Il DEMANSIONAMENTO: da dove nasce, perché si afferma, come superarlo... secondo il Prof. Ivan Cavicchi
Intervista al prof. IVAN CAVICCHI sul
DE MANSIONAMENTO
di Chiara D’Angelo
Ringraziamo, prima di tutto, i nostri lettori per il grande riscontro dato in termini di accessi alle ultime due interviste al prof. Cavicchi, che abbiamo pubblicato nelle settimane scorse.
Oggi riportiamo una nuova perla, che il professore ci ha gentilmente concesso in merito ad un argomento dolorosamente sentito dalla nostra categoria: il demansionamento. In questo nuovo dialogo il prof. Cavicchi ci porta dritti al centro della sua idea di evoluzione della professione infermieristica, oggi ostaggio di molteplici avversità. In questo percorso ideale che il professore ci delinea man mano che l’intervista scorre, capiremo meglio (io per prima l’ho fatto!) passaggi a primo acchito difficili da afferrare nelle sue precedenti interviste. Sullo sfondo il codice deontologico, di cui vengono messe in luce le debolezze e le contraddizioni. Infine non possono mancare le proposte per uscire dalla condizione attuale: forti, originali ed anche “sovversive” (mi si passi il termine, improprio certamente) e per ciò stesso affascinanti, così come si dimostra ancora una volta essere il pensiero del professor Cavicchi.
Questa volta professore vorrei invitarla a parlare di un problema circoscritto che la mia categoria sente e soffre molto, mi riferisco al demansionamento
Le dico subito che il de mansionamento non è ne un problema circoscritto ne un incidente di percorso e meno che mai l’effetto di un’ occasionale disorganizzazione. Il de mansionamento è l’effetto combinato della post ausiliarietà di cui abbiamo parlato la volta precedente e della decapitalizzazione del lavoro, cioè delle restrizioni imposte al lavoro inteso come il principale capitale della sanità. Non si risolve il problema se non affrontando tanto i problemi della post ausiliarietà che quelli del lavoro. Ricordo che le principali forme di decapitalizzzione del lavoro sono il blocco del turn over, dei contratti, il sotto dimensionanemento degli organici, la compressione dei minuti di assistenza , il rapporto squilibrato nel numero tra professioni diverse, il costo zero ecc. Il demansionamento, il precariato, la disoccupazione, il blocco dei salari sono tutti figli della decapitalizzazione del lavoro.
Cosa intende dire? Mi spieghi meglio...
Prima di ogni cosa vorrei riflettere sul significato di de mansionamento. Nel linguaggio corrente questa parola viene usata per indicare:
- una sottoutilizzazione dell’infermiere
- una utilizzazione distorta della sua professionalità
- un suo impiego improprio.
Il famoso “tappa buchi”. Non vi sarebbe tappabuchi se non vi fosse un grande senso di responsabilità da parte dell’infermiere. Per il bene del malato nella contingenza egli sacrifica i suoi diritti. Questo diventa un grosso problema se è una consuetudine. Se al contrario l’infermiere fosse rigidamente interprete del suo profilo, rifiutandosi alla consuetudine tutto salterebbe per aria in un minuto .
Quindi Il tappabuchi o post ausiliarietà o de mansionamento ha un triplo significato:
- deontologico perché è snaturamento della professione
- sindacale perché è sfruttamento della professione
- giuslavoristico perché lede i diritti di chi lavora e di chi non lavora o è precario
Ma secondo lei professore il demansiomento è un problema solo sindacale o anche un problema dei Collegi?
Nel codice deontologico degli infermieri la ragionevolezza che fa di un infermiere un tappabuchi, è addirittura normata laddove a proposito di disfunzioni e disservizi, cioè di buchi, si dice che l’infermiere si adopererà per tapparli.
