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Sulla Cartella infermieristica...

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Pubblicato il: 25/07/2014

Nursing

Tre fogli attaccati su un quadro di compensato. In verticale l’anagrafe del paziente ed in orizzontale i giorni del mese. Una tabella quindi. Le X blu contrassegnano il giorno in cui il paziente ha defecato, gli spazi vuoti quelli in cui l’intestino ha dormito e la P che sto per scrivere significa PURGATO; siccome erano 5 spazi bianchi e cioè 5 giorni dall’ultima visita in bagno. E’ di un frustrante indicibile. Inaccettabile.

 

Mi vengono in mente le lunghe discussioni all’Università sull’uso della cartella infermieristica. Strumento che testimonia l’evolversi dell’assistenza clinica e non meno importante documentazione di valore giuridico. I tre fogli rimangono appesi al secondo piano. Questo significa che ogni volta che un paziente piomba in Infermeria lamentando stipsi duratura o quando un parente dell’assistito voglia sapere informazioni circa la funzionalità intestinale o ancora, quando il Medico in visita chiede informazioni sulla regolarità del ricambio bisogna sempre scarpinare fin lassù e interpretare il geroglifico di segni e simboli di qualche civiltà perduta: “X-nonX-P-tombola ha defecato.”

 

Se attualmente in alcune parti d’ Italia ci sono ottimi (leggasi ottimo come il massimo picco ottenibile dallo standard minimo per quella realtà e con i suoi mezzi e non come assolutismo di perfezione) esempi di documentazione infermieristica come timone dell’assistenza erogata e dell’evoluzione della stessa in altre parti del globo terracqueo siamo ancora parecchio indietro.

 

Era più organizzata la Nightingale in Crimea con i suoi coxcombe che noi della sanità computerizzata. E’ duro a morire il vezzo di prestare assistenza in modo disordinato, malamente documentato e soprattutto non scevro dal pericolo di errori. Forse gli Infermieri, nonostante da anni abbiamo fulgidi esempi di condanne penali, sono ancora abituati a quel comodo pensiero che ricalca perfettamente la vecchia subordinazione Medica ed in ultimo la non responsabilità di un accaduto.

 

Ciò che mi fa rimanere perplesso è l’assoluta mancanza di preoccupazione nei confronti delle conseguenze di un errore oltre che la tristezza di non avere a disposizione una cartella che documenti la continuità assistenziale. Non ho mai assorbito, purtroppo o per fortuna, le velleità che in sede d’esame fanno fioccare un trenta e lode: quindi non mi lamenterò del fatto che non ci sia una cartella dove condurre un processo di Nursing dall’accertamento fino alla verifica-revisione-qualità finale, teorizzando la prassi a monte del processo stesso e dichiarando gli obiettivi con relativo scarto massimo accettabile nell’attuarsi a perseguirli. Sappiamo tutti che in Italia siamo anni luce lontani da un concetto di professione che somigli a quello già presente da tempo negli altri Stati. Ne è mia intenzione ricadere nel classico cliché “siamo noi Infermieri che non vogliamo migliorare”.

 

La mancanza di una documentazione infermieristica come guida produce un’assistenza disordinata, confusa, erogata senza protocolli standard e “alla meglio”; peggio ancora basata su un linguaggio non condiviso tra gli operatori che lavorano agli stessi casi clinici. Il background culturale e professionale di tre soli Infermieri che coprono un turno di 24 ore può essere cosi talmente diverso che se ci si approccia a risolvere un bisogno del paziente facendo perno solo sulla propria esperienza e cultura, senza confronti, senza discuterne, senza aggiornamenti e senza una cartella infermieristica che documenti quanto fatto in precedenza e omogeneizzi tali differenze concentrandole in assistenza commisurata all’assistito e basata su EBN allora quasi sicuramente la probabilità di compiere errori diventa certezza. Questo fa dormire sonni da beata epoca pre-mansionario, libera da responsabilità, fintantoché non ci si possa un giorno o l’altro trovare davanti a un giudice senza la famosa prova provata che possa scagionarci dal danno.

 

L’esempio del ricambio intestinale è applicabile a tanto altro: cateteri, medicazioni, evoluzione di parametri vitali, andamento glicemico. Questi sono dati clinici e non numeri di telefono. La loro rilevazione, analisi, confronto, contestualizzazione e studio forniscono una cornice entro la quale si muovono precise decisioni cliniche di cui la cartella infermieristica ne è al tempo stesso sintesi e testimonianza. La pressione della signora Rossi alle otto della mattina diventa un intervento autonomo di cui l’Infermiere attuante ha piena responsabilità quando smetterà di essere solo il valore di un parametro scritto sui guanti ed entrerà in un processo di analisi clinica e decisionale ben documentato sulla cartella infermieristica.

 

Come si vuole avanzare nella professionalizzazione se la natura dell’assistenza organizzata e consapevole non ne è il focus? Dove desideriamo portare l’essenza culturale e professionale dell’infermieristica se non ci avvaliamo degli strumenti che essa ci offre nel praticarla? In questo dobbiamo crescere. E spesso crescere significa anche mettersi contro quei colleghi principali fautori del “si è sempre fatto cosi”, attirarsi critiche da chi non ne vuol proprio sapere di migliorare le cose ( non di rado continuando a lamentarsi che esse poi regrediscano).

 

Forse se un giorno qualcuno sarà chiamato da un tribunale a rispondere del danno di una paziente che è caduta dalla sedia a rotelle, si salverà dicendo bhè sul calendario del ciclo mensile c’era scritto che era in sindrome pre-mestruale: si sa che il crollo ormonale rende le donne irascibili ed irrequiete, sarà caduta dalla sedia per quello”.

Tutta colpa del follicolo di Graaf, dunque. Doveva esplodere qualche turno prima.

 

(di Infermiere Arrabbiato)