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Gli infermieri su primario Brescia. Non ci sto ad uccidere per liberare letti

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 26/01/2021 vai ai commenti

AttualitàCoronavirusCronache sanitarie

Dalle conversazioni degli infermieri del pronto soccorso di Montichiari, emerge tutto l’orrore che avrebbe compiuto il dott. Mosca, primario accusato di avere ucciso due pazienti

 

«Anche a voi ha chiesto di somministrare i farmaci senza intubarli? Io non ci sto a uccidere questi solo perché vuole liberare i letti», dice uno. «Sono d’accordo con te, questo è pazzo», sono alcuni dei messaggi di una conversazione WhatsApp tra gli infermieri del pronto soccorso di Montechiari, il cui primario, il 46enne dott. Carlo Mosca, lunedì è stato arrestato con l’accusa di duplice omicidio pluriaggravato.

La storia

I fatti risalgono a Marzo, quando l’Italia fu travolta in maniera impetuosa dalla pandemia da Covid-19, e riguardano il pronto soccorso di Montechiari, Brescia, una delle città maggiormente colpite, insieme a Bergamo, dal coronavirus.

Lui è Carlo Mosca, primario del pronto soccorso. In quei giorni di angoscia, stando a quanto dichiarano gli inquirenti, sembrerebbe essersi macchiato di uno dei peggiori reati per un medico, l’uccisione di due pazienti.

Il primario infatti, avrebbe somministrato Succinilcolina e  Propofol a due degenti; farmaci che in dosaggi eccessivi possono provocare insufficienza respiratoria ed infine l'arresto cardiaco fino alla morte.

Sarebbero due i pazienti a cui Mosca avrebbe procurato la morte, Natale Bassi e Angelo Paletti, morti tra il 20 e il 22 marzo.

Nel primo caso la vittima – per quanto fosse grave – non versava in condizioni tali da poter morire nell'arco di cinque minuti, come invece è successo dopo l'intervento del primario.

Il 20 mattina Bassi avrebbe avuto una crisi respiratoria. Il dottor Mosca avrebbe quindi chiesto agli Oss e agli infermieri di portargli la succinilcolina e di "lasciarlo da solo in stanza con la vittima". Bassi sarebbe poi morto da lì a poco e un altro medico avrebbe scritto nella cartella clinica che il decesso era stato causato da un improvviso arresto cardiocircolatorio.

Per quanto riguarda la seconda vittima, Paletti Angelo, anche in questo caso l'autopsia ha rivelato che una "grave depressione respiratoria" che sarebbe stata causata dagli stessi fermarci utilizzati con Bassi.

Sembra che tutti si fossero accorti di quanto operato dal primario, così come emerge dalle conversazioni, ma nessuno abbia detto nulla, fino al 23 aprile , quando un infermiere segnala quanto stava accadendo, facendo scattare le indagini.

 

L’indagine

Tutto è partito da una segnalazione interna all'ospedale, il 23 aprile, da parte di un infermiere che si sarebbe opposto all'ordine ricevuto da Mosca di iniettare il farmaco a un paziente con difficoltà respiratorie.

Da qui l'inchiesta dei  pm Federica Ceschi e Corinna Carrara che ha portato alla riesumazione di due cadaveri,  su un altro decesso sospetto è stato impossibile procedere perché il corpo è stato cremato. Due, dunque, i casi incriminati.

 

Le accuse

Per il giudice, «Mosca non poteva non sapere, in forza della sua specializzazione e delle sue competenze, che né il propofol né, a maggior ragione, la succinilcolina erano contemplati dai protocolli di sedazione in materia di terapia del dolore».

Dalle indagini e dalle testimonianze, emerge un Mosca contro tutti, in aperto conflitto con gli infermieri che si rifiutano di somministrare i farmaci e che litigano con lui, «sono in disaccordo con i suoi disinvolti metodi» e lui fa da sé. La mattina del 23 marzo, giorno successivo alla morte di Paletti, un infermiere scatta la foto di due fiale vuote di porpofol e succinilcolina nel cestino dei rifiuti speciali e quella notte nessun paziente è stato intubato: «Deve dedursene che si trattasse proprio dei resti dei preparati iniettati a Paletti, deceduto poche ore prima», rileva il giudice. 

“Volevo chiederti se a te Mosca ha mai chiesto di fare del Midarin ai pazienti che stanno morendo in Pronto Soccorso”. “Scusami, ma qua non so cosa pensare perché ad alcuni è sembrata normale questa cosa tanto che me lo hanno raccontato. Comunque me l’aveva chiesto al telefono quando avevamo fatto la notte insieme”.

Dalla conversazione, chiosa il giudice, “emerge il tono di sincero sconcerto, incredulità, sdegno, frammisti a preoccupazione per le possibili conseguenze di una denuncia dell’accaduto”.

Il fatto che Mosca non abbia sanzionato, in quanto loro superiore, gli infermieri riluttanti a eseguire gli ordini, dimostrerebbe la sua consapevolezza di comportarsi fuori dalle regole.        

Quindi, da quanto riscostruito, sembra che ci fosse in Mosca l’intento di uccidere.

Infine è ancora emerso che il primario avrebbe chiesto a medici ed infermieri di mentire per lui, e dare una versione più accomodante dei fatti. Per questo Mosca resta quindi agli arresti domiciliari, così come si legge nell’ordinanza, non solo per il rischio di istigazione al falso, ma anche per il rischio che possa reiterare il reato, considerato che il Paese è ancora in emergenza Covid, e in particolare la Lombardia e la città di Brescia, e visto che il dottor Mosca riveste ancora l'incarico di primario di pronto soccorso nell'ospedale di Montichiari.

 

Da il Giorno e Fanpage