Nell’art 49 si dice che “l’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera”, precisando che, nei casi in cui il disservizio sia “abituale o ricorrente” l’infermiere non deve “compensare” cioè tappare i buchi perché se lo facesse pregiudicherebbe “il suo mandato professionale”.
Poi nell’articolo successivo, l’art 50 si dice che “l'infermiere, a tutela della salute della persona, segnala al proprio Collegio professionale le situazioni che possono configurare” l’esercizio abusivo della professione infermieristica”.
Infine nell’art 51 si dice che “l'infermiere segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro dell'esercizio professionale”.
Il combinato disposto di questi tre articoli ci dice che il demansionamento è un abuso della professione e che come tale va segnalato al Collegio professionale. Per cui a mio parere il demansionamento è primariamente un problema dei Collegi perché prima di essere un problema sindacale esso è un problema primariamente deontologico anzi, mi chiedo: cosa aspetta la Federazione Nazionale a mettersi a disposizione dei suoi iscritti? E poi trovo curioso che la Federazione Nazionale sia competente quando si parla di rimansionamento, come per le competenze e/o mansioni avanzate (ora dicono specialistiche), la specializzazione, e incompetente quando si parla di de-mansionamento. Delle due una o il collegio si occupa di mansioni o non si occupa di mansioni. Se decide di occuparsi di mansioni allora non può lasciare ad altri le rogne del demansionamento.
Vi è un altro aspetto professore che vorrei che lei mi chiarisse, nel nostro dibattito interno vi è chi sostiene che non si ha demansionamento se esso è saltuario cioè non duraturo...
Guardi... trovo discutibile che per definire un problema che riguarda la divisione del lavoro e i rapporti carenti tra professioni, si usi il parametro del tempo... come dire che una fregatura se dura poco non è fregatura se dura tanto invece è una fregatura. Indipendentemente dal tempo la fregatura resta ontologicamente una fregatura, la cui entità certamente cambia se essa è piccola o grande. Il punto vero è che il demansionamento non riguarda la sua durata e la sua persistenza ma la divisione del lavoro tra operatori e le dotazioni degli organici. Il demansionamento, indipendentemente dalla sua saltuarietà o meno, è sempre in rapporto ad un lavoro che dovrebbe essere svolto da altri e che gli altri non fanno, il più delle volte perché gli organici sono carenti. Il problema del demansionamento è piccolo se è saltuario ma è grande se le carenze organizzative sono una consuetudine . Ma insisto sempre demansionamento resta. Poi vi è un’altra situazione nella quale il buon senso suggerisce che le mansioni normali siano esercitate in modo flessibile e ragionevole. Ma in questo caso la chiamerei flessibilità nell’esercizio del proprio lavoro se invece si tratta di provvedere al lavoro degli altri non si ha più flessibilità ma demansionamento. Le faccio un esempio: se a competenze correttamente svolte capita una circostanza che richiede che il medico o l’infermiere o l’Oss faccia qualcosa che in genere esorbita dalle loro competenze, questo certamente non è demansionamento ma è un uso flessibile delle competenze suggerito dalla contingenza. Ma se non è demansionamento una volta finita la contingenza tutto torna nella normalità. Quindi per riassumere: il demansionamento riguarda le patologie della divisione del lavoro, di cui abbiamo parlato nell’intervista precedente, e le sue disorganizzazioni interne.
Ricordo che nel 2009 lei partecipò ad un convegno organizzato a Bolzano dall’Ipasvi provinciale proprio sul codice deontologico al quale ero presente anch’io dove stupì tutti con una analisi critica del codice e in particolare di questi articoli; allora lei ci spiegò che l’art 49 si sarebbe rivelato un errore, ma ricordo anche che la cosa non fu presa bene dalla Federazione Nazionale...
