Iscriviti alla newsletter

Violenza sulle donne. Se a mancare sono la prevenzione e l'educazione sentimentale

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 25/11/2021 vai ai commenti

AttualitàCronache sanitarie

Sulla violenza di genere è stato scritto tutto e il contrario di tutto. Si sono consumati dibattiti infiniti, sia sulla carta stampata che nei talk-show televisivi.

Sono state condotte campagne educative e conoscitive sul fenomeno, in ambienti formali e informali. Eppure le donne continuano a subire violenza dagli uomini.

Il 2021, dai dati statistici a nostra disposizione, sembra non essere così dissimile dal 2005 o dal 1997 o dal 1983. Non importa l’anno, tanto ogni anno è uguale al precedente: 150 donne, in media, vengono uccise ogni anno in Italia. Poco meno di una ogni due giorni!

Il dato fa rabbrividire, soprattutto se pensiamo a quante iniziative, a quante campagne, a quanti dibattiti si sono consumati negli ultimi decenni!

Probabilmente sbagliamo l’approccio, l’impostazione didattico/educativa, i tempi, i toni…

A mio parere è sbagliata l’impostazione di base: ci stiamo trasformando sempre più in una società punitiva, ovvero preferiamo intervenire in sede di giudizio e poco (o nulla) in sede di prevenzione.

E di questo passo, non solo conteremo lo stesso numero di vittime anche nel 2022, ma il fenomeno sarà destinato sempre più a radicarsi e crescere.

Come faccio a dirlo? Semplice: ogni volta che un Paese alza l’asticella della punizione, il delinquente che alberga in ogni individuo si allena per saltare un po’ più in alto.

Inutile, quindi, invocare pene più severe, castrazione chimica, galera a vita, pena di morte.

Basti guardare agli Stati Uniti, il paese delle pene severissime (in alcuni Stati, perfino di morte), dove si registrano, in media, tre femminicidi al giorno!

Intendiamoci: le pene ci vogliono ed è giusto comminare pene severe a tutti quei violenti che consumano agiti violenti, sia fisici, sia psicologici, contro le donne.

Ma, nel contempo è necessario porre in essere severi programmi di prevenzione. Fin dalla culla!

Qualcuno ha detto che di “violenza di genere” se ne può parlare solo con ragazzi dai quindici anni in su. Perbacco! Niente di più sbagliato! È fin dall’età più tenera che il nucleo rabbioso e violento del delinquente comincia a prendere forma; quindi, usando tematiche e terminologie adeguate, è necessario intervenire sui giovani uomini fin da subito.

Lodevole iniziativa, ad esempio, quella messa in atto dalla Polizia di Stato attraverso il “Protocollo Zeus” (nome che evoca il primo caso di maltrattamento nella mitologia greca).

Attraverso questo protocollo, dopo una segnalazione alla Polizia da parte della donna maltrattata, prima ancora di arrivare ad un punto di non ritorno, il Questore procede a mettere in atto il cosiddetto “ammonimento”. Impone, cioè, al maltrattante un percorso di riflessione e recupero guidato che mira a prevenire agiti violenti o addirittura un possibile femminicidio.

Inizia quindi per l’ammonito un percorso che punta a un cambiamento profondo con l’obiettivo finale di incidere sui condotte recidive. Infatti il soggetto maltrattante, accede gratuitamente ad un ciclo di colloqui, nell’ambito del quale lo stesso ha la possibilità di riflettere e ricostruire, sul piano emotivo e cognitivo, le vicende che lo hanno condotto a porre in essere i comportamenti violenti, e quindi favorire la consapevolezza del disvalore sociale e della lesività degli atteggiamenti prevaricatori.

Si è infatti convinti che i comportamenti violenti non esplodono all’improvviso, ma sono preceduti da malfunzionamenti relazionali caratterizzati da dinamiche di escalation tant’è che, come noto, i femminicidi, nella maggior parte dei casi, sono precorsi da atti persecutori e/o episodi di maltrattamenti maturati in un contesto di isolamento di vittima e autore. Anticipare la soglia di protezione, intercettando i comportamenti che integrano i cosiddetti reati “sentinella” e impedire che vengano portati ad ulteriori e più gravi conseguenze, riducendo il rischio di recidiva, è il fine di questa strategia.

Si, perché come dicevo, una società civile non può limitarsi ad essere solo punitiva, ma deve sempre mirare al recupero dei suoi figli.

Che senso hanno una donna morta e un uomo in galera?