Iscriviti alla newsletter

Sicurezza sul lavoro: violenza e mobbing

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 19/06/2023 vai ai commenti

Professione e lavoroStudi e analisi

 

Quello della sicurezza sul lavoro è un problema di grande attualità.

Secondo i dati di ILO (International Labour Organization), ogni 15 secondi, nel mondo, un lavoratore muore sul lavoro a causa di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale e, sempre ogni 15 secondi, 153 lavoratori hanno un infortunio sul lavoro.

Si stima che, ogni giorno, 6.300 persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro o malattie professionali, causando più di 2,3 milioni di morti all’anno. Gli incidenti che si verificano annualmente sul posto di lavoro sono 317 milioni, molti dei quali portano ad assenze prolungate dal lavoro per malattia. Il costo umano di queste tragedie quotidiane è enorme e l’onere economico causato dalle scarse pratiche di messa in sicurezza dei luoghi di lavoro è stimato essere ogni anno nel 4% del prodotto interno lordo mondiale.

===================

Un infortunio sul lavoro è un evento dovuto ad una causa violenta ed esterna, che produce lesioni traumatiche ad un individuo durante lo svolgimento della sua attività lavorativa. E’ importante ricordare che per infortunio sul lavoro si intende anche il cosiddetto “infortunio in itinere“. Questo comprende gli infortuni occorsi al lavoratore:

  • nel tragitto per recarsi o tornare dal luogo di lavoro a casa
  • durante gli spostamenti da una sede di lavoro ad un’altra
  • nei tragitti per usufruire del pasto (nel caso in cui non sia presente una mensa aziendale)

L’infortunio è considerato tale, e quindi suscettibile ad indennizzo, se comporta la morte o inabilità per il lavoratore, permanente o temporanea, e se per esso siano necessari più di tre giorni di astensione dal lavoro.

Sono coperti anche tutti gli infortuni sul lavoro che sono direttamente causati dal lavoratore stesso per negligenza, impudenza o imperizia.
===================

Lo scopo di questa serie di articoli è quello di porre all’attenzione delle nostre numerose lettrici e altrettanto numerosi lettori la questione della sicurezza sul lavoro che, tra i tanti temi che ci affliggono e che sono legati al nostro quotidiano lavorativo, è sicuramente uno dei più importanti.

Ovviamente ci occuperemo di sicurezza negli ambienti sanitari, che è il tema che più ci riguarda.

Settimanalmente pubblicheremo 8 articoli, rispettando il seguente indice:

  1. Rischio biologico
  2. Rischio muscoloscheletrico parte 1: sollevamento pesi
  3. Rischio muscoloscheletrico parte 2: scivolamento e cadute
  4. Stress ed “esaurimento nervoso”
  5. Violenza e “mobbing”
  6. Orario di lavoro
  7. Abuso di sostanze
  8. Rischio chimico

 

5. Violenza e "mobbing"

Nei luoghi di lavoro non sono infrequenti le situazioni di violenza e “mobbing”, anche se sull’uso di questi termini vige un discreto livello di confusione.

Prima ancora di addentrarci nel tema specifico, quindi, vanno meglio precisate alcune definizioni.

Per “violenza” si intende un’azione violenta, una manifestazione di forza impetuosa e aggressiva. Può essere fisica, verbale, psicologica. Può essere messa in atto da pazienti (o familiari) e da colleghi. In questo secondo caso parleremo di mobbing, bullismo o vessazioni.

Per “mobbing” si intende, da definizione di Heinz Leymann (1932-1999), pioniere della ricerca relativa al bullismo sul lavoro, un “comportamento ostile e poco etico adottato in maniera sistematica da uno o più lavoratori nei confronti di un collega, che viene in tal modo costretto in una posizione priva di difese e tutele, mediante atti continui di violenza”. Per essere definito “mobbing”, tali episodi si devono verificare molto frequentemente (statisticamente, almeno una volta alla settimana) e devono protrarsi a lungo (statisticamente, per almeno sei mesi).