Sì fu un convegno organizzato per la giornata internazionale dell’infermiere. Io vi partecipai perché a quel tempo di tanto in tanto facevo lezione a Bolzano per conto della mia università e con gli studenti organizzai delle giornate di studio proprio sul codice deontologico. Tra i miei studenti vi era la responsabile IPASVI di Bolzano e che aveva organizzato il convegno. Una persona straordinaria che amava la sua professione e che in quella circostanza, era combattuta tra la necessità di leggere criticamente il Codice e la necessità comunque di farlo passare. Nella sua introduzione lei riuscì a fare l’uno e l’altro con grande onestà, serietà e sensibilità. Già allora era chiaro che gli articoli 49, 50, 51 erano una trappola e una giustificazione al demansionamento..., “carenze e disservizi” già allora erano “abituali e ricorrenti” e ancora non c’erano ne i tagli lineari ne il de finanziamento. L’eccezione descritta dall’art 49 non ha confermato ma annullato la regola perché è diventata consuetudine.
Lei quindi è convinto non solo che il de mansionamento sia un problema deontologico ma che il codice deontologico è, se mi permette la battuta, de mansionante
L’articolo 49 è stato ideato per sottolineare il senso di responsabilità dell’infermiere in un momento in cui la baracca cominciava a scricchiolare parecchio. Poi il peggioramento delle condizioni contestuali ha mostrato le debolezze intrinseche di questo articolo, che a dir il vero non sono le uniche... Se penso ad esempio alla “guerra per le competenze”, ai conflitti tra professioni, allo spirito competitivo tra infermieri e medici, mi viene da sorridere quando leggo il codice deontologico....
A cosa si riferisce in particolare.....
In particolare mi riferisco all’art 8 che mira a favorire il dialogo, all’art 14 in cui si dice che l’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'integrazioneinterprofessionale sono modalità fondamentali, all’art 23 dove si parla d’informazione integrata multi professionale, all’art 27 in cui si dice che l’ infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazionedi una rete di rapporti interprofessionali... vuole che continuo?
Mi fa capire meglio le dinamiche che legano il disservizio e il de mansionamento?
Vorrei invitarla a riflettere sulla complementarietà tra i due affissi “dis”... servizio e “de”... mansionamento. Nella nostra lingua “dis” vuol dire che qualcosa si allontana da una condizione di normalità, quindi nel nostro caso significa “dis-organizzazione” causata principalmente da organici carenti e da una cattiva organizzazione del lavoro, “de” invece vuol dire perdere la propria natura, la propria identità, cioè perdere le proprie caratteristiche professionali. Le faccio un esempio pratico:
- “dis-armonico ” vuol dire allontanarsi dall’armonia,
- “de-colorato” vuol dire perdere il proprio colore.
Demansionamento e decapitalizzazione del lavoro hanno lo stesso significato in quanto vogliono dire togliere al lavoro delle caratteristiche funzionali, cioè impoverirlo. La catena conseguenziale è la seguente:
- alle varie forme di decapitalizzazione del lavoro, corrisponde dis-servizio
- a dis-servizio corrisponde de-mansionamento
- a de mansionamento corrisponde deprofessionalizzazione.
Cioè ad una decapitalizzazione del lavoro nelle sue varie forme, corrisponde:
- uno snaturamento deontologico
- uno sfruttamento sindacale.
Le ho detto prima che demansionamento e post ausiliarietà sono praticamente la stessa cosa e che nella post ausiliarietà l’infermiere è fisiologicamente demansionato perché quello che sta scritto nella legge non è applicato. Ebbene vorrei rimarcare che qualsiasi norma che definisca un nuovo infermiere senza specificare la nuova organizzazione del lavoro, quindi senza chiarire le forme della ricapitalizzazione che la sua definizione implica, produrrà inevitabilmente de mansionamento perché le vecchie organizzazioni del lavoro si riproporranno rispetto alla nuova professionalità dell’infermiere, fatalmente come dis-organizzazioni anche in condizioni normali... figurarsi in condizioni di carenza organizzativa strutturale. Insomma demansionamento e post ausiliarietà sono la stessa cosa.
