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Covid: tamponi antigenici rapidi. In quali casi sono meno efficaci?

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 07/04/2021 vai ai commenti

Professione e lavoroStudi e analisi

E’ stata pubblicata una recente revisione Cochrane sulla valutazione dei test rapidi per il rilevamento dell'infezione da SARS-CoV-2, e su quali riescano d  identificare correttamente i casi di COVID-19 

La revisione è stata condotta attraverso la ricerca elettronica del Cochrane COVID ‐ 19 Study Register e del COVID ‐ 19 Living Evidence Database dell'Università di Berna (che include aggiornamenti quotidiani da PubMed ed Embase e preprints da medRxiv e bioRxiv). Gli studiosi hanno quindi controllato i repository di Pubblicazioni COVID ‐ 19 che comprendevano valutazioni indipendenti da laboratori di riferimento nazionali, la Foundation for Innovative New Diagnostics e il sito web Diagnostics Global Health fino al 16 novembre 2020.

Sono disponibili due tipi di test rapidi da utilizzare presso i point-of-care, che utilizzano campioni da naso o gola.

I test antigenici identificano le proteine del virus e sono disponibili in cassette di plastica usa e getta simili ai test di gravidanza, con risultati disponibili entro 30 minuti.

I test molecolari rilevano invece il materiale genetico del virus, tramite analizzatori desktop o piccoli dispositivi portatili, con risultati che sono abitualmente disponibili dopo un periodo che va da 30 minuti a due ore. 

 

Sono state incluse settantotto coorti di studio (descritte in 64 rapporti di studio, comprese 20 pre-stampe), che riportavano i risultati per 24.087 campioni (7.415 con SARS ‐ CoV ‐ 2 confermata). Gli studi provenivano principalmente dall'Europa oe dal Nord America.

Abbiamo considerato il rischio di bias elevato in 29 (37%) studi a

I test antigenici hanno identificato come infetto in media il 72% delle persone che avevano infezione e mostrava sintomi; la sensibilità media era maggiore nella prima settimana dopo l'insorgenza dei sintomi (78,3%, 95% CI da 71,1% a 84,1%; 26 valutazioni; 5769 campioni, 2320 casi) rispetto alla seconda settimana di sintomi (51,0%, 95% CI da 40,8% a 61,0%; 22 valutazioni; 935 campioni, 692 casi). La sensibilità era alta in quelli con valori di soglia del ciclo (Ct) sulla PCR ≤25 (94,5%, IC 95% da 91,0% a 96,7%; 36 valutazioni; 2613 casi) rispetto a quelli con valori Ct> 25 (40,7%, IC 95% Dal 31,8% al 50,3%; 36 valutazioni; 2632 casi).

Nelle persone senza sintomi, invece, i test antigenici hanno identificato in media correttamente il 58% di coloro che erano stati infettati. I test antigenici hanno escluso correttamente l'infezione nel 99,5% delle persone non infette con sintomi simili a COVID-19 e nel 98,9% delle persone non infette senza sintomi. 

 

La sensibilità variava tra i marchi: per le persone con sintomi l'identificazione corretta variava dal 34% (test Coris Bioconcept), al 58% (test Innova) e arrivava fino all'88% (test SD Biosensor STANDARD Q) delle persone infette. I ricercatori hanno esaminato la prestazione di due delle marche di test più performanti (Abbott Panbio e SD Biosensor STANDARD Q) nelle persone con sintomi (dal 75% all'88% dei casi COVID-19 identificati correttamente) e nelle persone che non presentavano sintomi (dal 49% al 69% dei casi COVID-19 identificati correttamente). 

Gli autori concludono che i test dell'antigene variano in sensibilità. Nelle persone con segni e sintomi di COVID ‐ 19, la sensibilità è massima nella prima settimana di malattia, quando la carica virale è maggiore. A causa della sensibilità variabile dei test antigeni, le persone che risultano negative possono ancora essere infette.