Iscriviti alla newsletter

Addio attese Infinite per il TFR e stop a esclusi malattia: cosa cambia per i dipendenti pubblici

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/08/2025

AttualitàGovernoLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

 

Roma – Con l’articolo 16 del nuovo decreto-legge sulle Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni, il governo introduce una stretta razionalizzazione delle norme che regolano l’inidoneità e l’inabilità al lavoro per i dipendenti pubblici. Un passaggio tecnico ma decisivo, destinato a cambiare in modo profondo l’approccio alla gestione delle situazioni di invalidità nei settori pubblici, almeno per i neoassunti. 

Un nuovo riferimento normativo per l’invalidità

Il cuore dell’articolo è al comma 1: per i dipendenti pubblici assunti dopo l’entrata in vigore del decreto, il riferimento normativo per accertare invalidità, inabilità e inidoneità al lavoro sarà la legge n. 222 del 12 giugno 1984, ovvero quella che regola l’invalidità pensionabile nell’ambito del settore privato. Finora, i comparti pubblici disponevano di un impianto più frammentato, con criteri variabili tra casse pensionistiche e categorie professionali.

Il nuovo impianto si applicherà a chi è iscritto alla Gestione separata CTPS e ad altri enti pensionistici come CPDEL, CPS, CPI, CPUG, oltre al Fondo delle Ferrovie dello Stato e a quello delle Poste. La novità porta a una maggiore uniformità di trattamento, avvicinando la pubblica amministrazione ai criteri già in vigore nel settore privato.

 

In sostanza, anche nel pubblico impiego si introduce un principio già collaudato nel settore privato: chi subisce una riduzione della capacità lavorativa al di sotto di un terzo non viene automaticamente allontanato dal lavoro, ma può continuare a operare nella propria mansione ricevendo un’integrazione economica a sostegno della sua condizione.

La novità si applica solo ai dipendenti assunti a partire dal 15 marzo 2025, giorno in cui entra in vigore il decreto.

Trattamento di fine servizio: stretta sui tempi

Il comma 2 introduce un’altra novità rilevante: il pagamento del trattamento di fine servizio (TFS) o di fine rapporto (TFR) dovrà avvenire entro tre mesi, in linea con quanto previsto dal decreto-legge n. 79 del 1997. Una misura che intende velocizzare i tempi burocratici e ridurre le attese – spesso lunghe – per i lavoratori pubblici che lasciano il servizio per motivi di salute.

Chi resta fuori: il personale in divisa

Ma non tutte le categorie saranno toccate dalla riforma. Il comma 3 fa una distinzione netta: Forze armate, Forze di polizia e Vigili del fuoco continueranno a essere regolati dal proprio impianto normativo. Una deroga giustificata dalla “specificità della funzione”, già riconosciuta dalla legge n. 183 del 2010. In pratica, per il comparto sicurezza e soccorso pubblico restano in vigore i criteri precedenti, a tutela delle peculiarità operative e del rischio professionale.

Unificare per semplificare (e contenere la spesa)

Il provvedimento si inserisce in un contesto più ampio di riforma della PA, in cui il governo intende semplificare, ridurre le difformità tra comparti e razionalizzare la spesa pubblica. Unificare le regole sull’invalidità serve anche a ridurre il margine di discrezionalità nelle valutazioni e nei contenziosi, e a limitare l’onere economico legato a trattamenti pensionistici anticipati.

Tuttavia, la misura non è priva di criticità. Le rappresentanze sindacali del pubblico impiego, in particolare nel comparto sanità e scuola, hanno già espresso timori su possibili effetti peggiorativi per i lavoratori, soprattutto in termini di tutela. Il rischio, secondo alcuni, è quello di scaricare sulle categorie più deboli l’onere della razionalizzazione.