Quindi lei dice che l’infermiere nella post ausiliarietà è già demansionato perché non è messo in condizioni di esprimere a pieno la sua professione e che a questo demansionamento di base si aggiunge quello legato alla decapitalizzazione del lavoro? A me sembra che tutto questo sia un gran casino... dove la mano sinistra non sa cosa fa la mano destra… mi riferisco ai rapporti tra deontologia e pratica professionale...
Sì... è così... Esiste una grande confusione, gradi di incoerenza molto elevati ma soprattutto tante contraddizioni. Resto stupefatto dal fatto che nella legge si decide un profilo poi nel codice si propone un sotto profilo per le contingenze, quello del tappa buchi e che spesso viene spacciato per polivalenza. Ma la cosa che mi impressiona di più è la regressività dell’idea di mansione nonostante si sia superato a parole il mansionario, nonostante si parli di competenze avanzate ecc. Cioè mi colpisce la pervicace resistenza al cambiamento della mentalità tayloristica di cui abbiamo parlato l’ultima volta che non vuole passare la mano. Se parliamo di de mansionamento è perché esistono delle mansioni cioè sussiste il taylorismo. La mia impressione è che la mansione di fatto resta ancora il principale indicatore professionale dell’infermiere, ma solo perché a tutt’oggi non si è riusciti ad elaborare qualcosa di più attuale. “Opera” è proprio un’altra cosa da “mansione”.
Quindi il demansionamento è quasi un problema strutturale... più che contingente?
Il demansionamento nasce da contraddizioni che non sono inconvenienti di percorso ma rivelano che c’è qualcosa di sbagliato nel ragionamento strategico di fondo degli infermieri. A me il demansionamento dice che è arrivato il momento di cambiare strategia. Esso con l’aria che tira è destinato a crescere non a diminuire. Perchè la decapitalizzazione del lavoro con le restrizioni finanziarie è destinata a crescere. Il patto per la salute deve garantire 10 mld di risparmi. Trovo curioso che in questa situazione l’infermiere sia usato per tappare i buchi dei medici con le mansioni avanzate e per tappare quelli degli Oss con il de mansionamento... tutto a costo zero. Non crede che bisogna cambiare strategia?
Lei dice che il de mansionamento è un problema prima dei Collegi poi dei sindacati... Cosa possono fare i Collegi e cosa possono fare i sindacati?
Prima di ogni cosa dovrebbero ritrovarsi intorno ad un tavolo comune e discutere insieme cosa fare.
Detto ciò i Collegi devono fare due cose:
- ripristinare e garantire da subito le condizioni deontologiche necessarie per lo svolgimento corretto della professione e contemporaneamente aggiornare il codice deontologico
- proteggere concretamente gli infermieri dagli abusi professionali e coprirli nelle loro legittime ricusazioni perché gli avvocati costano
Il sindacato deve:
- contrattualizzare la deontologia e le organizzazioni del lavoro ad essa necessarie
- difendere l’infermiere dallo sfruttamento, cioè dall’uso sottopagato della sua professionalità difendendone il salario.
Ma è un problema di pura applicazione delle norme?
Secondo me garantire le condizioni deontologiche necessarie oggi vuol dire che più che applicare delle norme, che, ad ogni livello si sono rivelate contraddittorie, si tratta di rimuovere le contraddizioni tra le norme e la realtà. Per cui il codice va ripensato e in fretta. Ma oltre alle contraddizioni del codice ad appesantire la situazione vi sono quelle legate alla definizione di professione, quindi a come è definito il profilo dell’infermiere. Per difendere qualcosa questo qualcosa deve essere ben definito se non è ben definito la sua difesa sarà lacunosa. A monte del demansionamento vi è una definizione poco circostanziata della professione infermieristica, perché la definizione del profilo, come ho detto tante volte, è una “definizione circoscrivente” non “circoscritta”, cioè generica. Il persistere del mansionario e il de mansionamento è favorito dalla definizioni generica di professione della 42 perché in genere le definizioni generiche eccedono in flessibilità e in interpretazioni.