Il bullismo sul lavoro è un comportamento ripetuto e irragionevole diretto nei confronti di un dipendente o di un gruppo di dipendenti, che rappresenta un rischio per la salute e la sicurezza. Nell’ambito di tale definizione:

  • per “comportamento irragionevole” si intende il comportamento che una persona ragionevole, considerando tutte le circostanze, percepirebbe come umiliante, oppressivo o minaccioso;
  • per “comportamento” si intende un insieme di azioni da parte di individui o di un gruppo. Anche un sistema di lavoro può essere utilizzato come strumento per umiliare, minacciare o annichilire una persona;
  • per “rischio per la salute e la sicurezza” si intende un rischio per la salute fisica o psichica di un lavoratore.

Il bullismo spesso implica un abuso di potere, se la vittima ha difficoltà a difendersi.

Nel concetto di “vessazioni” sono inclusi gli atti ostili o i comportamenti offensivi indesiderati. Possono anche essere comprese le molestie sessuali. Ogni episodio di vessazione sul lavoro è una forma di discriminazione esplicitamente vietata dalla legge.

Dicevamo, in apertura di articolo, che gli atti di violenza possono essere agiti da pazienti (o familiari) e da colleghi.

Riguardo al primo punto, se è pur vero che spesso gli atti aggressivi sono del tutto immotivati, altrettanto spesso è possibile individuare la causa che ha innescato la spirale violenta.

Possiamo, ad esempio, affermare che alcune carenze comunicative o un’incapacità di capire il linguaggio del corpo possano dar adito a malintesi. Nelle aziende sanitarie ritroviamo, nei piani formativi, ampie offerte di aggiornamento professionale di stampo tecnico-sanitario e pochissimi format riguardo aspetti relazionali o comunicativi. Il risultato è che spesso il personale è inadeguato a gestire alcune situazioni conflittuali. Come, ad esempio, verso alcune categorie di pazienti, come quelli che ritroviamo in settori psichiatrici, neurologici o delle dipendenze.

Talvolta l’incomprensione e il conflitto maturano su alcuni aspetti caratteriali (arroganza o inflessibilità) o su aspetti organizzativi (regolamenti interni rigidi, restrizioni alla libertà di movimento, un’eccessiva burocrazia o la scarsità di personale).

La mancanza di forme di protezione preventive all’interno di una struttura è dimostrata dall’assenza di piani di emergenza, dalla mancanza di vie di fuga e dalla presenza di zone buie che è difficile sorvegliare. Per la prevenzione è importante prevedere le situazioni in cui possono verificarsi episodi di violenza ed essere pronti a intervenire.

Per quanto riguarda, invece, il secondo punto, il mobbing tra colleghi o in rapporto con i superiori può assumere varie forme e ciò rende difficile la sua identificazione. Solitamente, il mobbing è associato alla percezione di uno stress importante, dovuto a fattori di carattere organizzativo come una leadership inadeguata. Per quanto concerne le misure organizzative, il mobbing può manifestarsi in queste forme:

  • assegnazione di compiti umilianti;
  • isolamento sociale;
  • attacchi alla persona e alla sua sfera intima;
  • aggressioni verbali e fisiche;
  • circolazione di malelingue.

Se si considerano i responsabili del mobbing, si riscontrano varie costellazioni di individui. Si può avere, per esempio:

  • mobbing verticale (bossing): mobbing da parte di un superiore gerarchico (detto anche bullismo dall’alto verso il basso);
  • staffing: psicoterrore da parte dei lavoratori nei confronti dei superiori (detto anche bullismo dal basso verso l’alto);
  • episodi di tirannia nei confronti di colleghi sullo stesso piano gerarchico.

In ogni caso tali atteggiamenti, se non intercettati in tempo, possono causare numerosi danni, sia al soggetto vittima del mobbing, sia all’organizzazione. Ansia, situazioni stressogene, disturbi psicosomatici, burn-out, demotivazione, causano sia al lavoratore che all’azienda danni spesso notevoli e irreparabili.

È necessario che le organizzazioni strutturino, dalle linee guida alle consuetudini quotidiane, il concetto, ferreo e inamovibile, della tolleranza zero nei confronti del mobbing. Che dia indicazioni ai propri quadri intermedi di creare incarichi di lavoro, tra i propri collaboratori, con chiare responsabilità e ambiti di competenza. Inoltre, che vengano acquisite, da tutto il personale, tecniche per la gestione dei conflitti e la comunicazione (anche sotto forma di aggiornamento professionale all’interno dell’azienda).