sul datore di lavoro, che nonostante, non si sia reso diretto responsabile degli attivi vessatori, non può essere esente dalla responsabilità di tutela del lavoratore. Dunque per i giudici, il datore di lavoro, deve essere garante della sicurezza del dipendente, a 360 gradi.
Viene quindi ripudiato l’ ideale produttivistico quale unico criterio cui improntare l'agire privato, in considerazione del fatto che l'attività produttiva è subordinata alla utilità sociale che va intesa non tanto e soltanto come mero benessere economico e materiale, sia pure generalizzato alla collettività, quanto, soprattutto, come realizzazione di un pieno e libero sviluppo della persona umana e dei connessi valori di sicurezza, di libertà e dignità.
Da Italia Oggi