Quindi le definizione generiche sono inevitabilmente approssimative e quelle approssimative si espongono a delle interpretazioni le più svariate
Le definizioni generiche sono meno “prescrittive” e più “proscrittive”:
- prescrittivo vuol dire che tutto ciò che non è esplicitamente consentito è vietato
- proscrittivo vuol dire che tutto quanto non è vietato è permesso.
La logica con la quale si è scritto il profilo degli infermieri negli anni 90, è soprattutto proscrittiva cioè circoscrivente. Si pensava in questo modo di dare all’infermiere più possibilità professionali. Per dargli di più si è pensato di limitare il meno possibile i vincoli descrittivi. Non si è pensato che la proscrittività per poter funzionare in positivo deve avere un contesto espansivo ma se si ha un contesto restrittivo come nel nostro caso, la proscrittività diventa una trappola. Il de mansionamento dimostra che la proscrizione per l’infermiere è a perdere perché davanti all’interesse primario del malato, non c’è niente che impedisca all’infermiere di fare il tappa buchi.
Ma perché il demansionamento è un problema principalmente dell’infermiere?
Non va dimenticato che il demansionamento di cui si lamentano gli infermieri è favorito anche da una asimmetria tra professioni, la figura medica nell’attuale organizzazione del lavoro, è molto meno flessibile di quella infermieristica per cui la flessibilità dell’infermiere è la vera risorsa per ammortizzare la disorganizzazione e la decapitalizzazione. Non si avrebbe demansionamento se l’infermiere non fosse flessibile. Si è mai domandata perchè nella disorganizzazione è l’infermiere e non il medico a “compensare” la mancanza degli Oss? In parte perchè il medico è meno flessibile in parte perché vale la compensazione per contiguità, cioè quello che sta sopra fa anche quello che dovrebbe fare quello che sta sotto e il contrario come per le competenze avanzate. Questa flessibilità compensativa che si basa sull’ambiguità dei confini è inevitabilmente causa di sfruttamento. Detto ciò il demansionamento è un problema anche del medico perché la decapitalizzazione del lavoro non fa sconti a nessuno. Nel caso del medico la forma più diffusa di demansionamento è la burocratizzazione del suo lavoro, il blocco del turn over ha effetti di demansionamento anche su di lui, e poi rientrano nel fenomeno del demansionamento tutti gli abusi che si fanno contro la meritocrazia (concorsi truccati, raccomandazioni, carriere fatte a scapito di altri..). Uno dei più grandi esperti di distretto che io conosca, cioè uno che i distretti li ha fatti sul serio, per guerre interne, è a fare certificati per le patenti. Più demansionamento di così si muore!
Lei che è un teorico della coevoluzione tra professioni non crede che il demansionamento se è come lei dice un problema comune alle professioni possa costituire una battaglia comune?
Altrochè e i medici sarebbero ben felici di farla perché avrebbero tutto da guadagnare si tratta tanto per cambiare di regolare i rapporti tra confinanti e fare lega per garantire innanzitutto professionalità non distorsive. Cioè come le ho detto l’altra volta di accordarci su una nuova divisione del lavoro. Ma del rapporto tra medici e infermieri ne parleremo la prossima volta... sulla guerra tra medici e infermieri ci campano cinicamente in tanti.
Ci conto professore anche perché i “rapporti tra confinanti” come li chiama lei, sono per noi una questione fondamentale. Mi permetta di tornare alla sua idea di proscrittività… cioè la possibilità per l’operatore di fare quello che non è espressamente vietato, cosa vuol dire, per essere terra terra, che fare di più o di meno è comunque demansionamento?
