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I dipendenti vivono 5 anni in meno rispetto ai dirigenti. I dati INPS

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/09/2023 vai ai commenti

Professione e lavoroStudi e analisi

I lavoratori dipendenti italiani vivono mediamente cinque anni in meno rispetto ai loro colleghi dirigenti, secondo i dati del XXII rapporto annuale dell'INPS presentato dalla Commissaria Micaela Gelera a Montecitorio.

Questo rapporto fornisce importanti informazioni sull'occupazione, il lavoro, le pensioni e le misure di sostegno ai cittadini nel paese.

Il divario nell'aspettativa di vita tra dipendenti e dirigenti è evidente, con un lavoratore dipendente con un reddito basso che ha un'aspettativa di vita media di circa 67 anni, mentre un dirigente gode di almeno cinque anni di vita in più. Questa disuguaglianza è attribuita principalmente a differenze significative nei redditi, sia durante la carriera lavorativa che nella fase pensionistica.

In particolare, l'aspettativa di vita di un ex lavoratore dipendente nel primo quintile di reddito, quindi tra i meno abbienti, è quasi cinque anni inferiore a quella di un ex dirigente d'impresa nel quinto quintile più alto.

Questa disparità è il risultato di molteplici fattori, tra cui la disponibilità di risorse per la salute, una migliore educazione e più opportunità per affrontare le sfide.

La differenza è evidenziata anche dalle condizioni lavorative, con i dipendenti che devono fare i conti con ritmi intensi, bassi salari e scarse opportunità di avanzamento di carriera. Questi fattori contribuiscono a generare uno stress cronico che aumenta il rischio di malattie come diabete, ipertensione, depressione e infarto.

 

Gli altri dati

I pensionati sono circa 16 milioni, di cui il 52% donne, emerge dal rapporto, e l’importo lordo della spesa è poco sopra i 320 miliardi di euro. L’età media del pensionamento degli uomini è passata da 62 anni del 2012 a 64,2 nel 2022, mentre quella delle donne da 61,3 a 64,7. L’importo medio percepito dagli uomini (1.969 euro) è superiore del 36% a quello delle donne. La differenza in reddito da pensione tra uomini e donne deriva per la maggior parte dal minor numero di anni di contribuzione di queste ultime Più della metà della spesa pensionistica è per prestazioni di anzianità/anticipate. Inoltre la somma delle maggiori uscite dal lavoro derivanti dal sistema delle quote (100, 102 e 103) è superiore alla somma dei risparmi e perciò aumenta il valore del debito pensionistico.

Tra il 2019 e il 2022 “quota 100” (62 anni di età e 38 anni di contributi) ha reso possibile l’uscita anticipata di 432.888 lavoratori. Con “quota 102” (64 anni di età e 38 anni di contributi) le domande accolte sono state 10.563. Infine, con “quota 103” (62 anni di età e 41 anni di contributi) l’asticella nel 2023 si è abbassata a 5.125 uscite. E poi. All’inizio dell’anno le donne andate in pensione con “Opzione donna” erano 174.535. Questi pensionamenti rappresentano il 16,3% del complesso delle pensioni anticipate liquidate a donne dal 2010 e l’assegno medio è del 39,8% più basso rispetto alla media delle anticipate (1.171,19 euro contro 1.946,92 euro).