Quiet Quitting: nove infermieri su dieci lavorano senza entusiasmo. Pronti a lasciare la professione
Il "quiet quitting", o abbandono silenzioso, si sta insinuando nel cuore del sistema sanitario italiano, colpendo duramente una professione cruciale: quella infermieristica. Questo termine si riferisce a una tendenza in cui i lavoratori limitano il loro impegno alle sole attività contrattuali, rifiutando di assumersi ulteriori responsabilità o di partecipare a iniziative extra.
Un'indagine condotta dalla Dott.ssa Roberta Gunnellini evidenzia la complessità di questo fenomeno, che non è nuovo ma che sta assumendo dimensioni preoccupanti. Tra le cause principali vi è una combinazione letale di stress lavorativo, carenza cronica di personale e mancanza di riconoscimento economico e professionale.
Le radici del problema
Negli ultimi decenni, il settore infermieristico ha visto una drastica evoluzione. Le riforme degli anni ’90 hanno introdotto autonomia professionale e titoli universitari per gli infermieri, portando un'ondata di entusiasmo e ambizione tra i giovani. Tuttavia, quella che era una professione percepita come una carriera dignitosa e stabile ha perso gran parte del suo fascino. I dati più recenti sono allarmanti:
Carenza di personale: l'Italia è sotto la media europea con un deficit di oltre 100.000 infermieri.
Condizioni di lavoro difficili: turni massacranti, salari stagnanti e opportunità di carriera limitate spingono molti a cercare opportunità all'estero.
Violenza e mancato supporto: sempre più frequenti episodi di aggressioni fisiche o psicologiche contribuiscono al clima di sfiducia.
Dati dallo studio di Gunnellini
Uno studio dettagliato condotto tra maggio e settembre 2024 ha raccolto risposte da 273 professionisti sanitari. Alcuni risultati salienti:
Il 36% degli intervistati ha dichiarato l'intenzione di abbandonare il luogo di lavoro entro un anno.
La maggioranza degli infermieri dichiara di lavorare senza entusiasmo (247 su 273).
Solo il 22% partecipa con entusiasmo ai bandi per avanzamenti di carriera.
Questi dati evidenziano un fenomeno preoccupante: i giovani professionisti, spesso quelli con meno di tre anni di esperienza, sono tra i più inclini a lasciare la professione.
Il ruolo della pandemia
La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente acuito la crisi. Inizialmente acclamati come eroi, gli infermieri hanno visto il loro sacrificio svanire nell'oblio una volta che l'emergenza è rientrata. Le aziende sanitarie, invece di migliorare le condizioni lavorative, hanno spesso sfruttato ulteriormente il personale, contribuendo al fenomeno del burnout.
L'impatto sull'assistenza sanitaria
Il quiet quitting non è solo un problema per gli operatori sanitari, ma ha anche ripercussioni dirette sui pazienti. L’assenza di empatia e coinvolgimento emotivo compromette la qualità delle cure, riducendo la soddisfazione dell’utenza e aumentando i rischi per la sicurezza del paziente.
Le possibili soluzioni
Affrontare il quiet quitting richiede un approccio sistemico:
Migliorare le condizioni lavorative: ridurre i turni massacranti e aumentare il personale.
Incrementare i salari: adeguarli al costo della vita e al livello di responsabilità.
Valorizzare il capitale umano: creare percorsi di carriera chiari e accessibili.
Supporto psicologico: offrire servizi per affrontare burnout, stress e traumi.
Come evidenziato nella ricerca, il quiet quitting è un sintomo di un malessere più profondo. È essenziale che le istituzioni sanitarie e i governi agiscano per evitare che una professione fondamentale per la salute pubblica venga ulteriormente erosa.
Il fenomeno del quiet quitting dovrebbe essere un campanello d’allarme per le istituzioni. Investire sugli infermieri non è solo un atto di giustizia, ma una necessità per garantire la sostenibilità del sistema sanitario e il benessere di milioni di pazienti.
Come recita una citazione anonima inclusa nello studio: “Quando le persone sono apprezzate per ciò che fanno, danno il meglio di sé”.