In un certo senso sì... anche se è più gratificante per un infermiere fare quello che fa il medico che non quello che fa un Oss. Competenze avanzate o specialistiche che dir si voglia e demansionamento, sono le due facce della stessa medaglia, entrambi si basano sulla mansione quale principale indicatore dell’infermiere. Alzare o abbassare la mansione significa in più o in meno allargare o restringere la professione. Ma sempre tappabuchi si resta
Ora capisco la sua insistenza devo dire poca capita soprattutto nei suoi articoli su “Quotidiano Sanità” a sottolineare per le competenze avanzate il problema del costo zero e del dumping... il costo zero vuol dire che sia se fai di più sia se fai di meno, il valore del lavoro non cambia, cioè l’impiego della mansione in più o in meno è a costo zero... anche il demansionamento è a costo zero no?
Brava, lei ha capito una cosa che con mia grande meraviglia è passata praticamente sotto silenzio: l’uso a costo zero della mansione come nel caso delle competenze avanzate e del demansionamento è una forma di dumping e quindi di decapitalizzazione del lavoro. Il dumping come lei sa è un concetto che deriva dall’ economia, e vuol dire vendere qualcosa ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato. Il demansionamento e le competenze avanzate a costo zero sindacalmente parlando sono come degli sconti imposti al valore del lavoro infermieristico. Quindi contribuiscono a decapitalizzarlo. Un altro modo per intendere la questione è quello di immaginare un salario relativo ad esempio a 10 mansioni che continua ad essere pagato nella stessa quantità salariale anche quando le mansioni in più o in meno diventano 13. Cioè demansionamento vuol dire comunque che si lavora di più non di meno. Il demansionamento o le competenze avanzate a costo zero, per riprendere la terminologia dell’accordo ministeriale, sono come il mio bagno schiuma sul cui flacone è scritto “ + 150 ml in omaggio”. Quando parlo di sfruttamento, in sostanza, intendo riferirmi all’uso di qualsiasi mansione a costo zero. Se le competenze avanzate non sono pagate saranno gratificanti per chi le compie ma sempre sfruttamento restano.
Non riesco a capire bene se il de mansionamento è l’effetto o la causa dei nostri problemi?
Il problema del demansionamento glielo ripeto è un effetto finale che si manifesta a valle di grosse contraddizioni che a monte riguardano tanto la definizione deontologica che normativa dell’infermiere quanto le politiche del lavoro. Cioè il demansionamento è il risultato finale di una regressione che procede in tre momenti distinti :
- nel primo l’infermiere, a causa dell’interazione tra norme inadeguate e contesti avversi, è dis-infermierizzato (mi scuso per il neologismo ma non mi vengono in mente altre parole) cioè allontanato dalla sua identità professionale
- nel secondo è de professionalizzato, cioè l’infermiere perde alcune delle sue caratteristiche professionali
- nel terzo è de mansionato l’infermiere svolge gratuitamente mansioni improprie cioè di altri
Non si ha demansionamento se prima non si ha deprofessionalizzazione e di dis-infermierizzazione.
Quindi lei dice che il demansionamento è un sintomo di una grave malattia professionale originata da tanti fattori e che non si risolve con l’aspirina cioè in modo sintomatico...
Proprio così per curare davvero questa malattia è necessario intervenire su ognuno dei suoi principali agenti patogeni, cioè sulla inadeguatezza delle norme sui contesti organizzativi e sul valore salariale del lavoro. Anche per questo ribadisco quanto affermato nell’intervista precedente, e cioè che nella post ausiliarietà per risolvere il problema del demansionamento bisogna passare per un ripensamento del lavoro e mettere in discussione la mansione... se superi la mansione superi il demansionamento. Di qua non si scappa o cambi o muori.
Ok... ancora una ultima domanda sempre sul demansionamento… che fare?
E’ un problema che merita una strategia con la “s” maiuscola e non una pezza colorata. Per quello che mi riguarda dividerei questa strategia in due parti che affronterei però contestualmente:
- per risolvere i problemi attuali degli infermieri non posso aspettare di cambiare il mondo, cioè devo intervenire subito con una sorta di politica almeno del contenimento del danno o perlomeno del blocco del fenomeno.
