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La Cassazione riscrive il peso del triage infermieristico: responsabilità e conseguenze

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/12/2025

La SentenzaLeggi e sentenze

La Cassazione, con la n. 15076/2025, interviene su un caso di decesso dopo accesso in Pronto Soccorso e lo fa mettendo al centro il triage infermieristico. Il risultato è una decisione che sposta in avanti il confine della responsabilità professionale dell’infermiere, andando ben oltre la mera correttezza formale della procedura.

Il caso: quando il triage diventa il primo imputato

La vicenda riguarda una paziente arrivata in PS con difficoltà respiratoria, valutata al triage e successivamente deceduta per arresto cardio-respiratorio.
Secondo la Cassazione, il problema non è solo “cosa è successo dopo”, ma cosa non è stato colto subito.

La Corte ritiene che:

  • il codice assegnato non fosse adeguato;

  • la sintomatologia iniziale avrebbe dovuto essere interpretata come più grave;

  • l’infermiere avrebbe dovuto attribuire un significato clinico più allarmante ai segni presenti.

Il triage, in questa sentenza, non è un atto neutro: diventa un nodo decisivo dell’intero percorso di cura.

Non basta seguire il protocollo

Uno dei passaggi più critici della sentenza è questo:
per la Cassazione non è sufficiente aver compilato correttamente la scheda di triage.

Secondo i giudici, l’infermiere non deve solo:

  • raccogliere i parametri;

  • registrare i sintomi riferiti;

  • applicare meccanicamente le linee guida.

Deve anche interpretare la gravità del quadro, valutare il rischio di evoluzione rapida e attribuire un codice che tenga conto non solo dei numeri, ma del contesto clinico complessivo.

È qui che il terreno diventa scivoloso.

Una valutazione che assomiglia sempre più a un giudizio clinico

Formalmente, la Cassazione ribadisce che il triage non è una diagnosi medica.
Ma nella sostanza chiede all’infermiere di:

  • riconoscere una possibile crisi respiratoria in atto;

  • anticipare un peggioramento clinico;

  • attribuire un codice più alto anche in assenza di parametri vitali inizialmente compromessi.

Il nesso causale: il triage come punto di non ritorno

Altro aspetto rilevante: la Cassazione considera l’errore di triage causalmente rilevante.

Secondo la Corte:

  • una sottovalutazione iniziale avrebbe ritardato l’intervento;

  • il ritardo avrebbe inciso sulla possibilità di intercettare l’evoluzione clinica;

  • questo rende il triage un anello critico della catena assistenziale.

In altre parole, il triage non è più solo “smistamento”: diventa un punto in cui si gioca la responsabilità penale.

Il grande assente: la realtà dei Pronto Soccorso

Nella sentenza, però, c’è un’assenza che pesa molto: la realtà quotidiana dei Pronto Soccorso italiani.

  • sovraffollamento cronico;

  • carenze di personale;

  • decine di accessi contemporanei;

  • tempi ridotti a pochi minuti per ogni valutazione.

La valutazione dell’infermiere viene analizzata a posteriori, con la lente della ricostruzione giudiziaria, non con quella della pratica reale.

Il rischio è evidente: trasformare il triage in un esercizio difensivo, dove per tutelarsi si sovrastima tutto, svuotando lo strumento del suo significato clinico.

Perché questa sentenza è un alert professionale

Questa decisione:

  • alza l’asticella della responsabilità infermieristica;

  • rafforza la posizione di garanzia dell’infermiere;

  • espone il triage a una lettura sempre più giudiziaria;

  • rischia di scaricare sull’operatore responsabilità che sono anche organizzative e sistemiche.