"E io pago"
"L'Italia riparte; questo è il primo governo che ha abbassato le tasse; i cittadini hanno soldi nelle tasche da poter spendere insieme agli 80 €; per la prima volta cala la disoccupazione".
Sono queste le frasi che più di tutte sentiamo raccontare dai telegiornali in questo periodo. Sembra questo un paese finalmente uscito dalla crisi, un paese che si rialza, un paese nuovamente forte e competitivo; poi si fa un giro nelle piazze, si fa un giro nei mercati e ci si rende conto che la situazione reale forse non è esattamente come viene descritta. C'è una contraddizione infatti che molti tentano di raccontare e cercano di rendere nota e cioè che quand'anche fosse vero che le tasse a livello centrale possono in qualche misura e in qualche modo sembrare diminuite, vero è che poi gli enti locali, per far fronte alle minori entrate derivanti dai minori trasferimenti statali, impongono aumenti della tassazione comunale e regionale. Oltre questo problema si assiste spesso alla solita tarantella delle eredità del passato. Tutte le amministrazioni che negli anni si succedono, di fatto legiferano per spostare scadenze e rientro dei conti nel futuro. È questa una tecnica per far quadrare i conti, di esclusiva natura elettorale, che hanno utilizzato tutti trascurando completamente l'effetto dei danni che crea alle generazioni successive; generazioni che si trovano ad affrontare i problemi dell'attualità, più tutta l'eredità del passato.
Quello che più fa innervosire è che nessuno paga mai, nessuno degli amministratori che crea buchi di bilancio paga, nessuno ci rimette mai un soldo di tasca perché alla fine chi paga è sempre e solo il cittadino che in Sardegna può però permettersi di avere ex consiglieri regionali con privilegi da corte di Versailles (Leggi).
La Sardegna non è da meno e in questi giorni si è concretizzato e materializzato un problema che era noto da parecchio; un bel buco in sanità di 400 milioni che ha messo completamente in crisi il bilancio regionale. La soluzione? Semplicissima: i danni del passato, come sempre, come al solito, piombano sulla testa dei cittadini che si vedranno aumentare l'Irpef (Leggi). E ovviamente, gran parte dello sforzo ricadrà sulla fascia di reddito che individua l'ormai morto e sepolto dalle tasse, ceto medio.
Il tutto accade inoltre nel pieno sviluppo della riforma del servizio sanitario regionale che prevede una robusta riorganizzazione con effetti sulla garanzia dei livelli di assistenza che sarà tutta da verificare. Certamente la centrale unica di acquisto, l'accorpamento di alcuni ospedali, la razionalizzazione dei servizi e la diminuzione del numero delle Asl sono temi improcrastinabili in Sardegna ma tutto questo non può andare a discapito dei servizi al cittadino e dei livelli di assistenza, tanto più in una regione vastissima come la Sardegna caratterizzata da due centri fortemente antropizzati e piccoli paesi sparsi su tutto il territorio mal collegati. NurSind e i suoi rappresentanti locali hanno da subito chiesto conto di ogni misura contenuta nella riforma al fine di conoscerne i veri effetti e con il proposito unico di fornire delle soluzioni generatrici di ulteriori risparmi senza pregiudicare l'assistenza al cittadino ma anzi, qualificandola ancora di più attraverso soluzioni di sviluppo dei servizi territoriali infermieristici. Di queste e altre proposte non c'è più traccia e oggi arriva una doccia fredda di 400 milioni di disavanzo che dovranno pagare i cittadini di una delle regioni con il più alto tasso di disoccupazione e povertà relativa.
La Sardegna è una regione che per le sue caratteristiche climatiche e ambientali potrebbe dare da lavoro a tutti i suoi cittadini puntando e sviluppando l'unica vera fonte di reddito possibile e cioè quella del turismo; una terra che che ha da offrire attrattive in tutti i periodi dell'anno grazie alle sue antiche tradizioni e ai suoi antichi rituali. Una terra invece destinata allo spopolamento e che vede i suoi giovani emigrare in tutto il mondo alla ricerca di fortuna; tra questi i suoi infermieri che in regione non trovano più occupazione e che si vedono costretti a rispondere alle più strampalate occasioni di lavoro fino all'emigrazione in paesi lontani.
Ma l'Italia va', la Sardegna forse
"e io pago!"
Andrea Tirotto