L’infermiere esperto come motore del cambiamento nei reparti di Medicina: l’esperienza della ULSS 8
Nell’attuale scenario sanitario, dove carenza di personale, turn-over elevato e crescente complessità assistenziale sono all’ordine del giorno, la necessità di modelli organizzativi più efficaci è più che mai urgente. Uno studio innovativo condotto da Giulia Marini (Università degli Studi di Verona) insieme a Fabio Vicariotto, Marisa Padovan, Andrea Cenzato e un team di professionisti dell’Azienda ULSS 8 Berica di Vicenza, ha messo al centro una figura spesso sottovalutata: l’infermiere esperto (IE).
Un nuovo ruolo per una nuova sanità
Il progetto ha preso forma all’interno dell’Unità Operativa Complessa (UOC) di Medicina Generale dell’ospedale hub di Vicenza, articolato in tre fasi: definizione del profilo professionale, introduzione del nuovo modello assistenziale, e valutazione dell’impatto tramite focus group. La figura dell’IE nasce come risposta concreta a criticità organizzative sempre più diffuse: inesperienza diffusa nel personale (quasi il 60% con meno di 3 anni di servizio), comunicazione discontinua tra professionisti e insoddisfazione lavorativa.
L’obiettivo? Rafforzare la qualità dell’assistenza valorizzando le competenze cliniche avanzate, senza invadere il campo manageriale.
Chi è e cosa fa l’Infermiere Esperto
Ispirandosi al modello internazionale del charge nurse e ai principi dell’Advanced Practice Nursing dell’ICN, l’IE è stato definito come un professionista clinicamente autorevole, con responsabilità precise su cinque assi: supervisione e mentoring del team, assistenza nei casi ad alta complessità, pianificazione delle attività, comunicazione intra-team, e collaborazione interprofessionale.
Non un capo, ma un punto di riferimento clinico, operativo nei momenti critici: ventilazione non invasiva, dimissioni complesse, gestione fine vita, e molto altro. Una figura di prossimità, presente accanto al personale, ai pazienti e ai familiari, senza funzioni valutative, per preservare la neutralità necessaria al ruolo di mentore.
La formazione: leva strategica
Il percorso non si è improvvisato. I 10 infermieri selezionati per il ruolo di IE (tutti con almeno tre anni di esperienza) hanno seguito un programma formativo ECM di 150 ore, suddiviso in moduli pratici su leadership, coaching, assessment clinico avanzato, educazione terapeutica e evidence-based practice. Il corso, distribuito parallelamente all’inserimento operativo degli infermieri esperti, ha favorito un’integrazione immediata tra apprendimento e pratica clinica.
Un impatto misurabile e percepito
Dai focus group, condotti sei mesi dopo l’introduzione del nuovo modello, emerge una figura che ha saputo guadagnarsi il ruolo di “regista dietro le quinte”. Gli IE sono percepiti come guida, supporto, facilitatori di comunicazione e promotori di una cultura della riflessione e della crescita condivisa. Hanno accompagnato l’ingresso di nuovi assunti, identificato bisogni formativi e collaborato con i coordinatori per il monitoraggio della qualità.
Il rapporto con i coordinatori infermieristici si è rivelato collaborativo e complementare, a patto di mantenere una chiara distinzione dei ruoli. “Parliamo la stessa lingua”, affermano i coordinatori, sottolineando come la sinergia con l’IE rafforzi l’intero impianto assistenziale.
Verso il riconoscimento formale
L’esperienza ha già prodotto un risultato concreto: il conferimento ufficiale dell’incarico professionale di “IE Clinico di Area Medica” per i 10 infermieri coinvolti, secondo quanto previsto dal CCNL 2019–2021. Una mossa che va oltre il simbolico: significa riconoscere che l’avanzamento di carriera può – e deve – avvenire anche orizzontalmente, attraverso l’eccellenza clinica.
Una sfida culturale, non solo organizzativa
Lo studio coordinato da Giulia Marini evidenzia però anche le criticità. L’urgenza del cambiamento ha limitato il coinvolgimento iniziale di tutto il team multidisciplinare. Una formazione anticipata rispetto all’introduzione operativa avrebbe forse garantito maggiore coesione. Ma la strada tracciata è chiara: l’IE rappresenta una risposta concreta all’instabilità dei team, alla perdita di expertise e alla frammentazione dell’assistenza.
L’infermiere esperto non è una figura “di mezzo”, ma una leva strategica per trasformare l’assistenza sanitaria. Il modello sviluppato dall’ULSS 8 Berica è un esempio concreto di come si possa progettare e implementare un cambiamento culturale, non solo organizzativo. Ora serve continuare a monitorare l’impatto – anche in termini quantitativi – e diffondere queste esperienze per creare una sanità più solida, più competente e più umana.
da:
Marini G, Vicariotto F, Padovan M, Cenzato A, Bosco P, Grotto S, Donadello A, Fracca L, Bogoni E, Bastillo E, Cavion M, Calabrò S, Stefani I, Bigarella S, Varotti G, Pretto A, Randon G, Barbieri A. La figura dell’infermiere esperto nell’Unità operativa complessa di area medica: un’esperienza di introduzione del ruolo. Assist Inferm Ric2025;44(3):97-105. doi 10.1702/4564.45635
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