- mentre contengo il danno devo progettare un sistema che rinnovi e riformi affinché post ausiliarietà e demansionamento non abbiano più a verificarsi.
Detto ciò ci dobbiamo mettere d’accordo:
- se il demansionamento è una emergenza di una intera categoria, come io penso,
- o se è un problema individuale del singolo infermiere come io non penso
- e capire di chi sono le responsabilità per individuare delle controparti.
Per contenere il danno:
- per prima cosa metterei da parte le dispute tra collegi e sindacati per lanciare insieme una campagna unitaria per disobbedire come categoria;
- organizzerei la disobbedienza civile, per citare Thoreau, garantendola con tutti i mezzi finanziari e legali che servono;
- da quando ho saputo che nelle casse dei Collegi entrano circa 28 milioni di euro l’anno finanziati dall’imposizione fiscale su infermieri occupati e disoccupati, ritengo che le spese della disobbedienza debbano essere interamente a carico dei Collegi;
- si tratta di disobbedire nella legalità quindi di usare le norme che sono a disposizione in particolare come ho già detto gli art 49/50/51 del codice deontologico, le norme dei contratti di lavoro, i diritti sul lavoro e i diritti dei cittadini dal momento che per quanto teorica la mission dei collegi resta la tutela dei cittadini;
- disobbedire non è solo rifiutarsi di essere complici del disservizio e di subire il sopruso ma è anche creare servizio. Dopo la precedente intervista nessuno ha ripreso la mia proposta di difendere gli organici con degli standard di organizzazione legali, fondati sull’evidenza scientifica, e negoziati con le regioni. Questo mi ha meravigliato non poco perché difendere gli organici significa combattere la decapitalizzazione del lavoro, dare posti di lavoro, combattere la precarietà... e quindi ridurre per lo meno il fenomeno del demansionamento;
- i soldi per gli organici si trovano impegnandoci tutti in una lotta contro le diseconomie, le corruzioni e gli abusi... a partire primariamente da quelli rappresentati da tutti quegli infermieri che si sono abusivamente imboscati... chi vuole fare l’impiegato sia inquadrato come tale ma lasci libero il posto di infermiere altrimenti torni a fare l’infermiere;
- disobbedire significa che d’ora in avanti gli infermieri non si fanno carico ne dei problemi delle direzioni infermieristiche, sanitarie e aziendali... non sono gli infermieri che per togliere le castagne dal fuoco dei dirigenti accettano di farsi sfruttare... ognuno faccia la sua parte e si prenda la sua responsabilità. Troppo comodo vantare successi gestionali sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini;
- la disobbedienza va organizzata per cui creerei una task force nazionale contro l’emergenza del demansionamento che intervenga in tutte le situazioni in cui c’è bisogno di sostegno, costituita da Collegi e sindacati, con dentro esperti di organizzazione e giuslavoristi. Questa task force dovrà sostenere gli infermieri nello loro richieste, segnalazioni, denuncie, nei loro ricorsi, in tutte le azioni di legittimità che intenderanno prendere preferibilmente in forma aggregata.
Per rimuove alle radici le contraddizioni strategiche:
- metterei in piedi una commissione nazionale per ripensare il lavoro infermieristico nel terzo millennio, sempre fatto da Collegi e sindacati, ma i cui rappresentanti sono obbligati ad avere delle idee, delle esperienze, dei saperi ma soprattutto una grande voglia di cambiare
- definirei un progetto forte, nella coevolutività, nella compossibilità, per ricapitalizzare il lavoro, per superare la post ausiliarietà, per uscire dal taylorismo e per emancipare l’infermiere dalla mansione.... una volte per tutte.
Grazie professore... le chiedo sin da ora la disponibilità per un’altra intervista...
Ben volentieri....